L’espressione “poker americano” comprende una pluralità di giochi, riuniti all’interno di 4 grandi famiglie: quella del community card poker, dello stud, del draw e dei mixed games.
Questa è la teoria. In pratica, oggi poker americano significa solo una cosa: Texas Hold’em.
Eppure il “poker alla texana” non è stato il primo. Nemmeno in America, culla e patria del poker moderno, dove il Texas Hold’em ha iniziato a diffondersi all’inizio del ‘900, partendo dallo Stato che gli ha dato il nome.
Per almeno mezzo secolo, il TH è rimasto in scia allo Stud a 5 o 7 carte (il più praticato) e al Five Card Draw. Poi, verso la fine degli Sessanta, è arrivato il sorpasso.
Il merito è di un gruppo di professionisti texani – Doyle Brunson, Bryan Roberts, Jack Sraus, Crandell Addington, Amarillo Slim e Felton McCorquodale – che “esportano” il gioco a Las Vegas.
Il primo casinò ad ospitarli è il Golden Nugget gestito da Bill Boyd, uno dei migliori giocatori di 5 Card Stud di sempre. Nel giro di due anni il TH arriva al Dunes Hotel & Casino (oggi Bellagio) e da lì all’Horseshoe della famiglia Binion. E’ lì che il poker alla texana diventa la “Cadillac del poker” – la definizione è di Doyle Brunson – quando Benny Binion lo sceglie come evento principale delle World Series Of Poker.
Da lì in poi il Texas Hold’em non si è più fermato ed è diventato, anche grazie al boom dell’online, un fenomeno mondiale.
La prima tappa dopo il Nord America si chiama Europa.
Nel nostro continente il Texas Hold’em sbarca all’inizio degli anni ’80.
A voler essere precisi, più che continentale si tratta di uno sbarco insulare dal momento che il primo evento europeo di TH è organizzato a Dublino.
Si tratta dell’Irish Poker Open, voluto e organizzato da Terry Rogers. Soprannominato “minaccia rossa” per il temperamento focoso, Rogers è un bookmaker con la passione per il poker. A metà degli anni ’70 è infatti già un organizzatore di piccoli eventi di Five Card Draw all’Eccentric Club di Dublino, ma nel 1979 scopre il TH durante un viaggio di affari a Las Vegas.
Qui incontra i Binion e Doyle Brunson. Con quest’ultimo in particolare instaura un solido rapporto: Rogers fornisce buoni consigli e ottime quotazioni per le scommesse, Brunson gli spiega le potenzialità del Texas Hold’em. L’irlandese torna in patria affascinato dal nuovo gioco.
Nel 1980 nasce l’Irish Poker Open. La sede è sempre quella dell’Eccentric Club di Dublino, ma il field di giocatori ancora non c’è e così il torneo si gioca con il Five Card Stud. Curiosità: vince Colette Doherty che, grazie al primo premio, l’anno dopo vola a Las Vegas e diventa la prima donna europea iscritta al ME delle WSOP.
Un anno dopo, come anticipato, il TH fa il suo debutto torneistico in Europa. Rogers si inventa di tutto per attirare l’attenzione degli appassionati, non solo di quelli irlandesi. Il dato ufficiale sui partecipanti non è noto, ma di sicuro la voce di Rogers è arrivata oltreoceano: il vincitore è infatti lo statunitense Sean Kelly.
Nel 1982 va ancora meglio, perché alla casse si presentano Doyle Brunson e Thomas “Amarillo Slim” Preston. Nel 1983 dagli USA arrivano anche Stu Ungar, Walter Pearson, Tom McEvoy e David “Chip” Reese, a completare un field di 33 giocatori.
L’Irish Poker Open è quindi il più vecchio torneo di Texas Hold’em organizzato in Europa. Ad oggi vanta 38 edizioni, la 39a è in programma dal 13 al 18 aprile 2022, sempre a Dublino.
Terry Rogers è morto nel 1999.
Da Dublino all’Inghilterra il passo è breve. A compierlo per primo con in testa l’idea di diffondere il TH è Mick Cook, giocatore inglese di Stud e Five Card Draw. Cook, dopo aver partecipato ai primi eventi dell’Irish Poker Open, si innamora del gioco e organizza le prima partite di TH al Rainbow Casino di Birmingham.
Ma la Gran Bretagna verso la fine degli anni Settanta è già la capitale europea del gambling. Un Paese soprattutto di scommettitori, ma che di tanti appassionati di poker. E la “Cadillac” fa subito centro.
La passione per il TH dilaga e da Birmingham arriva velocemente a Londra. Le partite si giocano soprattutto al Victoria Casino e al Barracuda Club, dove però i giocatori preferiscono “andarci piano” e utilizzano l’half pot-limit: un sistema di puntata che prevede un rilancio massimo pari a metà del piatto.
Per il Texas Hold’em, adesso, l’ultimo passo da compiere è attraversare la Manica.
Secondo alcuni giocatori francesi, a metà degli anni ’80 Parigi conosce già il Texas Hold’em anche se lì viene chiamato Vegas, in riferimento alla provenienza americana. Non sia mai che ci sia un debito con la “perfida Albione”.
Tra i player transalpini di quel periodo c’è già un certo Bruno Fitoussi che una decina d’anno dopo diventerà un businessman del poker. Per Fitoussi, però, il merito di aver introdotto il TH in Francia spetta a Gérard Faray e Gilbert Gross.
Il primo è un dentista che si diletta con le partite di poker. E’ uno dei primi francesi che va all’estero per giocare: in occasione di alcune trasferte a Las Vegas e a Londra scopre il Texas Hold’em.
Gross invece è un magnate della pubblicità. Anche per Gross, però, galeotta è Las Vegas. Al suo ritorno in Francia inizia ad organizzare partite private a casa sua, dove invita i suoi amici americani: tra questi c’è Johnny Chan.
Ma l’attività pokeristica parigina di Faray e Gross rimane “sotto traccia” perché il gioco d’azzardo è legale solo all’interno dei casinò. In questo senso il ruolo di promoter francese del TH spetta a Fitoussi, forse il primo giocatore transalpino a farsi notare nei tornei live. Il suo primo ITM è datato 1991. Oggi, nonostante un’attività molto ridotta, il conteggio è arrivato a 82, per poco più di 3 milioni di dollari vinti.
Nel suo curriculum spiccano gli 8 tavoli finali alle WSOP. Uno di questi è il 2° posto nel World Championship HORSE del 2007: in quella occasione Bruno Fitoussi ha incassato $1.278.720.
Immagine di testa: Un tavolo dell’Irish Poker Open negli anni ’80. Terry Rogers è quello con il braccio alzato (credits Irish Poker Open)