Simone Inzaghi è nato a Piacenza il 5 aprile del 1976, ma il dato anagrafico non restituisce la vera data di nascita dell’attuale allenatore dell’Inter: domenica 13 settembre 1998.
È la prima giornata del campionato di Serie A 98/99 ed è anche, quella, la prima uscita della Lazio di Eriksson, che inseguirà a lungo lo Scudetto perso nelle ultime giornate a discapito del Milan. Ma quella data è rimasta storica per un’altra ragione: è in questa partita infatti che Simone Inzaghi segna il primo gol della sua carriera in Serie A, con la maglia della squadra natale contro la squadra che lo renderà celebre – prima da giocatore poi da allenatore.
Il gol di Inzaghi, su assist di Massimo Rastelli – suo vero e proprio partner in crime quell’anno –, è un manifesto del suo stile calcistico: grinta, determinazione e tenacia. A che minuto lo segna? All’87’, al fotofinish – come spesso gli capiterà di vincere le partite da allenatore –, con un colpo di testa secco e preciso. Quella partita finirà 1-1 e (ai punti) costerà lo Scudetto alla Lazio, anche se si trattava solo della prima giornata.
Inzaghi coronava così un sogno inseguito a lungo. Nel ’92 Simone era stato infatti girato al Carpi in C1, dove però aveva collezionato solo 9 presenze segnando 0 gol. Poi era passato al Novara in C2, dove segnerà le prime reti da professionista. Tornato in patria, sarà profeta fuor di essa al Lumezzane. Qui Inzaghi cresce, anche fisicamente, diventa consapevole dei propri mezzi e realizza 6 gol in 23 presenze. L’anno seguente aumenta il suo score: 10 reti in 21 presenze. Numeri che gli valgono la fiducia del patron piacentino Garilli, che stravede per lui.
Il folgorante esordio in A
È con queste premesse, incoraggianti certo ma non entusiasmanti, che Inzaghi gioca la prima stagione di Serie A al Piacenza, compiendo un triplo salto carpiato a livello tecnico e tattico, fisico e psicologico. Ma le difficoltà, per lui, da sempre costituiscono lo stimolo al miglioramento.
E Inzaghi Simone, infatti, fa il fuoco: 15 reti in 30 presenze. Sono numeri – e crismi – che spingono Cragnotti (patron laziale) all’acquisto. 15 milioni di € il prezzo per prelevarlo dal Piacenza. Una cifra abbastanza alta per un giocatore sì in rampa di lancio ma tutto sommato normale – specie se paragonato a gente come Nedved, Vieri, Veron, Stankovic, insomma quella Lazio tra le squadre più forti del pianeta.
Inzaghi però ha buona tecnica, è bravo spalle alla porta e nel movimento senza palla. È meno rapace d’area, rispetto al fratello Pippo. Ma la grinta è la stessa, e il contesto nel quale gioca gli concede l’errore.
La consacrazione alla Lazio
Simone Inzaghi si specializza negli assist, che diventano la sua nuova cruciale caratteristica – quella che farà innamorare Eriksson, per intenderci. Il resto è storia di coppe e di campioni.
Alla Lazio vince praticamente tutto, tranne la Champions League. Eppure è in questa competizione che Inzaghi si esalta. Doppietta al Maribor, addirittura poker all’OM – record imbattuto tra i calciatori italiani ancora oggi, e superato da Haaland (contro il Lipsia) proprio nel giorno dell’anniversario di quella sfida (14 marzo) a 23 anni di distanza.
Inzaghi viene così convocato in Nazionale (29 marzo 2000 la prima apparizione, contro la Spagna) ma la maglia azzurra non gli riserverà mai le gioie avute con quella di club. Le quali pure finiranno in un battito di ciglia.
Dal campo alla panchina
Inzaghi rimane fedele ad una Lazio smembrata dei suoi campioni, vittima del crack Parmalat/Cragnotti e in coatta cessione a Claudio Lotito, col quale l’attuale allenatore dell’Inter intratterrà un rapporto insieme professionale e familiare. Che pure era cominciato con degli arrivederci, prima nel 2005 e poi nel 2008 (Atalanta e Sampdoria rispettivamente), anche se con la formula del prestito.
Con la Lazio Inzaghi avrà ancora modo di vincere un trofeo da giocatore, la Supercoppa Italiana contro l’Inter di Mourinho a Pechino. Era quello insieme l’inizio di una storia leggendaria, quella del Triplete Bauscia, e la fine di un’altra: quella di Inzaghi in maglia Lazio, che lascerà nel 2010 il calcio giocato – la sua ultima rete al Lecce allo Stadio Olimpico, due anni prima.
In totale Inzaghi ha segnato 43 gol in 187 partite di Serie A.
Non era un fuoriclasse, non era un bomber. Era un giocatore di sopraffina intelligenza, di ottima tecnica e di straordinaria tenacia. Caratteristiche che in parte, traslate sulla panchina, si ritrovano nella sua versione manageriale.