C’è un momento che racconta alla perfezione tutto ciò che Loris Karius ha vissuto, vive e probabilmente vivrà.
Non è direttamente legato a quella maledetta finale di Champions League. Non conta nulla il Liverpool: è il trauma del passato che bussa alla tua porta persino quando hai deciso di chiuderla a chiave, e per sempre.
Il giorno della sua presentazione all’Union Berlino, davanti a lui si era formato un semicerchio di giornalisti, rispettosi della distanza di sicurezza ma ansiosi di porre la grande domanda nel modo più diretto possibile.
Loris Karius ascoltava attentamente i suoi interlocutori in piedi sull’erba dell’An der Alten Försterei. Era il 13 ottobre del 2020, quando una sola frase è risuonata come un tuono.
“Hai superato la finale di Kiev o temi che quella notte sia incisa sulla tua lapide?”.
Quella finale maledetta tra Liverpool e Real
Chi c’era, racconta di un silenzio drammatico. Il nuovo portiere dell’Union Berlino aveva provato a rimanere impassibile. “L’ho superato molto tempo fa”, la risposta secca, netta, di sicuro già preparata.
Erano passati due anni dalla finale Real Madrid-Liverpool e le persone riunite intorno a lui volevano solo sapere se fosse riuscito a riprendersi da quella che percepivano come una sorta di malattia invalidante.
Del resto, era stata “soltanto” la prestazione più disastrosa di un portiere nella storia delle finali di Champions League. Una bizzarra successione di papere, iniziata al 51° minuto, quando ha praticamente passato la palla a Karim Benzema in area di rigore, in un modo così perfetto che il francese realizza l’1-0 senza muovere un passo.
La palla aveva semplicemente colpito il suo piede ed era volata in rete. Mezz’ora dopo, Bale calcia da 30 metri e il portiere intercetta la palla nell’unica maniera tale da lasciarla scorrere alle sue spalle. Quello del gallese è stato il 3-1 definitivo nella finale di Champions League tra Real Madrid e Liverpool.
Un incubo che ritorna
La domanda degli inviati allo stadio dell’Union Berlin era pertinente a ottobre 2020 e lo è ancora oggi, visto che il Liverpool – il club che tutt’ora paga lo stipendio milionario di Karius – affronta nuovamente il Madrid in un’altra finale di Champions League.
E per tanti mesi gli è sempre stata posta. E per tanti mesi Karius non ha risposto. Anche quando gli è stato chiesto di Ulm, del ruolo del portiere, del Mainz e di Jurgen Klopp, a un certo punto Karius si è rifiutato. Come se il suo mestiere lo spaventasse. Un sentimento del tutto ragionevole, data la situazione.
Karius non ha mai più giocato per il Liverpool. Nell’estate del 2018 il club lo cede in prestito al Besiktas, ma anche lì non riesce a essere protagonista di nulla, di rilevante ci saranno solo i fischi dei suoi tifosi – viene eliminato in coppa dall’Erzumspor dopo aver preso sei gol – e delle voci sulle sue “licenze” nella notte di Istanbul.
Nel 2020 il Besiktas lo ha lasciato andare con uno score di 95 gol subiti in 67 partite. Piuttosto che tornare a Liverpool per sedersi in panchina in attesa della scadenza del contratto nel giugno 2022, ha preferito andare in prestito a Berlino, dove vive la sua fidanzata, la meravigliosa star televisiva Sophia Thomalla.
Il giorno della sua presentazione a Berlino – dopo la domanda sull’epitaffio – ha annunciato che il suo obiettivo all’Union era quello di conquistarsi il ruolo da titolare. Ma Karius non ci è mai riuscito.
Quel ruolo è rimasto ad Andreas Luthe, un normalissimo portiere di 34 anni che ha trascorso metà della sua vita con il Bochum in seconda divisione e che in quella stagione era al debutto in Bundesliga. Emarginato alle serate di coppa, non ha avuto molto lavoro da fare: il Paderborn lo ha eliminato in un unico match, finito 2-3.
La difesa di Klopp
L’unico che ha mostrato interesse a rivisitare quel passato è stato Klopp. Secondo l’allenatore tedesco, è stato per suo volere che Karius si è sottoposto a un controllo neurologico dopo la finale di Kiev.
“Sei giorni dopo quella partita Loris aveva 26 indicatori su 30 di aver subito una lesione cerebrale traumatica”, le parole del tecnico nel 2018.
Klopp ha sempre sostenuto che gli errori commessi dal suo portiere erano seguiti a un’aggressione da parte di Sergio Ramos, che gli aveva rifilato una gomitata al 47° minuto. “Hanno buttato a terra il portiere con una gomitata come se si trattasse di wrestling e poi hanno vinto la partita”.
Karius fa trapelare di non essere contento delle accuse di Klopp. Il tedesco spera che il futuro gli riservi argomenti più onorevoli per difendere la grande causa della sua carriera, visto che il passato e il presente lo condannano.
Dato che il futuro non esiste al momento – Karius aspetta fuori rosa la scadenza di contratto – e che sta per compiere 29 anni, ci si chiede se il portiere sia ancora lì o se giaccia davvero sotto la lapide di Kiev.
Una risposta, prima o poi, arriverà.