I Bidoni nel calcio hanno fatto storia in qualche modo.
Darko Pancev è un caso che andrebbe veramente studiato, per come è regredito di colpo, dopo un avvio di carriera fulminante e ricco di reti.
Attaccante implacabile in patria con la maglia del Vardar e poi con quella della Stella Rossa fino a vincere la Coppa dei Campioni, il “Cobra” in Italia nell’Inter si rivela uno dei più grossi flop della storia.
Infortuni, incomprensioni tattiche, un campionato sicuramente più difficile a quello slavo e tutta un’altra serie di fattori, condannano Darko Pancev nel girone dantesco dei Bidoni.
Eppure fino al 1992 nessuno lo avrebbe detto. Vediamo la storia di un bomber di razza che un giorno si scopre “Ectoplasma” nella Serie A degli anni d’oro.
Darko Pancev: il bomber macedone
Un predestinato.
Non si può pensare diversamente, quando si rilegge la storia di Darko Pancev ai suoi inizi.
Macedone e grande tifoso del Vardar, Darko compie tutta la trafila nelle giovanili e a 17 anni viene lanciato in prima squadra. La stagione d’esordio è a dir poco leggendaria per l’attaccante balcanico.
Pancev è un classe 1965, ma il suo nome gira da tempo sui taccuini dei talent scount del paese e infatti, dopo le prime presenze di rodaggio, l’attaccante vince la classifica cannonieri del campionato 1983-84, con 19 reti. La truppa di Skopje raggiunge la salvezza e le due squadre di Belgrado bussano alla porta della società per avere informazioni sul giocatore.
Netto no del club macedone e la leggenda narra anche di pressioni sia dai piani alti della federazione jugoslava e sia del “parlamento” balcanico per far si che Darko resti ancora qualche anno con il Vardar. Il motivo è molto semplice: in Macedonia da qualche tempo i primi separatisti stanno iniziando a chiedere maggiore autonomia, rispetto al governo centrale.
Insomma, inizia a soffiare quel vento che 10 anni dopo porterà al conflitto e alla dissoluzione della confederazione Jugoslava.
Per questa serie di motivi dunque, Darko Pancev viene in qualche modo blindato e per altre 5 stagioni farà la fortuna del club e la sua conferma nella squadra più importante della Macedonia si pensa possa calmare in qualche modo gli spiriti rivoluzionari.
Il Vardar, almeno fino a primi anni ’80, alterna presenze nel massimo campione e altre in seconda divisione: una sorta di ascensore che sale e scende. Poi, con l’esplosione di Darko Pancev, il club resta stabilmente in massima categoria. Non solo, ma dalle salvezze ottenute all’ultimo tuffo, la formazione inizia anche a scalare posizioni in classifica fino a raggiungere la qualificazione in Europa.
Il merito ovviamente è tutto di Darko Pancev che segna a ripetizione e si merita l’appellativo di Cobra. La prima campagna continentale del Vardar non è delle migliori, con il Porto che elimina i balcanici con un doppio 3-0, ma in campionato Darko e soci mettono paura a tutti.
Nell’estate del 1988, il giocatore ambisce ad un salto di categoria. La Stella Rossa non si lascia sfuggire l’occasione e lo acquista dalla truppa macedone.
Il “Cobra” saluta la capitale e la sua gente, consapevole di aver dato e di aver fatto il massimo con la maglia dei rossoneri: 84 gol in 151 presenze in campionato. Sette stagioni d’oro e spicca il volo verso Belgrado.
Darko, Dejan e Piksi: il trio delle meraviglie
Estate 1988, Darko Pancev è ufficialmente un nuovo giocatore della Stella Rossa. Insieme a lui arriva un’altra promessa del calcio slavo, Robert Prosinecki e vanno ad implementare una rosa che annovera anche Dejan Savicevic e Dragan ‘Piksi’ Stojkovic.
Una signora squadra che nella stagione 1988-89 rende la vita durissima al Milan in Coppa dei Campioni e vede sfuggire il campionato nelle battute finali. Darko nella prima stagione non rende al massimo a causa degli infortuni, ma già da quella seguente segna a raffica con i biancorossi di Belgrado che tornano a vincere il titolo.
Nelle due stagioni seguenti Darko diventa il fulcro dell’attacco della Stella Rossa, complice la partenza di Stojkovic al Marsiglia. Il “Cobra” diventa letale in Coppa dei Campioni e assieme a Savicevic trascina la squadra alla finale.
A Bari il destino vuole che ci sia il Marsiglia dall’altra parte, con l’ex “Piksi” che non riesce a scardinare la difesa dei suoi compagni di un tempo. Si va ai rigori e l’ultimo tiro dagli 11 metri è quello di Darko che segna il gol vittoria. Quello che consegna il primo titolo europeo alla Stella Rossa.
34 reti in campionati, 8 in Coppa dei Campioni: vince la scarpa d’oro 1991 (verrà consegnata soltanto nel 2006, ndr) e arriva secondo nella classifica del Pallone d’Oro.
Numeri assurdi per un giocatore che da una parte vuol regalare l’ultimo trofeo importante ai tifosi e dall’altra pensa già all’estero, complice il clima di guerra che sta piombando sulla Jugoslavia.
Darko segna anche nella finale Intercontinentale, in cui la Stella liquida 3-0 il Colo-Colo. L’ultimo sussulto, prima della fine prematura di questa squadra che vede la fuga dei suoi giocatori al momento dello scoppio bellico.
E Darko guarda all’Italia: la Serie A.
Darko Pancev: la metamorfosi in Bidone
Estate 1992, il Milan prende Savicevic dalla Stella Rossa (oltre a Boban già in prestito al Bari, dalla Dinamo Zagabria) e la risposta dell’Inter è Darko Pancev.
Il “Cobra” a suon di reti ha convinto il presidente Ernesto Pellegrini e Darko arriva alla “Pinetina” facendo sognare il popolo interista. Ma da questo momento in poi saranno solo delusioni su delusioni.
I problemi fisici che in qualche modo erano stati coperti ai tempi della Stella Rossa iniziano a farsi sentire. Aggiungiamoci le difficoltà di ambientamento del giocatore, unite alle notizie terribili della guerra che arrivano dai balcani, dove lo stesso Darko ha lasciato famiglia e amici.
Magagne anche sotto l’aspetto tattico, con l’ex Stella Rossa che predilige giocare come punta avanzata, mentre nell’Inter è richiesto anche un sacrificio di recupero palla e quanto altro.
Infine, Darko paga anche il salto di qualità: il campionato slavo, seppur competitivo in quegli anni, non è paragonabile al livello della Serie A degli anni ’90.
Marcature rigide, tatticismo ai massimi livelli e i migliori difensori al mondo, diventano l’incubo di Darko che si rivela un giocatore abulico al gioco della squadra e non riesce più ad essere incisivo sotto porta.
Le prestazioni negative del Macedone attirano le ire dei tifosi, le critiche dei giornalisti e ben presto Pancev è un caso: da bomber di razza ad attaccante spuntato, da Cobra a “Ramarro” fino ad essere definito “Ectoplasma” in una pagella della Gazzetta dello Sport accanto al voto 3.
Bersaglio di tutti Pancev, anche della Gialappa’s che conia appunto il nome “Ramarro” e diventa uno dei “Fenomeni Parastatali“, la rubrica di “Mai Dire Gol” che in chiave ironica mette nel mirino quei giocatori che hanno floppato la stagione. Insomma il balcanico diventa per tutti il “Bidone”.
Nella sua prima stagione e mezzo in nerazzurro gioca poco e quel poco anche male: 12 presenze e 1 rete.
Una parantesi al Lipsia in Germania per riprendere confidenza con il gol, senza la pressione della Serie A, ma anche in terra tedesca sembra il lontano parente del Cobra: 10 gettoni conditi da due gol che non bastano né per evitare la retrocessione e né per ottenere la conferma.
Nell’estate del 1994 rientra dal prestito e cerca di giocarsi le sue chance all’Inter. Anche stavolta non finirà bene: 7 presenze e 2 reti, con le solite critiche e le solite ironie dai parte di tutti.
Ormai la storia di Pancev è legata al soprannome Ramarro e con l’avvento di Massimo Moratti alla guida del club, arrivano i saluti per Darko che nel 1995 torna in Germania definitivamente.
Uno dei più grandi e prolifici attaccanti del calcio europeo, a cavallo fra le ultime due decadi del vecchio secolo che in pochi mesi regredisce in maniera clamorosa, fino a diventare uno dei “Bidoni” più incredibili che si siano mai visti in Serie A.
Darko Pancev, il “Cobra” diventato Ramarro.