La finale più bella della storia delle finali. In un Mondiale che non ha certamente scherzato dal punto di vista delle emozioni. Ecco, mettiamola così, per accontentare un po’ tutti, tutti noi: se non è stata la Coppa del Mondo del gioco, è stata certamente la competizione dei giocatori. Sublimata nel finale dallo scontro da due dieci assoluti, Mbappé e Messi, ma in generale nutrita delle prodezze di fuoriclasse emergenti e senza tempo. Per capirci: la saggezza di Modric, l’esuberanza di Enzo Fernandez.
Ma è stato anche il Mondiale delle difese, sì. Il percorso del Marocco è stata la certezza definitiva, le prestazioni in crescendo di Gvardiol una piacevolissima scoperta. Ogni ruolo è stato cruciale, naturalmente anche quello del portiere: il Dibu Martinez passa alla storia per quell’esultanza sul Golden Glove, ma anche per la parata su Kolo Muani. Di puro istinto. E di pura tecnica.
Non è stato semplice stilare la top 11 di questo Mondiale così alto, così intenso, così particolare per date e per quel senso di conclusione che non può proiettarsi tuttavia così a lungo: c’è ancora una stagione da affrontare, nemmeno da finire. I ventitré dell’Albiceleste, nel frattempo, si sono incastrati nella storia del calcio. Che è senza tempo, come la classe di Griezmann, il talento di Boufal. Sono loro i grandi esclusi, insieme ad Adrien Rabiot e il Fideo Di Maria: grandissimi, però solo a tratti. Come Bono: sul tempo, con la Coppa tra le braccia, è stato battuto dal Dibu.
La top 11 del Mondiale di Qatar 2022
Portiere: Martinez
La foto – iconica – è del gestaccio che ha imbarazzato la Fifa e l’emiro a pochi passi dal palco della premiazione. Il Dibu Martinez però non merita di essere “ricordato” così: merita tutto. Soprattutto per come ha saputo riprendersi dal momento più complicato, disperato, preoccupante. Il destro di Mbappé, per ben due volte, era impossibile da trattenere con le mani. E allora ci ha messo il piede su Kolo Muani: è la parata che vale un Mondiale, esattamente come quella su Coman, che aumenta i battiti da Buenos Aires al mondo intero. Lì l’Argentina, dopo averla vinta e poi persa per tre volte di fila, inizia davvero a sentirsi accompagnata da una mano di buona sorte. Quella del Dibu.
Terzino destro: Hakimi
Come per Martinez, l’ultimo gesto del Mondiale era decisamente da evitare – la rabbia nel tunnel, contro Infantino – ma Achraf Hakimi è così: un treno ad alta velocità, sulla fascia e nelle emozioni. La sua Coppa è stata spettacolare, è diventato un inno alla globalizzazione del calcio. Hakimi, nato a Madrid e madrelinga spagnolo, cresciuto nel Real e diventato grande tra Germania, Italia e Francia, ha portato avanti il Marocco, fino a sognare. Corsa, chilometri, cross. E un cucchiaio: quello con cui fa fuori la Spagna di Luis Enrique, imitando l’esultanza di Sergio Ramos, compagno di squadra e amico, grande escluso della Roja per mano dell’ex CT.
Difensore centrale: Romero
La chiusura di un cerchio. Enorme. Per quel talentino cresciuto al Genoa, quasi passato dalla Juve e alla fine diventato grande all’Atalanta. Ora se lo gode il Tottenham, ma l’ha fatto soprattutto il mondo intero. Il Cuti ha giocato sul timore degli attaccanti e pure nell’ultima finale è stato duro quando serviva esserlo, attendo quando non c’era bisogno d’altro. Romero è stato il miglior difensore dell’Argentina, campione del Mondo.
Difensore centrale: Gvardiol
Semplicemente, il più forte di tutti. Fino alle semifinali, fino al guizzo di Messi che cambia i connotati alla Coppa del Mondo e le dà una dimensione diversa. L’ha fatto anche con Gvardiol, splendido centrale del Lipsia, a quota 7 partite e un gol (che vale il terzo posto) con questa Croazia in questo Mondiale. La generazione croata si prepara a essere guidata da lui, da Orsic, in attesa di un centravanti di fisico e senso della rete. Dietro tutto bene, però: garantisce lui. L’ha fatto per tutto Qatar 2022.
Terzino sinistro: Theo Hernandez
Il paradosso è enorme: titolare, inamovibile, perché nella prima giornata l’infortunio capitato al fratello Lucas è più grave del previsto. Da quel momento inizia la Coppa del Mondo di Theo Hernandez: un motorino, potente e di estrema qualità. E’ stata un’arma, a tutti gli effetti e in ogni partita: Deschamps ha creato una connessione a sinistra tra Theo e Rabiot, rendendo la Francia pericolosa nel mezzo e sugli esterni. Theo ha raccolto il testimone, ha sfruttato l’occasione: la mezza girata con cui fa fuori il Marocco sfiora l’icona, la cristallizzazione nel tempo.
Mezzala destra: Amrabat
No, non davanti alla difesa. Ma nel mezzo comunque, a comandare. Amrabat è stato il centrocampista “normale” più forte di tutto il Mondiale. Attento, preciso, illuminante negli spazi di un Marocco che ha sognato fortissimo e ben organizzato dalle sue geometrie. Ora la Fiorentina è felicemente preoccupata: chi si fa sotto nel prossimo mercato? Se a gennaio sembra essere destinato a giocare ancora in viola, sono pronti Real Madrid, Chelsea e svariate big. Hanno tutti bisogno di un “ragionatore”: lui è stato l’MVP, in questo senso.
Regista: Modric
L’ultimo ballo è stato un lento da pelle d’oca. Attento a dove mettere i piedi, per sprigionare solo bellezza eterna. Luka Modric è stato l’altro protagonista di questa Coppa del Mondo, l’unico a poter reggere un paragone con i due Dieci di un’epoca chiusa e riaperta immediatamente. Ecco, il croato ci ha fatto divertire per almeno 15 anni, ha vinto un Pallone d’Oro nell’epoca di Messi e Cristiano, senza mai accontentarsi d’averlo fatto, provando anzi a raggiungere lo step successivo. Se Messi l’ha meritata a pieno titolo, se Mbappé l’avrebbe sublimata con quella prestazione in finale, Luka Modric non ha fatto nulla di meno considerando il percorso. E il talento.
Mezzala sinistra: Enzo Fernandez
Il miglior giovane del torneo. Che ha giocato da calciatore navigato in ogni partita. Sembra un paradosso e invece è la quintessenza di questo giocatore: essere avanti. Nel rapporto età-maturità calcistica, nel rapporto palloni recuperati-palloni giocati. Enzo è destinato a essere il centrocampista del futuro: uno da dieci, quindici anni tra Real Madrid, Barcellona o chi per loro. Comunque, nell’elite del calcio. Per tutta una vita calcistica.
Attaccante a sinistra: Mbappé
Il capocannoniere, l’uomo che ha preso una sconfitta e l’ha fatta diventare quasi una vittoria (se solo Martinez non avesse allungato il piede su Muani). I rigori decisivi. Il destro al volo, quando c’era tutto lo spazio e invece quello spazio se l’è preso lui con lo spettacolo più puro. Mbappé è stata l’emozione più intensa: quella che dura un momento e crea subito dipendenza. Mbappé non è il prossimo Messi: è già altro, qualcosa di diverso. Qualcosa che per 20 anni vedremo come irraggiungibile.
Attaccante centrale: Julian Alvarez
Guardiola l’aveva prenotato quando il nome era legato a una bella promessa. Neanche Julian, che nella prima parte di esperienza al City si è ritrovato bloccato da Haaland, poteva immaginare tutto questo: partire dalle retovie e diventare decisivo. Ha scalzato pian piano Lautaro dai titolari (il preferito di re Leo, quindi di Scaloni) e si è preso il posto da titolare a furia di imbucare alle spalle della difesa. Decisivo in semifinale. Decisivo sempre.
Attaccante a destra: Leo Messi
Il più forte della storia del calcio, e lentamente la soggettività si sta trasformando in oggettività. Ha vinto tutto. Ha chiuso un cerchio enorme, riuscito a pochissimi eletti. L’Eletto su tutti, però, è proprio L10nel. Dopo due anni complicati, dopo aver dato l’addio alla Selecciòn, dopo aver reagito e patito, comunque sofferto ogni paragone col passato e con il suo vecchio presente, Messi è stato portato in cielo con la coppa tra le mani. “Quanto l’ho aspettata”, ha sorriso a fine partita. E quanto l’ha fatto pure chi ti era devoto: una vittoria condita da prestazioni mostruose (MVP del torneo), che creano giurisprudenza sul tema. Oggi cosa si ribatterà davanti al Mito?