Sembrava che i tempi d’oro del basket nostrano che aveva dato origine ad una piccola invasione tricolore in quel mondo meraviglioso che risponde al nome di NBA, fossero definitivamente tramontati, dopo i più o meno recenti addii di Marco Belinelli, Gigi Datome e Nicolò Melli, solo per citare i tre nomi che più di altri si sono fatti notare nelle loro rispettive squadre.
Danilo Gallinari, recentemente accasatosi a Boston dove proverà a mettere al dito un anello inseguito qualcosa come 14 anni, rimaneva l’unico italiano cresciuto cestisticamente nella nostra nazione, oltre a Ryan Arcidiacono, il cui destino è ancora incerto e Paolo Banchero, che hanno maturato le proprie capacità sul parquet lontano dall’Italia.
Ma qualche settimana fa è arrivata la lietissima notizia dell’approdo in NBA di Stefano Fontecchio, che ha firmato con gli UTAH Jazz un contratto che lo lega alla squadra dei mormori fino alla fine del 2024.
Una carriera in crescendo
Pescarese, classe 1995, Simone Fontecchio è un’ala piccola che ha dimostrato nelle due ultime stagioni, prima all’Alba Berlino e poi al Baskonia, in Spagna, di poter recitare un ruolo da protagonista nei tornei più nobili d’Europa.
Sia nel campionato tedesco, che in quello iberico e ancor di più in Eurolega, Fontecchio ha fatto registrare sugli annali del basket che conta, un paio di stagioni sorprendenti, che hanno acceso l’interesse dei team più ricchi del pianeta.
Tra questi, ovviamente, alcune franchigie della NBA, che, sotto banco, hanno lavorato prima e dopo il draft per capire quali prospetti fossero rimasti fuori dalle scelte.
La parte iniziale della carriera di Fontecchio è segnata da una V di Virtus, colorata di nero. È infatti a Bologna che il giovane Simone passa tutta la trafila delle giovanili, per poi giocare 5 stagioni con la prima squadra, alla seconda delle quali si fa notare vincendo il premio per il miglior giocatore Under 22 della Serie A.
Le vicissitudini che portano la Virtus alla retrocessione, originano l’addio alla squadra bolognese e Fontecchio viene ingaggiato dall’Olimpia a Milano dove però non trova lo spazio che vorrebbe e viene quindi prima parcheggiato a Cremona e poi venduto alla Pallacanestro Reggiana.
Il salto di qualità decisivo arriva nel 2020, quando firma un triennale coi tedeschi della principale squadra di Berlino, per poi passare, dopo un solo anno, al Baskonia, che lo vuole fortemente.
L’accordo con UTAH
Dopo un’altra stagione di livello, per Fontecchio si apre la possibilità di volare negli USA alla corte di Quin Snyder, che ha già speso parole di elogio per l’ala piccola azzurra.
Fontecchio firma ancora una volta un nuovo contratto, ma questa volta è di quelli pesanti, 6,25 milioni di dollari per due anni.
La scelta di Fontecchio a favore degli UTAH, è arrivata dopo alcune proposte non condotte in porto, una delle quali proprio dei Celtics, che però non avrebbero garantito al giocatore italiano, lo spazio che i Jazz gli hanno già prospettato.
Non sono pochi gli analisti che considerano l’azzurro come uno dei prospetti più interessanti al mondo nel ruolo di Ala Piccola. E per come fa giocare la sua squadra il coach di UTAH, c’è da scommettere che Fontecchio possa avere più di una chance.
La partenza di Gobert, rivoluzione ai Jazz
Negli ultimi anni la meravigliosa favola di UTAH si è ripetuta praticamente ogni stagione. L’importanza del collettivo è stata spesso messa in risalto dagli osservatori del mondo NBA, alla luce di un gioco offensivo che passava pedissequamente dal pick & roll con Rudy Gobert e i vari lunghi che gli facevano da “secondi”, Favors in primis.
Non a caso l’apertura del perimetro che permetteva questo tipo di sorgente delle azioni dei Jazz, ha permesso di aumentare le percentuali dei tiratori di Snyder, croce definitiva per le difese avversarie.
Gli adeguamenti su gente come Mitchell, Bojan Bogdanovic, Clarkson, O’Neale e Joe Ingles, tardavano ad avere efficacia e la fluidità del movimento della palla sulla linea da tre punti con Gobert che teneva occupati i difensori sul pitturato, diventava addirittura celestiale.
Oggi, dopo la partenza del lungo transalpino, le cose potrebbero cambiare in maniera addirittura rivoluzionaria, visto che di centri con quelle caratteristiche, UTAH non ne ha più nemmeno uno.
Come Fontecchio può diventare protagonista nelle rotazioni
La difesa è un altro bel problema, visto che Gobert è considerato tutt’oggi uno dei difensori più forti della storia NBA.
E sarà probabilmente questa la chiave che consentirà alle porte che si pareranno di fronte a Fontecchio, di schiudersi.
Va da sé che Snyder sia piuttosto preoccupato per la voragine che si creerà sotto il proprio ferro. In casa c’è poco da girarsi intorno, Udoka Azubuike, speranza 22enne, si è lesionato i legamenti qualche mese fa e se dovesse tornare nel corso della stagione, sarebbe già grasso che cola.
Walker Kessler non è certo il giocatore che può fare le veci di Gobert. Rimane Whiteside, ma a 33 anni suonati e alcune stagioni non certo da protagonista, c’è da scommettere che il minutaggio non tornerà mai quello di una volta.
Allora Fontecchio, con la sua stazza e il suo fisico, potrebbe essere messo in preallarme per diventare una sorta di sorprendente breakwater nei momenti in cui i lunghi avversari dovessero cominciare a diventare pericolosi.
Vero è che non è esattamente il suo ruolo, ma coach Snyder ha spesso rinunciato al lungo, soprattutto quando Gobert ha avuto problemi di falli, per affidarsi ad accorgimenti difensivi che, con un meccanismo di squadra sempre al limite della perfezione, chiamavano al super lavoro anche i meno dotati fisicamente. Pensiamo ai frequenti sacrifici di Bogdanovic e Clarkson soprattutto nella passata stagione.
Sarà tutto da scoprire se e quanto Simone riuscirà a collezionare minuti, ma tanto dipenderà da ciò che inventerà il suo nuovo allenatore, non tanto per lui, quanto per la squadra.
I presupposti ci sono tutti. Staremo a vedere.