La vittoria degli azzurri all’Europeo del 2020 (21) ha scaldato le penne della stampa italiana, subito prontissime nel vedere in quella vittoria non il frutto di coincidenze astrali, ma di anni di programmazione, allenamento, idee.
Qualcuno ha addirittura parlato di Rinascimento, ed è stato schernito per questo. Ma i risultati dei club italiani in Europa, a due anni di distanza, rendono merito a quei luminari. Inter, Roma e Fiorentina. O, se preferite, Milano, Roma e Firenze: eccole le culle del Rinascimento. Quest’ultima su tutte, da che storia è storia.
Dalla cultura al pallone, in un connubio che ha radici lontane nel tempo. Quando, per l’esattezza? E dove, come, perché? La storia della Fiorentina in Europa è più luminosa di quanto si possa pensare.
Tutte le finali europee della Fiorentina
Sono per l’esattezza tre le finali disputate fin ora dalla Fiorentina in Europa con quella di Conference che diventerà la quarta.
Piccolo fun fact: con il raggiungimento di questa finale la Fiorentina diventa la prima squadra nella storia a centrare tutte 4 le finali delle principali competizioni europee per Club, vale a dire Champions (all’epoca Coppa Campioni), Coppa delle Coppe (ormai estinta) e Coppa Uefa (ora Europa League all’epoca della finale della Fiorentina denominata Coppa delle Fiere).
Coppa dei Campioni 1956/57: i blancos piegano i viola
La Fiorentina ha infatti disputato ben tre finali europee, e con la vittoria sul Basilea è diventata – insieme alla Roma – l’unica squadra ad aver giocato almeno una finale in tutte e tre le competizioni riconosciute dall’UEFA: Coppa Campioni, nel 1956/57, Coppa UEFA nel 1989/90 e Conference League nel 2023. A differenza dei giallorossi, però come dicevamo poco sopra, la Fiorentina può vantare anche una finale nella Coppa delle Coppe, stagione 1960/61. Andiamo con ordine, allora, partendo dalla Coppa dei Campioni.
Quell’anno la Fiorentina fu la prima squadra italiana della storia a raggiungere una finale di Coppa dei Campioni, nella seconda edizione di sempre nella cronistoria della massima competizione europea per club. Il cammino europeo dei Viola iniziò dagli ottavi di finale, grazie alla vittoria della Serie A nella stagione precedente (1955/56).
Erano altri tempi, un calcio diverso e più a misura d’uomo. E dove i sogni potevano più facilmente trasformarsi in realtà, grazie alla formula della competizione: scontri diretti progressivi dagli ottavi alla finale, senza passare dai gironi.
Solo una squadra non è cambiata mai, resistendo allo scorrere inesorabile del tempo. E già allora era forte e rigogliosa come oggi: il Real Madrid. Furono proprio i blancos ad incontrare forse la miglior Fiorentina della storia, ma quel Real non era da meno. Già campione in carica e ‘papà’ della Coppa dei Campioni, il Real di Di Stefano e Gento (marcatori della sfida) era una squadra leggendaria. Come se non bastasse, si giocava al Bernabeu quel 30 maggio del 1957. Dopo un primo tempo di resistenza (0-0) la Fiorentina crollerà nella ripresa, con le reti dei già citati Di Stefano (rigore) e Gento al 69’ e all’88’.
La partita, già di per sé mitica, è arricchita nel suo alone epico dal fatto che non fu trasmessa in televisione, ma raccontata dall’inimitabile Niccolò Carosio in radio. L’inviato de La Stampa Vittorio Pozzo, ex ct della nazionale italiana due volte campione del mondo (nel ’34 e nel ’38) così raccontò l’azione che portò al rigore dei blancos: «Un rigore che, secondo noi, è irregolare. Esso nacque da un sospetto di fuorigioco non rilevato dall’arbitro. Comunque Mateos, la mezz’ala destra, filò via e fu atterrata con uno sgambetto da Magami. Lo spagnolo cadde lungo disteso in area, ma secondo noi il fallo contro di lui fu commesso al di qua della linea. L’arbitro concedette subito la punizione massima, e non si lasciò commuovere dalle proteste dei fiorentini che volevano fosse sentito uno dei guardialinee».
Nonostante la sconfitta, quella rimane una tappa storica per il calcio italiano e fiorentino di ogni tempo.
Coppa delle Coppe 1960/61: il trionfo sui Glasgow Rangers
La Fiorentina comunque si rifarà in Europa appena quattro stagioni dopo, ma in Coppa delle Coppe.
La competizione – la cui ultima edizione andò alla Lazio di Eriksson contro il Mallorca – apriva quell’anno i battenti. Il suo funzionamento riprendeva la formula della Champions, ma con una differenza sostanziale: vi partecipavano infatti i campioni delle coppe nazionali, anziché quelli del campionato. Quell’anno la Fiorentina aveva perso in finale di Coppa Italia contro la Juventus, che però in quanto campione in carica della Serie A aveva optato per la ben più prestigiosa Coppa dei Campioni, lasciando così libero il proprio posto in Coppa delle Coppe alla Fiorentina.
Quella Fiorentina, comunque leggendaria, era allenata da Nandor Hidegkuti, autentica leggenda (ungherese) dello sport – già come attaccante della Grande Ungheria.
Ai quarti la Fiorentina batté senza problemi il Lucerna (9-2 nei due confronti), poi in semifinale si ripeté grazie alla vittoria sulla Dinamo Zagabria. In finale i Viola si trovarono di fronte i Glasgow Rangers, squadra forte ma non imbattibile. Fondamentale il risultato dell’andata ad Ibrox, con la doppietta di Gigi Milan, che fissarono sul 2-0 il punteggio finale.
Da menzionare comunque la tattica ideata da Hidegkuti (magistrale nella sua essenza italianissima di catenaccio e contropiede) e le parate del giovane Enrico Albertosi, decisivo ai fini del risultato. Al ritorno, ancora Milan sbloccò la gara e, dopo il pareggio scozzese, fu Hamrin a chiudere l’incontro sul 2-1 (4-1 totale) finale.
Fu trionfo Viola, il primo e l’ultimo della sua storia europea fino ad oggi.
Coppa UEFA 1989/90: la dolorosa sconfitta con la Juventus
Nel 1989/90 ben tre squadre italiane, come accaduto quest’anno, arrivarono fino in fondo nelle tre competizioni europee.
Una delle tre, la Coppa UEFA, respirava sapore italiano: Juventus-Fiorentina, la sfida delle sfide per i tifosi Viola. Fu un percorso lunghissimo per la Fiorentina, iniziato ai trentaduesimi di finale.
Grande protagonista di quella cavalcata fu il Divin Codino Roberto Baggio, che poi passerà proprio alla Juventus acuendo la rivalità tra fiorentini e bianconeri. Quella finale fu però senza storia. La Juve passò in vantaggio dopo appena tre minuti con Galia, ma la Fiorentina riuscì a reagire appena sette minuti dopo grazie al gol di Buso. Tutto faceva pensare ad una finale equilibrata, ma nella ripresa uscirono i veri valori in campo. Nel secondo tempo la Juventus segnò prima con Casiraghi (al 59’) e poi con De Agostini (al 73’), fissando così il punteggio di quella finale sul 3-1. Nell’occasione del 2-1 segnato da Casiraghi, i Viola si lamentarono per un fallo – effettivamente netto – su Pin.
Quell’episodio, e la grande rivalità che già opponeva Viola e bianconeri, scatenarono la piazza gigliata, al punto che – cosa mai successa in una finale europea – la UEFA decise di far disputare il ritorno non al Franchi ma al Partenio di Avellino, danneggiando quindi palesemente la Fiorentina.
Non solo per la lontananza e lo smarrimento dei tifosi viola da ‘casa Franchi’, ma anche perché Avellino in Campania è storicamente un feudo bianconero.
Le voci (poi realizzatesi) su un passaggio di Baggio alla Juventus al termine della stagione fecero il resto. Quella partita finirà 0-0, consegnando alla Juventus la Coppa UEFA, e al popolo fiorentino l’orgoglio ferito di una vendetta che ancora aspetta di essere colmata.