Per uno strano scherzo del destino, gli anni forse più bui nella storia della Lazio coincidono con alcune delle più belle maglie realizzate da sarti, artisti e presidenti alle prese coi colori biancocelesti in questo lasso di tempo.
Ci troviamo negli anni ’80, quelli della rivoluzione estetica anche sociale e cittadina. La moda stessa sta cambiando, avvicinandosi ad un gusto più popolare che alto.
Gli anni ’80, in casa Lazio, significano a livello sportivo dolore e riscatto, lacrime e poi sorrisi.
Ma sono preceduti da momenti umanamente drammatici. Infatti dopo la vittoria dello storico primo Scudetto sotto Maestrelli (’74), i biancocelesti incontreranno unicamente oscurità sul proprio cammino: prima le perdite di Maestrelli (dicembre del ’76) e Re Cecconi (gennaio del ’77), poi del tifoso Vincenzo Paparelli nel derby dell’ottobre del ’79. Qualche mese dopo, il primo difficile scandalo del calcio italiano, che coinvolgerà e travolgerà anche la Lazio, ma con effetti ancora di là da venire.
La maglia del biennio 80-82
In queste due stagioni la Lazio sopravvive in Serie B, ma senza acuti né speranze di un immediato ritorno in Serie A. Sono le due stagioni targate Adidas.
Nel 1980, la divisa è quella del Subbuteo, maglietta celeste con pantaloncini e calzettoni bianchi striati di celeste. La prima casacca è memorabile: niente logo del club, solo la foglia stilizzata Adidas a splendere sul petto, colorata di blu scuro. Il colletto a V è bianco.
La stagione successiva modifica leggermente il tessuto della prima maglia, ora più cotonato. Rimane lo stesso design della stagione precedente ma vi si aggiunge lo sponsor Tonini, in rosso.
La prima maglia bandiera
1982. La Lazio torna in Serie A arrivando al secondo posto nel campionato cadetto.
La maglia è una delle più belle di sempre, forse la più bella. È la celeberrima maglia bandiera, realizzata sotto lo sponsor tecnico Ennerre col benestare economico della Seleco, azienda di apparecchi elettronici.
L’aquilotto stilizzato (ideato da Gian Chiaron Casoni, presidente della Lazio dal 1981 al 1983) che cinge la maglia (anche sulle maniche) separandola in due zone (quella superiore bianca quella inferiore celeste) interrompe i suoi tratti alle spalle del giocatore, laddove compare il numero di maglia realizzato con caratteri college americani.
Il colletto, elegantissimo, è a polo a forma V e celeste, dello stesso colore della parte inferiore della maglia. Se ne rendono conto subito, presidente e addetti stampa, che quella maglia è un evento storico. Infatti viene organizzata una presentazione al Circolo Canottieri Roma in Luglio (1982), dove il presidente presenta la nuova casacca promettendo una grande stagione (così sarà) ai propri tifosi.
Addirittura l’Unità dedicherà un articolo sul tema, scrivendo (23 luglio): « Un’unghia di luna nel cielo stellato, la piscina illuminata del circolo canottieri, il Tevere ad un passo: in questa scenografia di sapore hollywoodiano, la Lazio ha tagliato il nastro della nuova stagione calcistica ». I pantaloncini, comunque, sono ora celesti; i calzettoni invece bianchi. Nonostante la promozione in A, la maglia rimarrà nella storia della Lazio per un’altra ragione (e stagione), come vedremo tra poco.
La maglia del primo ritorno in Serie A: biennio 83-85
Chinaglia diventa presidente, la città è in fibrillazione. Ma sarà un disastro. La Lazio gioca due stagioni al di sotto dei proclami dell’ex indimenticabile bomber biancoceleste, che aveva vinto qui uno Scudetto da calciatore appena 9 anni prima. Sembrano passati secoli.
Sul fronte estetico, il cambio è lieve, ma d’effetto. La prima maglia è ora bianca: l’aquila stilizzata finisce incastonata in un logo esagonale, nella zona del cuore. Ennerre, lo sponsor, va sulla destra: al centro Seleco.
Ma c’è dell’altro: oltre alle maniche e al colletto, di celeste ornati, è d’impatto l’idea di trasferire un’altra aquila stilizzata – stavolta però tagliata nella zona delle spalle – sul retro della maglia, sopra il numero. Pantaloncini e calzettoni sono bianchi anch’essi. Nella stagione successiva (84/85) tornerà il celeste sulla prima maglia: al posto di Seleco, lo sponsor Castor. Per il resto nessun cambio.
La maglia degli eroi del -9
Nella stagione 85/86 c’è un leggerissimo cambio nel colletto – ora a polo aperto – e nello stemma: scompare infatti l’esagono; l’aquila stilizzata è libera di installarsi sul cuore della maglia.
È anche l’anno, quello, dello scoppio del secondo grande scandalo del calcio italiano (2 maggio 1986) che costringerà la Lazio, in primo appello, alla Serie C. Seguirà una lunga e devastante estate, nel corso della quale i tifosi biancocelesti metteranno a ferro e fuoco la sede del Coni, ottenendo dopo aspre lotte (durate almeno per tutto agosto, con continui cortei e sommosse di popolo) la penalizzazione di 9 punti in Serie B al posto della precedente condanna alla Serie C.
Quel campionato, iniziato nell’epica frase di Fascetti ai suoi ragazzi (« chi vuole se ne può andare. Ma chi resta, lo dica subito! »), finirà con l’epico spareggio contro il Campobasso (gol di Poli) dopo che Fiorini contro il Lanerossi Vicenza aveva fatto esplodere gli oltre 70.000 tifosi dell’Olimpico.
In quella stagione (86/87) tornerà la storica maglia bandiera, da lì in avanti nota anche col nome di maglia dei -9, con una modifica: compare infatti il logo rosso Tuttosport, sponsor tecnico dei biancocelesti, sul cuore, e al centro lo sponsor economico destinato a durare per anni Cassa di Risparmio di Roma. Con questa maglia la Lazio primavera torna a vincere uno Scudetto dopo undici anni.
Il definitivo ritorno in Serie A e la maglia di Di Canio
Le ultime due primavere prima degli anni 90 sono caratterizzate dal ritorno in Serie A della Lazio e dall’ingresso dello sponsor tecnico Kappa, che realizza una maglia leggendaria nell’87/88: al centro capeggia lo sponsor Cassa di Risparmio di Roma, il logo della Lazio è tornato quello pre-maglia-bandiera e assomiglia molto a quello attuale – con dei distinguo, chiaramente. La maglia è celeste, il colletto a V in stile polo è bianco e blu.
È una maglia meravigliosa, così bella che verrà replicata l’anno dopo – quello del gol di un giovanissimo ed ex primavera Di Canio sotto la Sud con tanto di dito alla Chinaglia.
Nell’89/90, poi, subentra Umbro. Quella rimane una delle più belle maglie di sempre nella storia biancoceleste: per la prima volta – oltre la maglia bandiera – la texture della prima casacca è fantasiosa, con triangoli incrociati di un celeste più scuro intervallati con celeste più chiaro. Il collo, con tanto di bottone, è polo e biancoblu. Il logo è più grande del solito; lo sponsor è minimalmente inserito al centro della casacca, le cui maniche biancoblu riprendono lo stile british del colletto.
È l’anno che tutti i laziali ricordano per il tridente – che darà nome a un coro cantato ancora oggi in Curva Nord – tutto sudamericano formato da Sosa (Uruguaiano), Troglio (Argentina) e Amarildo (Brasile).