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Ci sono boardgame in cui i pezzi hanno “un peso specifico”: da un lato servono per svolgere la partita, dall’altro hanno anche una finalità estetica e narrativa.

Il secondo elemento è quello che trasforma un bel gioco in un “evergreen”. Qualcosa, cioè, a cui si rimane legati nel tempo, non tanto (o non solo) per collezionismo, ma anche perché quei pezzi in legno/plastica o metallo consentono di immergersi nel gioco in maniera più personale.

Se ci pensate, questo non succede con gli scacchi. Esistono scacchiere arricchite da pezzi bellissimi e di alto valore, ai quali però è difficile affezionarsi perché non possiedono una loro identità specifica. Sono anonimi, servono per giocare o per essere collezionati.

Le miniature di altri giochi in scatola, invece, aiutano a creare storie e a spaziare con la fantasia. Parliamo dei boardgame di avventure e quella che segue è la storia della loro genesi.

I quattro eroi (ben dipinti) di HeroQuesto (credits Hasbro/Games Workshop)

Tutto inizia alla fine degli anni ’80, quando Stephen Baker ha l’idea per un nuovo gioco: si chiama HeroQuest. Lo propone a Milton Bradley, editore che vanta già titoli di grande successo quali Ghost Castle e l’Isola di Fuoco e che pochi anni prima è stato assorbito dal colosso Hasbro.

Il management di MB rimane colpito dall’idea di Baker, ritenendola piuttosto originale. In effetti HeroQuest propone un mix tra boardgame e gioco di ruolo. L’azione si svolge su una plancia, elemento tipico dei giochi in scatola, ma c’è anche un master stregone (Morcar nell’edizione europea, Zargon in quella americana) che gestisce l’avventura i cui protagonisti sono un barbaro, un nano, un elfo e un mago. E questi sono tutti ingredienti dei giochi di ruolo.

Inoltre la plancia di gioco di HeroQuest, con l’aggiunta di segnalini vari, riproduce un dungeon, cioè una delle location preferite dai master del role playing in stile fantasy. Ci sono i dadi per decidere l’esito delle azioni e lo scopo, esattamente come nelle saghe tolkeniane, è affrontare e sconfiggere le forze del Caos.

Insomma, il progetto è quasi completo. Manca però ancora una cosa: le miniature da muovere sulla plancia, che devono essere di buona fattura e in stile fantasy. Chi le può fornire?

Un nome c’è: si chiama Citadel Miniatures ed è un’azienda integrata all’interno di Games Workshop, il gigante dei wargame tridimensionali. Abbiamo raccontato la storia di GW e di Citadel in un precedente articolo che, se siete interessati, potete raggiungere da qui. Altrimenti facciamo un piccolo salto all’indietro nel tempo.

Giorno di inaugurazione del primo negozio GW, aprile 1978 (photo credits Ian Livingstone).

Alla fine degli anni ’80, Games Workshop è già un brand di giochi e di miniature conosciuto in tutto il mondo, grazie soprattutto ai due universi ludici creati a sostegno delle vendite: quello fantastico di Warhammer Fantasy (1983) e quello fantascientifico di Warhammer 40.000 (1987).

Nel 1983, però, l’azienda che ha sede a Nottingham sviluppa un boardgame che per certi aspetti può essere considerato un predecessore di HeroQuest. Si chiama Talisman: comprende una plancia, dadi, carte-personaggio con relative caratteristiche di gioco e tanta magia. Stranamente mancano le miniature di Warhammer: al loro posto ci sono ancora dei cartoncini raffiguranti i vari protagonisti del gioco.

L’occasione per mettere in campo un po’ di belle miniature in plastica arriva con HeroQuest.

Plancia di Talisman (credits Wikipedia)

HeroQuest esce in Europa e in Australia nel 1989, un anno dopo arriva nel contenente nordamericano. Nel ’90 esce già una seconda edizione europea e nel 1991 il gioco vince gli Origins Award come Best Graphic Presentation of a Boardgame.

Il segreto del suo successo è tanto semplice quanto all’avanguardia: è la “combo” tra gli elementi fisici/tattili del gioco in scatola, l’elemento strategico del boardgame e la narrazione/immedesimazione offerta dal gioco di ruolo. Senza dimenticare che è perfettamente in linea con il mercato di quegli anni, caratterizzato dal boom dei gdr e il crescente interesse per le miniature dei wargame.

Da lì in avanti è un susseguirsi di espansioni e nuove edizioni dotate di materiali sempre più raffinati e avventure diverse. L’elenco è lungo ma è riportato in un interessante articolo che trovate qui. L’ultima edizione, targata solo Hasbro, è datata 2021: molto bella dal punto di vista dei materiali ma segnata anche da un “autogol” aziendale. Hasbro Pulse ha realizzato il progetto finanziandolo con il crowdfunding: l’obiettivo (1 milione di dollari) è stato raggiunto in sole 24 ore senza però che gli appassionati di USA e Canada potessero investire. Comprensibile la rabbia dei nordamericani che si sono scatenati sui social contro l’azienda.

A parte questo contrattempo, HeroQuest rimane un gioco di grandissimo successo, capace di fare da apripista per altri altri progetti simili.

Plancia e materiali di HeroQuest (credits giochinscatola.it)

Fiutato il business, Games Workshop nel 1995 realizza un proprio boardgame fantasy, il primo di una lunga serie: Warhammer Quest. Come si può intuire dal titolo, le differenze principali con HeroQuest stanno nell’ambientazione che adesso diventa quella squisitamente tipica dell’universo fantasy GW e nell’avvicinamento alle meccaniche del wargame. Ques’ultimo aspetto è evidenziato dalla presenza di tante miniature: 80 già nella prima edizione.

Nel 2016, dopo la fine dell’universo di Warhammer, il gioco ha avuto due nuove edizioni: Warhammer Quest: Silver Tower (2016) e Warhammer Quest: Shadows Over Hammerhal. Nel titolo è rimasto la dicitura originale, ma ambientazione e materiali sono diventati quelli di Age of Sigmar.

Immagine credits boardgamegeek.com

L’ultimo capitolo di questo racconto riguarda invece la fantascienza. Parlando di Games Workshop abbiamo fatto riferimento a Warhammer 40K. In sintesi, si tratta della versione sci-fi del mondo fantasy con tanto di elfi a bordo di navicelle, orchi motorizzati, umani con cannoni e mitra. E molto altro ancora.

Nel 1990, sulla scia del successo di HeroQuest, MB e GW ne realizzano la versione futuristica: StarQuest. Il gioco è concepito in maniera simile al precedente, con la differenza che il master è un Alieno e al posto del dungeon c’è il relitto di un’astronave. I giocatori, all’interno delle corazze da Space Marines, devono portare a termine la missione assegnata dal gioco, passando attraverso le insidie rappresentate dagli alieni che si sono impadroniti del relitto.

StarQuest prende spunto non solo da WH40K ma anche da un altro boardgame targato GW: Space Hulk (1989).

StarQuest ha avuto un buon successo, anche se non pari a quello di HeroQuest. GW ha però abilmente sfruttato il visual di StarQuest per rendere WH40K ancora più famoso nel mondo.

La scatola del primo StarQuest (credits Hasbro/GW)

In tutto questo i videogame dove stanno? Ci sono anche quelli, niente paura. Infatti, tutti e tre questi giochi hanno avuto una versione digitale, più o meno riuscita.

Su HeroQuest Gremlins Interactive ha sviluppato nel 1991 un videogioco per Amiga e per diversi altri home computer dell’epoca. Lo stesso publisher ha realizzato un anno dopo anche il videogioco di StarQuest.

In tempi più recenti, precisamente nel 2013, Games Workshop ha lanciato per iOS il gioco di Warhammer Quest, grazie al publisher Rodeo Games.

Una schermata di HeroQuest per Amiga (credits maniac.it)

In conclusione possiamo dire che HeroQuest, StarQuest e Warhammer Quest sono stati i primi casi di unione tra gioco in scatola e gioco di ruolo. Esperimenti di grande successo che hanno dato impulso a un filone in continuo sviluppo.

Oggi ci sono giochi di avventure che possono vantare una qualità eccezionale, sia dal punto di vista dei materiali che di quello del background e dello storytelling. Pensiamo, solo per fare qualche esempio, a Il Signore degli Anelli: Viaggi nella Terra di Mezzo, Gloomhaven, Mage Knight e a quelli horror come Arkham, Descent e Case della Follia.

Quest’ultimo, tratto dai racconti di HP Lovencraft, rappresenta forse l’avanguardia dei giochi-avventura, grazie ad un innesto tecnologico adatto ai tempi: al posto del classico master c’è una raffinata intelligenza artificiale!

Immagine di testa: la prima scatola di HeroQuest (credits Hasbro/GW)