Massimiliano Allegri è l’uomo da solo al comando nella bufera della Juventus, in questo momento.
Un rapporto nato nel 2014, interrotto nel 2019 e ripreso nel 2021. Uomo schietto e ironico, poco amante degli schemi e del calcio parlato. Insomma, una sorta di extraterrestre rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi.
Ma che Massimiliano Allegri sia uno in perenne controtendenza lo si capisce anche dalla sua carriera calcistica, da giocatore. Una carriera nella quale ha raccolto molto meno, rispetto alle sue innate qualità.
Svogliato in certi frangenti, ribelle in altri, poco avvezzo alle regole ferree in campo e fuori di alcuni allenatori, il tecnico livornese da ragazzo è stato spesso uno fuori dagli schemi: belle donne e corse dei cavalli, lo hanno distratto in molte occasioni.
Come disse il suo Allenatore a Pescara, Galeone: “Max ha avuto una carriera molto sotto le attese e spesso per colpa sua“. E lo stesso Max ha più volte ribadito il concetto. “Avessi avuto da giocatore, la maturità di adesso, sarei arrivato anche a vestire la maglia della Nazionale“.
Crediamo non ci sia molto da aggiungere, ma solo da scoprire la carriera di Allegri.
Da Livorno a Pisa, per un tradimento calcistico
Massimiliano Allegri nasce nel 1967 a Livorno e nel settore giovanile amaranto muove i primi passi. Per 9 mesi l’anno indossa i colori della sua città come centrocampista, mentre nei mesi estivi incendia i tornei nei famosi “Gabbioni” posti sugli scogli della città.
Tutte le squadre fanno a gara ad ingaggiarlo, perché quel ragazzino dal fisico esile, vola come un missile e ha una tecnica superiore al resto degli altri. Quel fisico che nel corso degli anni varrà il soprannome di “Acciuga” per merito del suo allenatore al Livorno Rossano Giampaglia.
Il Livorno a soli 18 anni lo manda a farsi le ossa nel Campionato Interregionale, a due passi da casa: il Cuio Cappiano. Torna alla base, ma mentre il club labronico non supera mai la C1, i rivali del Pisa guidati dallo scatenato Anconetani volano più volte in Serie A negli anni 80 e proprio nella stagione 1988-89 ingaggiano Max Allegri.
Passare dalla casacca amaranto a quella nerazzurra è la cosa peggiore che un giocatore possa fare agli occhi di un tifoso livornese, ma in questo caso Massimiliano viene in qualche modo perdonato per il tradimento calcistico: ragazzo affabile e del popolo, se lo coccolano un pò tutti. E poi alla fine, da sempre dritte vincente sulle corse dei cavalli. Meglio averlo come amico che nemico diranno in città.
Il passaggio al Pisa segna il debutto nella massima categoria per Allegri che appena ventenne mette assieme due presenze, prima di tornare in “Patria”: 32 gettoni e 8 reti che valgono la chiamata del Pavia in C1.
L’incontro con Galeone e la versione 2.0 di Allegri
Centrocampista con il vizio del gol: da mezzala in pochi possono vantare una facilità del genere per trovare la via della rete. Lo conferma anche nel campionato 1990-91 a Pavia, dove fra un infortunio e l’altro mette assieme 21 presenze e segna 5 gol. Le sue prestazioni attirano le attenzioni di un Vate del calcio di quegli anni.
Giovanni Galeone si innamora di quel centrocampista sgusciante che a suo modo di vedere può tranquillamente giocare alle spalle delle punte, in versione trequartista. Con la maglia del Delfino torna in Serie A nel 1992, dopo aver vinto il campionato di B e questa volta da protagonista. La squadra abruzzese è una sorta di Luna Park che si diverte e fa divertire, con il giocatore labronico assoluto protagonista.
Il buon Max mette assieme in due stagioni 64 presenze e 16 reti con il Pescara. E nell’estate del 1993, ecco il secondo punto di rottura della carriera di Allegri. Arriva la chiamata del Cagliari e in città diventa subito uno degli idoli. Lui sul campo risponde con prestazioni di altissimo livello, con gli isolani che sognano in Coppa Uefa.
Dal 1993 al 1995, nonostante qualche infortunio di troppo, Allegri lascia il segno anche con il “Casteddu”. Oltre 50 presenze e una decina di reti in tutte le competizioni. Sembra pronto per il grande salto, in un club di rango superiore, ma come abbiamo detto in apertura, la testa è sempre stata quella ribelle.
Basti pensare che nel 1992 a due giorni dalle nozze, decide di lasciare la futura sposa. Genio e sregolatezza a tutto campo.
Da Perugia a Pescara
Ti aspetti in qualche modo il salto di qualità per Allegri, ma il Livornese con il suo carattere e la sua anarchia tattica non può indossare le maglie delle big. E’ l’uomo nato sul mare, ma con la Provincia come simbolo del suo credo calcistico. Così, nel 1995, salutata la Sardegna, il labronico approda a Perugia.
Altra piazza che ha sete di calcare i palcoscenici della Serie A, dopo quasi 20 anni di anonimato. Sulla panchina dei Grifoni in B è arrivato Galeone che vuole il suo pupillo per spingere gli umbri verso la Serie A. Galeone – Allegri, un connubio ancora una volta decisivo.
Massimiliano non tradisce le attese e sulla promozione c’è il suo timbro, quando al minuto novanta di Perugia – Venezia insacca il calcio di rigore che garantisce il pass per la Serie A, con due turni di anticipo. 26 presenze e 7 reti, a cui si aggiungono 15 match giocati in Serie A nella stagione seguente, con 3 reti.
Il gennaio del 1997 segna il suo addio alla formazione umbra, con Allegri che torna in B con il Padova. In biancorosso resta 12 mesi, dove gioca poco e incredibilmente, per la prima volta dopo tanti anni, non cancella lo 0 dalla casella gol segnati. A Gennaio 1998 il Napoli che sta sprofondando in Serie B lo chiama per provare il miracolo.
La rimonta non ci sarà mai e gli azzurri patiranno la retrocessione, 8 anni dopo aver vinto il secondo ed ultimo Scudetto. Allegri a 31 anni è il primo a capire che la sua carriera sta vivendo la parabola discendente, ma non molla la presa.
Pescara Bis e chiusura nella sua Toscana
Nell’estate del 1998 torna a Pescara per aiutare i biancoazzurri per la promozione in Serie A. Promozione che non arriva, con Allegri che mette assieme 50 presenze e 5 reti. Nel primo campionato del nuovo millennio, il livornese ha 33 anni e diversi acciacchi che lo allontanano dal grande palcoscenico.
Max accetta l’offerta della Pistoiese e prende parte al campionato cadetto. Inizialmente sembra destinato a guardare la stagione dai box causa una squalifica per illecito sportivo e scommesse clandestine: ma quasi subito viene accolto il reclamo dello stesso Allegri che è prosciolto da ogni accusa.
Ma per Massimiliano resta un qualcosa di doloroso: “Sono passati oltre 20 anni, ma è una ferita che fa ancora male e che non si cancella“. Con la Pistoiese (con un giovanissimo Andrea Barzagli in rosa) gioca 18 match con una rete e nel 2001 passa all’Aglianese.
Agliana è un Comune in Provincia di Pistoia, mentre i neroverdi sono il nuovo che avanza nei dilettanti toscani. Dominatori l’anno precedente del campionato di Eccellenza, l’Aglianese vuol vincere il campionato di Serie D. E Allegri è la ciliegina sulla torta di una squadra che annovera fra gli altri Rossi, Scugugia, Graziani e Bismark.
I neroverdi vinceranno a mani basse la Serie D e nella stagione seguente Allegri resta per completare il suo ultimo anno di carriera. Dopo la terza promozione in carriera, il livornese aiuta l’Aglianese a raggiungere la salvezza nel campionato di Serie C2. Gioca di giorno e studia da allenatore di sera.
Il 30 giugno del 2003, Massimiliano Allegri smette di essere a tutti gli effetti un calciatore. E dal giorno seguente assume l’incarico di allenatore dei neroverdi. Da Agliana inizia la scalata che lo porterà in sei anni alla Serie A con il Cagliari. Da li al Milan e poi alla Juventus.
Ma molto più maturo, di quando era giocatore. Per sua stessa ammissione.