Fatta salva la necessità che le commistioni tra sport e poteri forti, siano essi politici o di qualsivoglia altra natura, non possano essere pedissequamente evitate, quando essi si incontrano non è mai un gran bell’affare.
Non lo è in generale. Figuriamoci quando la causa che produce tali commistioni è di carattere bellico, come è tristemente accaduto nei mesi passati a seguito dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina.
In più di uno sport abbiamo assistito fin dalla fine di febbraio, a tutta una serie di prese di posizione da parte delle Federazioni Nazionali e degli Organi Collegiali di carattere internazionale che regolano le discipline sportive sotto il punto di vista del loro svolgimento anche e soprattutto in virtù dell’organizzazione degli avvenimenti più importanti.
A questa regola non sfugge nemmeno il tennis che, anzi, è diventato una sorta di ombelico del mondo della materia e lo sarà ancor di più adesso che siamo a pochi giorni dallo start del torneo più antico del mondo, quello di Wimbledon.
La cronistoria di ciò che è successo
Andiamo con ordine e vediamo di capire come si è sviluppata tutta la situazione che rischia di lasciare strascichi perfino successivi alla chiusura del torneo.
Le date sono tristemente note e la prima fa capo all’invasione dell’esercito russo in territorio ucraino, che risale al 24 di febbraio.
Poco meno di due mesi dopo, il 20 aprile, è maturata la decisione da parte dei vertici di Wimbledon, di non accogliere le iscrizioni dei tennisti russi e bielorussi di sesso maschile e femminile al terzo Grande Slam della stagione e a tutti i tornei ad esso legato in territorio inglese.
A grandi linee questo avrebbe originato, e così alla resa dei conti è effettivamente successo, che tutta la stagione sull’erba del Regno Unito, sarebbe stata orfana degli atleti interessati.
Apriti cielo. Le prese di posizione dei colleghi di questi campioni e delle associazioni “di categoria“, come diremmo qui in Italia, non sono mancate e l’affare si è ingrossato a dismisura.
Lo si era capito a poche ore dall’annuncio dell’ “All England Lawn Tennis Club“, la cui decisione di bannare Russia e Bielorussia dai propri tornei, ha scatenato immediate repliche, la cui più nobile e attesa è stata quella di ATP e WTA.
Nella stessa giornata l’aggettivo più utilizzato sui social è stato “ingiusto“, anche se qualcosa di più concreto è arrivato poco dopo, in virtù di un comunicato perentorio che non lasciava grosse speranze per una soluzione immediata della faccenda.
L’ATP si è affrettata a lanciare strali di questo tenore nella stessa giornata della decisione presa da Londra: “La discriminazione basata sulla nazionalità costituisce una violazione del nostro accordo con Wimbledon che afferma che l’ingresso dei giocatori si basa esclusivamente sulle classifiche ATP. Qualsiasi linea di condotta in risposta a questa decisione sarà ora valutata in consultazione con il nostro consiglio e i consigli dei membri“.
La WTA non si discostava molto dalle prese di posizione dei vertici del tennis maschile: “La WTA valuterà i suoi prossimi passi e quali azioni potrebbero essere intraprese in merito a queste decisioni“.
E le decisioni sono state prese
Da quel 20 aprile è montata di giorno in giorno la convinzione che i due massimi organi di gestione del tennis internazionale, ATP per gli uomini e WTA per le donne, appunto, avrebbero preso una decisione drastica.
Presa di posizione drastica puntualmente arrivata ad un mese di distanza. Il 20 maggio, sia ATP che WTA hanno deciso di non assegnare punti validi per i giocatori che parteciperanno al torneo di Wimbledon in partenza il prossimo 27 giugno.
La ragione principale di tale decisione va ricercata, secondo l’ATP, nella condivisione del principio del merito insieme ai responsabili di ognuno dei tornei che fanno capo all’ATP stassa.
E se l’unica possibilità di riconoscere il merito è quella di tracciare una classifica, il ranking ATP e WTA nella fattispecie, tutte le prese di posizione e gli eventuali ban dei partecipanti che non seguono tale criterio, vanno in contrasto con lo spirito del gioco.
La decisione di Wimbledon di estromettere i giocatori russi e bielorussi è, secondo l’ATP, in non plus ultra della discriminazione degli atleti in base alla loro provenienza e questo non è accettabile.
Proviamo a tirare una riga
La decisione presa dai due massimi organi collegiali che governano il tennis, produce l’antipatica somma algebrica tutt’altro che pari a zero, che prevede la sottrazione dei punti guadagnati nella scorsa edizione di Wimbledon, ma nessuna aggiunta rispetto al risultato ottenuto dai partecipanti per l’edizione 2022.
Ciò significa che i tennisti più penalizzati sono quelli che non potranno difendere i loro punti a partire dal 27 giugno e che hanno chiuso il loro cammino nella passata edizione del torneo nei turni conclusivi.
È l’esempio di Djokovic che pagherà salati i 2.000 punti della vittoria del 2021 e di Berrettini, finalista, che ne sconterà ben 1.200.
L’aspetto paradossale riguarda il russo Medvedev, escluso dalla prossima edizione, ma eliminato in quella precedente agli ottavi di finale, per un handicap di punti tutto sommato molto limitato, 180.
Le defezioni di Osaka e Bouchard
In campo femminile sono curiosi i casi della Osaka, assente a Wimbledon per un problema al Tendine di Achille, ma in forte disaccordo con la decisione maturata e quello di Eugenie Bouchard, che non gioca da circa un anno per un infortunio alla spalla, ma che ha deciso di non partecipare al terzo Slam della stagione, per una questione di classifica.
La tennista canadese, infatti, può godere della classifica protetta da utilizzare in due occasioni per entrare nel tabellone principale degli Slam e, visto che Wimbledon non assegna punti, la sua decisione è stata quella di preservare questa doppia possibilità per i due prossimi Slam, Flushing Meadows e Australian Open.
Sempre in campo femminile, infine, c’è invece il caso inverso, quello di chi a Wimbledon non vuole proprio mancare. Nella giornata di domenica sera, infatti, la giocatrice russa Natela Dzalamidze, ha comunicato di aver cambiato passaporto, diventando cittadina georgiana e aggirando così il divieto di non poter partecipare a Wimbledon.
La Dzalamidze è una giocatrice di doppio e giocherà insieme alla sua compagna storica, la serba Aleksandra Krunic.