Ripercorrendo a ritroso la storia delle imprese più incredibili di uno sport nobile come il tennis, tornano alla mente vittorie di sconosciuti “Carneade” che hanno messo KO ben più quotati avversari, portando a casa vittorie che ricorderanno per tutta la vita. Nel tennis, come in qualsiasi altro sport.
La memoria selettiva della maggior parte di noi esseri umani, ha però il difetto di non tenere conto di tutta una serie di trionfi mancati e/o di partite che “potevano essere“, ma non sono state per un motivo o per un altro. Nel tennis, come in qualsiasi altro sport.
Ma nel tennis, come in qualsiasi altro sport, la memoria storica conservata da quel meraviglioso mondo che risponde al nome di “web”, tiene in vita dei ricordi che è giusto passino alla storia come vere e proprie imprese, anche se esse non si sono concluse con una vittoria, un record, una qualificazione, un primo posto.
Per noi italiani, una di queste gesta da tenere a mente, è certamente quella che la nostra selezione tennistica, capitanata da Paolo Bertolucci, ci regalò nel 19984 quando sfiorammo la vittoria in Coppa Davis.
Coppa Davis 1998: con l’India quasi tutto facile
Quell’anno la nostra squadra era formata da tutta una serie di giocatori molto amati dal pubblico italiano. Giocatori che non verranno ricordati per le loro classifiche inarrivabili, ma che ogni volta che scendevano in campo davano tutto, anche e soprattutto quando si trattava di difendere i colori azzurri.
Tra questi Davide Sanguinetti, Andrea Gaudenzi e Diego Nargiso, che peraltro sono i convocati del primo turno che si tiene a Genova contro un avversario non irresistibile, l’India.
Di meglio non si poteva pescare per amore della verità, visto che i nostri avversari rispondono al nome di Srinath Prahlad e Mahesh Shrinivas Bhupathi, due giocatori che solo gli appassionati più nerd ricorderanno senza dover per forza dare un’occhiata sul loro motore di ricerca preferito.
In realtà “l’effetto Davis“, che colpiva i nostri giocatori molto più in quel tempo che ai giorni nostri, mise in netta difficoltà il nostro Davide Sanguinetti, che si fece sorprendere da Bhupathi al termine di una partita durata due giorni in virtù del brutto tempo che costrinse i due a rimandare di un giorno il match, con il nostro portacolori indietro di due set.
L’Italia chiuse così 1-0 il primo giorno di gioco, grazie alla vittoria di Gaudenzi su Prahlad. Nella giornata successiva Sanguinetti non riesce a venire fuori dalla situazione scabrosa, nemmeno dopo le parole di conforto di Capitan Bertolucci, che la sera prima aveva parlato di situazioni già vissute e recuperabili, soprattutto in un torneo come la Coppa Davis.
Da quel momento però l’Italia prende il sopravvento e, dopo il punto del doppio che regala il 2-1 agli azzurri, centrato dalla coppia Gaudenzi/Nargiso, si scrolla di dosso la paura e chiude sul 4-1 dopo le vittorie di Gaudenzi e Sanguinetti nell’ultima giornata.
Zimbabwe non è un problema
Non è un turno insuperabile, nemmeno quello successivo, che ci mette di fronte ad una nazionale tennistica che può presentare come esponenti migliori del proprio tennis Byron e Wayne Black, fratelli che probabilmente il lettore ricorderà un po’ di più rispetto ai già citati indiani.
I due fratelli sono usciti raramente dalla Top 100 durante la loro carriera e, almeno sulla carta, non dovrebbero rappresentare un pericolo per la nostra squadra che, in effetti, si libera della pratica senza particolari affanni.
Il problema più grande per lo Zimbabwe, è che si gioca ancora una volta in Italia e, soprattutto, sulla terra, che non dà scampo ai nostri avversari, riluttanti a mettere piede nella superficie che da lì a qualche anno, sarà il regno di Rafael Nadal.
Vinciamo con un perentorio 5-0 e ci presentiamo in semifinale, dove di colpo l’avversario cambia spessore e andrà affrontato in trasferta, a Milwaukee, contro gli Stati Uniti.
Ecco l’impresa, la finale della Coppa Davis 1998, è nostra
La scelta della superficie da parte dei nostri avversari, ricade ovviamente sul cemento, visto che i nostri alfieri hanno caratteristiche che avrebbero potuto agevolarli sulla terra.
Gli americani partono con il favore del pronostico, ma noi possiamo giocare le nostre carte e la Coppa Davis presenta sempre delle sorprese.
I dati statistici, i precedenti e soprattutto le partite giocate sul veloce dalla nostra squadra, non sorridono all’Italia, se si eccettua un’epica vittoria nel 1982, data dalla quale, però, le sconfitte si ripeterono pedissequamente.
Gli USA sono avanti 7-2 nei precedenti e i giocatori che dovrebbero presentarsi sul cemento di Milwaukee, rispondono al nome di gente del calibro di Sampras, Agassi e Courier. Sembra tutto segnato.
Ma a poche settimane dallo scontro succede l’imprevedibile. A parte il forfait di Sampras che aveva deciso di non partecipare alla Coppa Davis fin dall’inizio di stagione, gli USA si fanno male da soli con lo storico e clamoroso litigio tra Andre Agassi e la Federazione statunitense che origina anche la sua assenza.
E se tutto questo non bastasse, Courier non viene convocato da Tom Gullikson, il capitano della squadra stelle e strisce. I giocatori che sostituiscono i “titolari”, non hanno la stessa patina di prestigio: viene chiamato Todd Martin, comunque presente con continuità nella Top Ten e Jan-Michael Gambill, giovane promessa del tennis statunitense arenatasi poi negli anni a venire.
Per noi Gaudenzi e Sanguinetti giocheranno i singolari, mentre la collaudata coppia Gaudenzi/Nargiso giocherà il doppio. Gaudenzi gioca un gran match contro Gambill, anche se sciupa al quarto set tutta una serie di occasioni per chiudere la partita, ben 6 match point, ma poi la sua esperienza nel tie break del quarto, porta all’Italia il primo punto.
Il vero e proprio miracolo sportivo che ci permetterà di centrare la finale, viene però fatto da Davide Sanguinetti, che gioca la più bella partita della sua carriera e sorprende in 3 set Todd Martin, anch’egli sprecando ben 5 match point.
Il doppio contro Martin e Gimelstob, è una partita di una intensità clamorosa e, dopo aver vinto i primi due set, Nargiso vede i fantasmi e non riesce letteralmente più a giocare, nessuno si spiega il motivo. Arriviamo così al quinto set, durante il quale teniamo duro e alla fine pieghiamo i nostri rivali, conquistando una finale storica.
La Svezia al Forum ci batte in finale
L’impresa negli USA produce vastissima eco in tutta Italia e dopo le partite di Milwaukee, bisogna attendere ancora un mese e mezzo circa prima di sfidare al Forum di Assago una delle squadre più forti del. mondo, la Svezia.
I nordici hanno conquistato la vittoria nell’edizione precedente e, oltre ad essere campioni in carica, sono arrivati in finale in 4 delle ultime 5 occasioni.
Il Forum è caldissimo, 15.000 persone che spingono l’Italia a quella che potrebbe essere una delle più avvincenti vittorie del nostro tennis, ma la Svezia è fortissima e un episodio cambia definitivamente il percorso della storia a favore degli scandinavi.
Più che un episodio è una partita intera a levarci buona parte delle speranze. La superficie scelta è la terra rossa indoor, che in quel periodo è di gran lunga quella più lenta tra tutte, per provare a mettere in difficoltà gli svedesi.
In realtà i giocatori contro i quali proveremo a portare a casa l’insalatiera d’argento, non fanno così paura. Giocheremo i due singolari contro Magnus Gustafsson numero 31 e Magnus Norman numero 52 della classifica. Unica partita nella quale partiremo decisamente sotto, sarà il doppio che ci vedrà di fronte alla coppia Bjormann/Kulti.
L’episodio di cui abbiamo fatto cenno nei precedenti paragrafi, ha a che fare con una sfortuna nera per i nostri giocatori e per Andrea Gaudenzi in particolare.
In quel momento il nostro portacolori è il nostro numero 1 ed esordirà contro il numero 2 svedese, Magnus Norman, peraltro con i favori del pronostico. Gaudenzi porta subito il match dalla sua parte, vincendo il primo set. Da quel momento la partita diventa una battaglia, perché i due alternano scambi bellissimi a periodi di pausa preoccupanti e così si arriva al quinto set.
Gaudenzi è visibilmente sofferente ad una spalla, già martoriata per un problema al tendine operato subito dopo la semifinale di Milwaukee. Durante i primi 4 set il nostro giocatore offre una prova che definire coraggiosa è un eufemismo e si presenta al traguardo del quinto set riemergendo dallo 0-4 e raggiungendo il suo avversario sul 5-5 e servizio.
Il pubblico trattiene il respiro e sul Forum in festa si respira un’atmosfera trionfale. Ma proprio nel momento in cui Gaudenzi serve la palla per il 6-5, il suo tendine si danneggia irrimediabilmente e costringe il nostro connazionale all’abbandono sul momento più bello e felice della sua carriera.
Ritiro e punto agli USA, dunque, che da quel momento avranno vita facile in virtù delle vittorie di Gustafsson contro Sanguinetti per 6-1 6-4 6-0 e dell’altrettanto facile successo del doppio per 7-6 6-1 6-3 con 7-6 6-1 6-3 che si arrendono allo strapotere svedese.
La Coppa Davis è un sogno che sfugge ancora una volta dopo l’unico trionfo del 1976, ma le emozioni che ci regalarono i nostri giocatori durante quella manifestazione, rimarranno per sempre come uno dei ricordi più belli del nostro tennis.