Wimbledon, ovvero tutta la storia del Tennis in un solo luogo. Ma se c’è una cosa a cui gli inglesi tengono oltre la loro storia, è l’etichetta.
Ed è così che il torneo di tennis più antico del mondo, diventa anche una sorta di teatro di netiquette, tra regole ferree da seguire obbligatoriamente e qualche rito al limite della scaramanzia.
Dress Code: All-White
La regola che forse più di tutte è entrata nell’immaginario collettivo, è l’obbligo per tutti gli atleti di indossare una divisa completamente bianca. Talmente stringente che nel corso della storia nemmeno i più grandi giocatori sono riusciti a scalfirla.
Non Andrè Agassi che ha persino rinunciato a partecipare tra il 1988 e il 1990 (a causa anche della sua divisa Nike particolarmente sgargiante), non Martina Navratilova costretta a cambiarsi la gonna per la presenza di alcune righe blu, e non sua maestà Roger Federer, che nel 2013 dovette cambiarsi le scarpe con una inammissibile suola gialla.
Piccola curiosità, sapete perchè il bianco è stato scelto come colore “ufficiale” nel dress code di Wimbledon? Il motivo è da ricercare alle origini, nel lontano 1880, ovvero quando nel prestigioso club inglese apparire sudati era decisamente poco signorile e il bianco era proprio il colore degli indumenti in cui meno risaltava. La tradizione poi ha fatto il resto.
Signori si chiude, sono le 23!
Un’altra delle regole che non possono venire messe in discussione, è l’orario di chiusura dei match. Cascasse il mondo infatti, quando sono le 23:00 in punto le luci del All England Lawn Tennis and Croquet Club si spengono, anche dovesse mancare un solo punto alla fine dell’incontro.
A sancirlo non è solo la tradizione, ma un decreto con la municipalità di Wimbledon fino ad ora sempre in vigore salvo in una sola occasione, quando nel 2012 i battenti si chiusero alle 23:02 per permettere la fine dell’incontro tra Murray e Baghdatis).
L’erba di Wimbledon è sempre più verde
Il torneo londinese, è rimasto l’unico del Grande Slam a giocarsi sull’erba. In passato invece, anche gli US Open si disputavano sul verde (fino al 1975) così come gli Australian Open (fino al 1988).
Un lavoro certosino dei giardinieri inglesi, che ha in Eddie Seaward il suo più alto esponente. Proprio lui per ventidue anni si è occupato dei campi di Wimbledon, e sempre lui ha attuato quella piccola (grande) rivoluzione che nel 2001 ha portato a realizzare il fondo con il Perennial Ryergass (il Loietto Inglese, un erba che permette un lavoro di battitura del terreno molto più marcato).
L’iter è un vero e proprio rito che comincia appena finito un torneo, con lo sradicamento di quel che resta dell’erba (poca) e la rimozione di tutto lo strato superficiale del terreno. Poi la nuova semina, fertilizzanti e crescita. Fino a inizio giugno quando, allora e solo allora, l’erba viene tagliata fino a 8 millimetri esatti e si cominciano a segnare le righe del campo di gioco.
Niente piccioni, siamo a Wimbledon
Se siete a Wimbledon nei giorni del torneo, ogni mattina potrebbe capitarvi di vedere in volo sopra i campi un falco. Non spaventatevi si tratta di “Rufus“, e il suo compito è esattamente quello di tenere lontani i piccioni (e qualsivoglia altro volatile).
Lo scopo primario è quello di evitare che altri uccelli rovinino l’erba dei campi, ma è innegabile che in parte sia fatto anche per non dare fastidio agli spettatori.
La pioggia: tra fastidio e tradizione
Se c’è una protagonista che ogni anno si ripresenta imperterrita sui campi di Wimbledon, questa è la pioggia. Una costante nel clima inglese, tanto che ormai pubblico, addetti ai lavori e persino i tennisti sono abituati e pronti ad affrontarla.
Basti pensare che in tutta la storia della competizione, soltanto in sette occasioni non ci sono state interruzioni causate dalla pioggia (nel 1931, 1976, 1977, 1993, 1995, 2009 e 2010). Dal 2009 poi, il campo centrale è diventato copribile, quindi nei match più importanti, la pioggia non è più un problema.
Particolarità all’inglese
Ci sono poi delle regole particolari che riguardano proprio il gioco, il programma e i giocatori. A Wimbledon infatti, anche la selezione delle così dette “Teste di Serie” avviene in maniera totalmente soggettiva, a scelta esclusiva del circolo e indipendentemente dal ranking mondiale.
Decisamente diverso anche il regolamento per quanto riguarda il possibile “Tie-Break” del quinto set: da questa edizione sui campi londinesi sul 6-6 si prosegue a giocare, fino al possibile 12-12 quando invece entrerà in scena il classico finale a due.
Per la programmazione c’è attesa anche per il “Manic Monday”, ovvero il lunedì in cui andranno in campo tutti i match degli ottavi, sia nel singolare maschile che femminile. Nel “Middle Sunday” invece, la domenica in mezzo al programma, avremo una giornata di riposo completo per tutti. Salvo ovviamente, recuperi da concordare per via della pioggia.
Sponsor fantastici e dove trovarli
Tradizione e prestigio valgono anche per gli sponsor presenti a Wimbledon, in molti casi anch’essi legati da decenni, se non quasi secoli. Da 86 anni per esempio, la Lemon Barley Water (una limonata) del marchio Robinson’s, faceva sistematicamente capolino sotto la sedia del giudice arbitro.
Una consuetudine che non rivedremo quest’anno, visto che l’azienda ha deciso di non rinnovare il contratto da 3 milioni di dollari annui. Alla base del rifiuto, pare possa esserci la richiesta della Britvic (il gruppo proprietario della Robinson’s così come di altri marchi quali Gatorade e Pepsi) di allargare la promozione anche alle altre sue bibite. Troppo per i conservatori del All England Law Tennis and Croquet Club.
E allora tanti cordiali saluti, per di più con altri sponsor che sono pian piano riusciti a entrare nel rigido meccanismo di Wimbledon. Vedi la Lavazza, che dal 2011 è bevanda ufficiale della kermesse, ma anche Polo Ralph Lauren e naturalmente la Rolex (unico sponsor ad apparire sui campi. In totale, si pensa che si riesca a raccogliere intorno ai 55 milioni dai soli sponsor.
Fragole a tonnellate
Non è uno scherzo, durante la manifestazione di Wimbledon quest’anno verranno consumate qualcosa come 23 tonnellate di fragole! Oltre due milioni di frutti da consumare tassativamente coperti di panna montata.
L’origine della tradizione anche in questo caso è antica, ma ben presente e documentata fin dalla prima edizione del torneo. Si tratta molto semplicemente del frutto che meglio rappresentava il periodo in cui andava in scena, arricchito dalla dolcezza della panna, che rappresentava anche il benessere della signorilità.
Ma non è il solo “official food” dell’evento, visto che anche il Pimm’s è diventato da tempo drink tradizionale. Ginger Ale, menta, frutta e ghiacchio, per alleviare il caldo e l’umidità. Ne verranno serviti almeno 250 mila!