Oliver Bierhoff ha legato la sua carriera, oltre che ai successi con la Germania sia in veste di giocatore che di dirigente, alla maglia dell’Udinese, con cui si è laureato capocannoniere nel 1998, e del Milan, con cui ha vinto uno scudetto da protagonista nel 1999.
Eppure la carriera di questo straordinario centravanti tedesco, uno dei più letali colpitori di testa che la serie A ricordi, poteva prendere una strada completamente diversa, dal momento che era stato acquistato anni prima dall’altra squadra di Milano, ma per una serie di fattori non è mai arrivato ad indossare la maglia nerazzurra.
Come Bierhoff arrivò a farsi notare dall’Inter
Gli inizi di carriera di Oliver Bierhoff in Germania non furono dei più semplici: cresciuto nell’Essen, nel 1985 passa al Bayer Uerdingen con cui nelle stagioni successiva debutta in Bundesliga e Coppa UEFA, trovando spazio anche nelle selezioni giovanili tedesche (o meglio, della Germania Ovest, dato che all’epoca erano ancora divise).
Nel 1988 passa all’Amburgo, dove riesce a mettersi in luce segnando 6 gol, importanti per la salvezza della squadra. Nella stagione successiva trova poco spazio e a gennaio 1990 passa al Borussia Moenchengladbach, dove non riesce comunque ad imporsi.
A fine stagione è di fronte ad un bivio: giocare nella seconda serie tedesca oppure trasferirsi in un campionato di livello inferiore come quello austriaco, da dove proviene l’offerta del Salisburgo allenato dal tedesco Wiebach. Bierhoff decide di trasferirsi in Austria e si rende protagonista di una grande stagione, mettendo a segno ben 27 gol in 36 presenze.
L’acquisto da parte dell’Inter di Pellegrini
Nel 1991 i numeri del centravanti suscitano un certo interesse in giro per l’Europa, e in particolare stuzzicano la fantasia di Giancarlo Beltrami, direttore sportivo dell’Inter di Ernesto Pellegrini che già aveva creato con successo la colonia tedesca ad Appiano Gentile formata da Klinsmann, Matthäus e Brehme, protagonista del successo in Coppa UEFA. Beltrami è convinto che per rendere al meglio gli stranieri in Italia debbano essere in grado di comunicare almeno tra loro, e per questo decide di insistere sui giocatori tedeschi, versando 750 milioni di lire al Moenchengladbach, ancora proprietario del cartellino, e convincendo la madre-procuratrice che il trasferimento in Italia sarebbe stato il meglio per la carriera del figlio.
Nel 1991 però il limite degli stranieri per squadra è ancora di 3, e con il terzetto tedesco confermato anche nella squadra che da Trapattoni è passata nelle mani di Orrico, si decide di mandare Bierhoff in prestito per permettergli anche di maturare e prendere confidenza con il campionato italiano.
Una volta diffusa la voce che questo ragazzo tedesco con il fisico da granatiere era disponibile, il patron dell’Ascoli Costantino Rozzi decide di farne l’erede di Walter Casagrande, centravanti ascolano appena ceduto al Torino.
Gli anni di Ascoli e il mancato ritorno all’Inter
L’Ascoli, neo promossa affidata alla guida di “Picchio” De Sisti, trovò enormi difficoltà nella prima parte di stagione, tanto che il tecnico fu vittima di violenti inviti da parte della tifoseria a lasciare la guida della squadra, sfociati anche nel lancio di una bomba carta nel suo giardino. Tutta la squadra fatica, e Bierhoff, centravanti titolare in coppia con Giordano, palesa evidenti limiti tecnici che lo rendono poco adatto alla Serie A, e come se non bastasse un problema muscolare lo costringe per lungo tempo ai margini della squadra.
Nel girone di ritorno, con il subentro di Massimo Cacciatori alla guida della squadra, Oliver ritrova la maglia da titolare e finalmente arrivano i primi gol, contro il Foggia e proprio contro l’Inter. La squadra però è ormai condannata e chiude all’ultimo posto, retrocedendo in Serie B.
Nonostante le tante contestazioni ricevute dal pubblico ascolano, che l’accusarono di essere un codardo e di non pensare al bene della squadra viste le tante partite saltate, Bierhoff decide di rimanere in bianconero anche in Serie B: all’Inter si sarebbe anche liberato il posto per lui, ma Beltrami coglie l’occasione per ingaggiare Darko Pancev, il “Cobra”, Scarpa d’Oro e vincitore di Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale con la Stella Rossa (che si rivelerà uno dei più clamorosi bidoni della storia nerazzurra tanto da essere rinominato il “Ramarro”)
Con la presunta nuova stella inserita nell’attacco nerazzurro, Bierhoff, su cui ci sono ancora molti dubbi di carattere tecnico, non ha nuovamente posto a Milano. L’Ascoli lo acquista quindi a titolo definitivo, con l’Inter che mantiene un’opzione di acquisto per la stagione successiva.
Dopo un anno di ambientamento, Bierhoff ha però finalmente preso le misure con il calcio italiano e, nel contesto meno pressante della Serie B, esplode: 20 gol e il titolo di capocannoniere. L’Inter si presenta alla porta dell’Ascoli forte dell’opzione concordata l’anno precedente, ma Rozzi chiede a Beltrami un premio di valorizzazione di un’entità tale che Pellegrini, già di fatto intenzionato a cedere la società, non intende concedere.
Rimasto ad Ascoli, Bierhoff si conferma nella stagione successiva, firmando 17 gol, mentre l’Inter si “consola” con l’ingaggio di Dennis Bergkamp, che sarà protagonista di una delle stagioni più contraddittorie della storia nerazzurra.
La fine dell’esperienza ad Ascoli e il trasferimento a Udine, sempre con la regia dell’Inter
Alla quarta stagione ad Ascoli però qualcosa si rompe: Bierhoff non segna più (solo 9 gol) e la squadra precipita in Serie C. Come se non bastasse la stagione è funestata anche dalla morte improvvisa del presidente Rozzi, colui che aveva da sempre creduto Oliver.
Bierhoff non può scendere in Serie C per questioni regolamentari, di conseguenza deve trovare una nuova sistemazione nel corso dell’estate 1995. A lui sono interessati il Perugia di Gaucci (che l’aveva bloccato in caso di promozione, poi sfumata) e il Vicenza, ma a questo punto entra nuovamente in scena l’Inter, che manteneva ancora un certo controllo sul cartellino del giocatore: Beltrami riesce a mediare tra la madre-procuratrice di Bierhoff e il presidente Pozzo il trasferimento all’Udinese, sulla base di un accordo nato con la cessione di Francesco Dall’Anno ai nerazzurri, sulla base di 2,5 miliardi.
Da qui in poi la storia di Bierhoff diventa leggenda: il titolo di Campione d’Europa con la Germania nel 1996 grazie alla sua doppietta in finale, il suo ruolo di terminale centrale nel rivoluzionario 3-4-3 di Zaccheroni all’Udinese, capocannoniere nel 1998 e quindi campione d’Italia con il Milan nel 1999, che lo acquista per 25 miliardi e dove ritrova Alberto Zaccheroni. In seguito alcune parentesi al Monaco e al Chievo, prima di chiudere con il calcio giocato nel 2003 e diventare dirigente della nazionale tedesca, con cui avrebbe collezionato altri successi.