Diceva Friedrich Nietzsche che apollineo e dionisiaco coabitavano e si inseguivano a vicenda nel dare una “cultura” e una “storia” al popolo greco – anche se i due orientamenti affrontavano la tragicità dell’esistenza, diciamo pure il caos della stessa, in modi contrapposti: anzi, proprio in virtù di questo contrasto.
Più semplicemente, quando il caso – o caos appunto – mette gli opposti uno dinnanzi all’altro, la lotta è insieme titanica e imprevedibile.
Così sono arrivate Napoli e Milan all’alba di un incontro che le vedrà scontrarsi ben tre volte in un solo mese.
Psicologia calcolata?
Forse è per questo che Fabio Caressa ha parlato di «psicologia calcolata» nella sua trasmissione domenicale. Vale a dire: è chiaro che in un’ottica nella quale il Napoli ha 19 (da ieri 16) punti di vantaggio sulla seconda (la Lazio), calcolare un calo psicologico – e psicofisico – nell’incontro forse meno importante dei tre in programma – con una semifinale di Champions League da guadagnarsi per scrivere la storia – Spalletti, anche se non lo dirà mai, potrebbe aver ponderato il caso.
Certo è che il caos bisogna saperlo governare. E non siamo così convinti che Spalletti ne sia in grado.
Spalletti non è un Ancelotti, non è un Mourinho né un Allegri, tutti allenatori che – magari meno bravi del certaldese a livello strettamente tattico – sanno come plasmare l’eventualità a proprio favore.
Meglio: non solo questi sanno come imbottigliare il vento, ma quasi amano ritrovarsi nella tempesta, quasi necessitano della guerra per ripulire il mondo. Tornando alla metafora iniziale, si direbbe che questi sono allenatori dionisiaci, Spalletti è decisamente apollineo.
Pioli invece rappresenta una (magari incostante) via mediana, teoricamente ideale, tra i due poli. Ieri il Milan ha fatto una grande partita, persino una partita dominante in alcune fasi dell’incontro – laddove forse nessuno era riuscito ad imporsi così sul Napoli, neanche Lazio e Inter che l’avevano battuta nel 2023.
Zero a quattro è un punteggio che ci spinge ad una riflessione ponderata, paziente e attenta. Potrebbe, un punteggio così, giunto al termine di una prestazione così – soprattutto nella ripresa, quando tutti si aspettavano almeno le fiamme agonistiche del Napoli – cambiare tutto anche in ottica Champions.
Cambiano gli equilibri?
Ecco perché il discorso sullo Spalletti calcolatore regge poco.
È da inizio anno che l’allenatore di Certaldo tiene dritta la sbarra dell’attenzione: «ragioniamo di partita in partita», va ripetendo come si ripetono le leggi fisiche che muovono il sole e le altre stelle. Queste ultime, per inciso, ieri mancavano al Napoli e la cosa si è avvertita eccome: davvero, incolpare Spalletti per la partita di ieri è ingeneroso.
E lo sarebbe anche nei confronti di Osimhen e Kvaratskhelia, due giocatori fuori categoria per il livello medio del nostro campionato. Kvara c’era, certo. Ma c’era davvero? Non proprio, ha giocato a mezzo servizio e si è visto.
Dall’altra parte poi c’era una squadra che non ha concesso neanche uno spiraglio, rifilando quattro gol alla (ex) seconda miglior difesa d’Europa (da ieri il posto appartiene alla Lazio di Sarri).
Numeri mostruosi dovuti all’intensità di un pressing portato con decisione e consapevolezza antichi dal centrocampo e dall’attacco rossonero. Dietro il Milan è stato impeccabile, davanti ha fatto faville come mai forse quest’anno. Leao si è ritrovato, dominando la scena e segnando una doppietta che lo rilancia a livello mentale – il portoghese aveva segnato con la propria nazionale qualche giorno fa – e mondiale, anche in vista Champions.
Brahim Diaz è stato sontuoso, segnando un gol (dello 0-2) meraviglioso che ha spezzato le gambe al Napoli. Giroud ha lottato, tenuto botta, ringhiato. Saelemaekers, chiudendola sullo 0-4, ha come provocato uno strano flashback a tutti i tifosi rossoneri.
E se questa prestazione, questa vittoria, non fossero determinanti anche in vista Champions? Spalletti dovrà essere bravo a spegnere un fuoco già alimentato dai difficili rapporti tra tifoseria organizzata e presidenza, che ieri sera hanno raggiunto un punto di non ritorno.