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Gli scacchi sono uno dei giochi più diffusi al mondo. Vedere due persone sedute una di fronte all’altra e divise solo da una scacchiera con i pezzi sopra, è normale in quasi tutti i Paesi.

Anche in Giappone, dove la cultura originale è piuttosto resiliente nonostante le numerose abitudini importate. E in effetti nel Paese del Sol Levante si gioca sia agli scacchi che tutti conosciamo, sia alla versione locale, legata a tradizioni tutte nipponiche.

Gli scacchi giapponesi hanno un nome proprio: shōgi che tradotto significa “gioco dei generali”.

Sembra che lo shōgi sia stato codificato per la prima volta nell’ottavo secolo d.C., a partite da un gioco molto più antico (IV sec. a.C.) e di origine cinese: lo xiangqi. Alcuni ritengono che anche il Go abbia influenzato la nascita degli scacchi autoctoni in Giappone. Tuttavia, soprattutto per la scacchiera e la disposizione dei pezzi, lo xiangqi appare molto più affine.

Scacchiera e pedine dello shōgi (credits gamecows.com)

Lo shōgi è il gioco tradizionale per eccellenza in Giappone, pur avendo molte somiglianze con gli scacchi “internazionali”. Si gioca 1 vs 1 su una scacchiera quadrata composta da 81 caselle (9 file x 9 traverse). L’area di gioco è quindi un po’ più grande perché ospita un numero maggiore di pezzi: 20 per ciascun giocatore, rispetto ai 16 degli scacchi.

Lo scopo del gioco è dare scacco matto (tsumi) al Re avversario (generale di giada o  gyokushō), esattamente come avviene negli scacchi. Gli altri pezzi dello shōgi sono: 2 Generali d’oro (kinshō), 2 Generali d’argento (ginshō), 2 Cavalli (keima), 2 Lance (carro d’incenso o kyōsha), 1 Alfiere (kakugyō), 1 Torre (hisha o carro volante), 9 Pedoni (fuhyō).

I pezzi presentano alcune differenze rispetto alle meccaniche degli scacchi. Ad esempio, tutte le pedine, tranne il Re e i due Generali d’oro, hanno due lati: su uno c’è un carattere nero che indica cosa sono all’inizio dello schieramento, sull’altro è riportato (di solito in rosso) cosa il pezzo può diventare.

Nello shōgi, infatti, quando le pedine raggiungono la cosiddetta zona di promozione (in pratica la zona di schieramento dell’avversario), possono essere girate e trasformate in un pezzo più forte.

Immagine credits Wikipedia

Il potenziamento dei pezzi è cioè un’aggiunta alle caratteristiche del movimento base di ciascuno, che in sostanza è molto simile a quello degli scacchi.

Ad esempio, un Generale d’argento promosso agisce come un Generale d’oro. Lo stesso fanno il cavallo e la lancia, mentre l’Alfiere diventa un Cavallo Drago (bellissimo nome!) e aggiunge al suo movimento in diagonale anche quello della Torre, ma di una sola casella per volta.

Quest’ultima si trasforma in un Re Drago e riceve il movimento dell’Alfiere per una sola casella. La trasformazione più clamorosa è però quella del pedone che da “soldato semplice” passa a Generale d’oro: questa sì che è meritocrazia!

Per il quadro completo sui vari tipi di movimento riportiamo lo schema presente su Wikipedia:

L’altra grossa differenza rispetto agli scacchi è la regola del paracadutaggio. In sostanza, i pezzi catturati possono essere rimessi in gioco dall’avversario. Un pezzo può essere paracadutato (!) su qualsiasi punto della scacchiera, ma non viene promosso se “atterra” nell’area di promozione. L’importante è che la punta della pedina, cioè l’indicatore della direzione di attacco, sia rivolta verso il precedente padrone!

Per il resto, una partita di shōgi si svolge come una di scacchi. L’obiettivo è vincere dando scacco matto o obbligando alla resa l’avversario (per impossibilità di mosse etc), ma la sfida può anche chiudersi in parità o con un “no contest”. Questo si verifica quando per quattro volte consecutive si ripete la stessa situazione (sennichite o “mano di mille giorni”) o quando entrambi i Re si trovano nell’area di promozione avversaria (jishōgi): in quel caso è quasi impossibile arrivare allo scacco matto.

Ci sono altri elementi che regolano le modalità di chiusura di una partita, ma in linea di massima le situazioni principali sono quelle elencate.

Lo shōgi è un gioco da tavoliere altamente strategico, al pari degli scacchi, ma caratterizzato da un maggior numero di elementi e regole. Tutto questo lo rende più vario, ma anche più complicato e intriso di rituali che forse a noi occidentali possono sembrare artificiosi.

Ma se si riesce a fare uno scarto culturale e a calarsi nell’atmosfera del Giappone tradizionale, allora una partita di shōgi diventa un’esperienza affascinante per chiunque!

Immagine di testa screenshoot YouTube (Konjaku TV)