Quando Lucio Dalla invocava l’extraterrestre affinché lo portasse via, probabilmente – da buon tifoso del Bologna qual era – non pensava alle criptovalute.
Battute a parte, il fenomeno cripto, che ha già e da un bel pezzo preso piede nel mondo dell’economia, si sta diffondendo a macchia d’olio sulla superfice del vecchio e caro football. Tutto sta, chiaramente, nel capire se questa diffusione assomigli più ad una malattia o alla cura della stessa.
L’impatto delle cripto nel calcio
Gian Luca Comandini, ad esempio, è convinto della seconda ipotesi. Comandini, classe ’90, è un po’ come il Giovan Battista delle criptovalute nel calcio in Italia. Sul tema, ha addirittura ottenuto una cattedra in una prestigiosa università di Milano.
Secondo Comandini, che ha lanciato l’esperimento delle criptovalute nella sua società il Vesta (2a categoria laziale), commentando i dubbi di uno dei massimi esperti di economia mondiale come Mario Draghi sulle criptovalute, ha detto: “Io credo sia un problema anagrafico. Oltre una certa età, chi ha lavorato nella finanza per tutta la vita non riesce ad accettare i bitcoin. Ma sono convinto che prima o poi farà un passo indietro e si ricrederà, o lui o chi verrà dopo di lui”.
Chi si è già deciso – oltre ogni vetusta opinione – ad investire sulle criptovalute è il calcio italiano. Juventus, Roma, Inter, a vario titolo, hanno già iniziato a lavorare coi fan token da un bel po’. L’ultima in ordine di tempo è stata la Lazio di Lotito con Binance. Cos’è però una criptovaluta? E come si conia – ah, ah, ah – al mondo del calcio?
Andiamo per gradi. Innanzitutto, è giusto chiedersi come mai, improvvisamente o quasi, si sia passati dalla derisione delle criptovalute alla loro venerazione – anche e soprattutto nel mondo del calcio. Il motivo è molto semplice: le criptovalute hanno riempito il vuoto lasciato dalle società di scommesse con l’entrata in vigore del c.d. ‘Decreto Dignità’ (2021) che ha imposto il divieto assoluto di pubblicità dei giochi con vincita in denaro, incluse chiaramente le sponsorizzazioni delle squadre di calcio.
Ma a livello materiale, cosa sono le criptovalute? Sono “bitcoin, sinonimo di criptovaluta, cioè asset di valore che possono essere scambiati sfruttando la tecnologia”, dice sempre Comandini. Eccolo il termine chiave: asset di valore. Un modo carino, profumato e anglofono (l’inglese abbellisce sempre tutto) di dire “il nulla materiale”.
Perché di questo stiamo parlando. Quando la Lazio ha chiesto ai tifosi di scegliere il colore dello sponsor Binance da mettere sulla maglia ufficiale di gara, lo ha fatto non con un sondaggio social ma con un basilare sistema di bitcoin: chi ne avesse acquistati di più, avrebbe avuto più voce in capitolo rispetto alla scelta del colore dello sponsor.
Detto altrimenti: il tifoso paga, ma il bitcoin in quanto tale non ha valore materiale. Il suo valore è ideale, digitale.
Gli accordi tra calcio e criptovalute
L’accordo che una società di calcio – o una lega calcistica, come la Liga e la stessa Serie A hanno fatto recentemente – sancisce con una di criptovalute consiste essenzialmente in un a) corrispettivo in parte fisso in parte variabile (da stabilirsi in base ai risultati sportivi raggiunti dal club, o dalla visibilità della lega) e b) in un accordo di licenza che consente al partner di creare e commercializzare in esclusiva sulla propria piattaforma dei (fan) token che fanno uso degli asset immateriali del club (logo e immagine della squadra, sponsor sulle maglie, etc.) prevedendo una revenue share sui proventi di vendita dei token del club.
Avete presente lo share televisivo, che in base alla percentuale moltiplica i guadagni sulle pubblicità? Ecco, è qualcosa di molto simile. Con una differenza sostanziale: che allo spettatore dello share interessa il giusto, mentre al tifoso detentore del token interessa e come sapere se e come ciò in cui ha investito frutterà o meno.
Attenzione perché questo è il punto decisivo – quello sul quale, per intenderci, Mario Draghi si concede di avere qualche dubbio di natura etica, prima che economica. Le caratteristiche e i contenuti dei token sono variabili, ma è legittimo chiedersi se essi non debbano essere configurati come strumenti finanziari.
Il mondo delle criptovalute è almeno assai grigio dal punto di vista normativo, e la sua trasparenza non è legge. Dunque non è norma. Dove vanno a finire i diritti dei consumatori, in una situazione così fluida? Bella domanda, soprattutto alla luce di alcuni inquietanti e recenti sviluppi.
Alcune bolle scoppiate
Alcune partnership sono state annunciate e immediatamente sospese.
Il caso più clamoroso è quello della società IQONIQ, già forte degli accordi con Liga, Formula 1 e alcune società di calcio in Europa. I token venduti dalla piattaforma sarebbero infatti piombati a valori irrisori e si parla addirittura di liquidazione della società.
Con IQONIQ hanno stretto partnership più o meno profonde Valencia, Crystal Palace, Monaco, Real Sociedad e AS Roma – la cui collaborazione era stata però già interrotta nel 2021.
Il problema, nato tra azienda e società sportiva, ha avuto forti ripercussioni sui tifosi – il valore dei token nei quali avevano infatti investito è sceso a valori irrisori.
La sola Real Sociedad sarebbe in attesa di pagamenti pari a 820 mila euro e situazioni simili sono ipotizzabili per altre società coinvolte. È una faglia, ma il terremoto è più materiale della sua causa (invisibile, come detto).
In un contesto storico nel quale il calcio è costretto a reinventarsi l’economia, il rischio è che la creatività faccia la fine di Talete: a forza di osservare il cielo, si è ritrovato in un pozzo.