L’estate del 1997 è ricordata dagli interisti come quella dell’arrivo di Ronaldo, ma il giorno dell’esordio del Fenomeno fu un altro giovane a rubargli la scena, un giocatore che negli anni sarebbe entrato nel cuore dei tifosi nerazzurri grazie ad un sinistro fatato, che spesso compensava la scarsa propensione al sacrificio: Alvaro “El Chino” Recoba.
L’uruguaiano arrivato all’ombra di Ronaldo voluto da Moratti
Nell’estate 1997 tutti i titoli di giornale sono per la trattativa tra Inter e Barcellona che porta all’arrivo di Ronaldo a Milano. Ma l’impegno di Moratti nel mettere in mano a Gigi Simoni una squadra competitiva non si ferma al Fenomeno: nel corso di quel mercato arrivano in nerazzurro anche Taribo West, Luigi Sartor, Zé Elias, Benoit Cauet e Checco Moriero, oltre ad un giovane attaccante uruguaiano, già nel giro della nazionale Celeste e che si era messo in luce con la maglia del Nacional di Montevideo, segnando anche 3 reti in Coppa Libertadores (17 in 33 partite in tutta la stagione).
Negli anni in cui Internet si sta iniziando a diffondere e in cui bisognava stare collegati alla rete telefonica minuti e minuti solo per scaricare una clip di pochi secondi, il canale di comunicazione tra il Sudamerica e l’Europa per i procuratori calcistici e direttori erano le videocassette spedite con i corrieri, spesso disturbate e “rigate” a causa dei diversi standard audio televisivi utilizzati oltreoceano.
Leggenda narra che un giorno Massimo Moratti è ad Appiano Gentile e vede una di queste cassette, in cui Alvaro Recoba si prodiga in un gol “alla Maradona”, tagliando tutto il campo palla al piede inseguito dai difensori avversari per poi entrare in area, scartare il portiere e depositare in rete con il suo delicatissimo sinistro.
Per il presidente dell’Inter è una folgorazione, vuole che quel ragazzo vesta la maglia nerazzurra, nonostante il reparto offensivo sia già più che al completo: a fianco di Ronaldo possono giocare il veloce centravanti Maurizio Ganz o l’elegante trequartista Youri Djorkaeff, oltre ad un ariete potente ed esplosivo come Ivan Zamorano (anche se facile preda di infortuni), l’esperto Marco Branca e il giovane nigeriano Nwankwo Kanu, che aveva incantato alle Olimpiadi di Atlanta 1996 solo per scoprire, una volta acquistato dall’Inter, di soffrire di una malattia cardiaca che lo costrinse ad un’intervento chirurgico e ad una lenta riabilitazione.
All’epoca il nome di Recoba non è proprio quello di uno sconosciuto per gli addetti ai lavori, ma per il grande pubblico il calcio sudamericano è ancora qualcosa di esotico e poco penetrabile.
Alla notizia che l’Inter spende circa 7 miliardi di lire per il cartellino di questo poco noto uruguaiano, destinato a ricoprire un ruolo di riserva in un’Inter che conta già 6 attaccanti tra cui il Pallone d’Oro in pectore, si sprecano i commenti sulle “mani bucate” di Moratti.
Ma tra i compagni ci si accorge del valore di questo ragazzo dal taglio degli occhi così sottile da essere soprannominato “El Chino”: Diego Simeone, durante un’intervista a chi gli chiedeva come fosse allenarsi con Ronaldo, rispose spiazzando un po’ tutti “Ma sapete chi è quello più veloce palla al piede? Quel Gordo lì (indicando Recoba), non lo prendi mai! Bisogna sparargli!”
31 agosto 1997: tutti aspettano Ronaldo e scoprono Recoba
Il 31 agosto 1997 è in programma la prima giornata di un campionato in cui l’Inter si presenta ai nastri di partenza con un solo, chiaro obiettivo: vincere.
È la coda di un’estate ancora caldissima, e tanti tifosi pensano bene di spendere l’ultima domenica in spiaggia piuttosto che rimanere chiusi in casa a vedere l’esordio nerazzurro contro una neopromossa come il Brescia che, in teoria, non dovrebbe riservare grandi sorprese. A San Siro però i supporter non mancano, con quasi settantamila spettatori a salutare il Fenomeno e i compagni.
Con streaming e smartphone ancora nemmeno ipotizzabili, sotto gli ombrelloni alle 16 in punto si accendono contemporaneamente centinaia di radioline a transistor sintonizzate su Tutto il Calcio Minuto per Minuto, dato che tutte le partite della giornata si giocano in quel momento con la sola eccezione del posticipo serale tra Sampdoria e Vicenza.
Ronaldo entra in campo seguito da uno stuolo di fotografi, e si posiziona in attacco al fianco di Ganz con il supporto di Djorkaeff alle spalle. Il Brescia di Giuseppe Materazzi (padre del Marco che diventerà una bandiera nerazzurra) si schiera in campo con una disposizione apparentemente speculare rispetto ai nerazzurri, con la coppia d’attacco composta dal veterano Dario Hubner e dal giovane Emiliano Bonazzoli ma soprattutto con una gabbia difensiva che spegne sul nascere qualsiasi azione di Ronaldo (e quando il Fenomeno arriva al tiro, è il portiere Cervone a negargli la gioia del gol).
La partita nel primo tempo non si sblocca, e dopo qualche minuto della ripresa nel Brescia entra al posto di Bonazzoli un altro giovanissimo che avrebbe fatto parlare di sé in futuro: Andrea Pirlo. Nell’Inter invece, che deve fare a meno di Zamorano, Kanu e Branca, entra al 72° l’ultimo arrivato, Recoba.
Al 73° il giovane bresciano, all’epoca trequartista, offre una splendida palla in profondità a Dario Hubner che aggancia in area e deposita alle spalle di Pagliuca. Tra i presenti a San Siro cala il gelo, mentre sulle spiagge si diffonde tra gli ombrelloni la voce del vantaggio bresciano accompagnata immancabilmente da una domanda: “Ma Ronaldo non ha segnato?”.
Tutti si aspettano la reazione del Fenomeno, ma è il Chino a suonare la carica: all’80° raccoglie un pallone a 30 metri dalla porta, se lo posiziona sul sinistro e fa partire una saetta terrificante diretta proprio sotto l’incrocio dei pali opposto a Cervone. San Siro esplode di gioia, sulle spiagge il gracchiare delle radioline celebra il capolavoro balistico dell’uruguagio e il pareggio dell’Inter. Un pareggio che però varrebbe quasi quanto una sconfitta, viste le ambizioni dei nerazzurri, e perciò la squadra si lancia nuovamente all’attacco.
Passano altri 5 minuti, e l’Inter si guadagna una punizione a circa 35 metri dalla porta bresciana, se non è a centrocampo poco ci manca.
Il Chino si posiziona la palla e lascia partire un tiro con una traiettoria imprendibile, che si insacca all’incrocio dei pali opposto rispetto al gol precedente. San Siro impazzisce, i compagni celebrano tutti Recoba, compreso Moriero che simula il gesto di lucidare lo scarpino del compagno (gesto che poi ripeterà tante altre volte, ma con Ronaldo), sulle spiagge si diffonde la voce del vantaggio interista e alla domanda “Ma ha segnato Ronaldo?” la risposta diventa “No, doppietta incredibile di Recoba!” (e non sono pochi quelli che ancora esclamano “Chi?”).
In tribuna negli occhi di Massimo Moratti scocca definitivamente l’ultima scintilla che fa esplodere un amore calcistico che non finirà mai: nonostante il rendimento incostante, gli alti e bassi tra i mesi eccezionali in prestito a Venezia e gli equivoci tattici con alcuni allenatori nerazzurri (Hector Cuper su tutti), il presidente dell’Inter renderà quel sinistro magico per un breve periodo il giocatore più pagato dell’Inter.
Ancora oggi Moratti dice di Recoba che “se avesse voluto, avrebbe vinto il Pallone d’Oro”: alla tecnica sopraffina e all’astuzia in campo non hanno mai fatto seguito pari atleticità e una dedizione in allenamento, questo è sicuro, ma proprio la spensieratezza e la capacità di prendere alla leggera le difficoltà l’hanno reso un giocatore così divertente.
Come ha ripetuto lui stesso alla sua partita d’addio al calcio “Sono sempre stato felice durante la mia carriera, perché ho fatto del mio lavoro il mio hobby e ho sempre voluto intrattenere le persone. Non rimpiango nulla“.