Le due partite europee da cui sono reduci Juventus e Atalanta indicano, senza rivelarlo fino in fondo, il quadro che è lecito aspettarsi dalla sfida di sabato sera.
È vero, come spesso ama ripetere Max Allegri, che «il calcio non è il gioco degli scacchi», e che ogni partita fa storia a sé – anzi, a dirla tutta, ogni partita ha più storie al suo interno – ma è altrettanto vero che quando i numeri sono così evidenti evitarne il verdetto equivale a bendarsi gli occhi. A Stamford Bridge, la Juve è stata travolta dalla furia blue degli uomini di Tuchel, avvoltoi su una preda già in stato cadaverico dall’inizio del secondo tempo. Il risultato, 4-0, è severo il giusto. Soprattutto, non è poi così sorprendente.
Differenze di ritmo
È proprio vero che la Serie A non è in linea con il livello europeo.
Qualche giorno fa la Juventus aveva vinto senza troppi patemi d’animo contro una Lazio sì mutila di Ciro Immobile ma totalmente incapace di offendere e di volere per 90’.
La Juventus nella sfida tra sarrismo e pragmatismo aveva trovato pan per i suoi denti. Le ripartenze fulminee di Chiesa, Kulusevski e Morata trovavano nei rimorchi di Rabiot e McKennie l’ingranaggio perfetto per sfiancare una Lazio spenta.
Contro il Chelsea Allegri ha provato a riproporre il copione, ma gli avversari erano di un lignaggio – neanche livello – estremamente più raffinato. È bastato un gol, quello di Chalobah, a spegnere le fiamme bianconere, così come era bastato un episodio contro la Lazio – il rigore di Cataldi su Morata trasformato da Bonucci – per mettere la partita in discesa.
Ecco, che la Juve si ricordi questo: l’Atalanta è più simile al Chelsea che ai biancocelesti. La squadra di Gasperini viene da un 3-3 spettacolare, sofferto e (questo sì) integralmente europeo contro lo Young Boys.
Il club svizzero, che non ha la qualità della Juventus, possiede però un dinamismo non paragonabile all’attuale della Vecchia Signora. I gialloneri andavano come schegge a Berna, e poco c’entra il campo sintetico – come Gasperini ha invece fatto notare – quanto l’abitudine alla corsa, alla lotta e al gioco verticale, offensivo, che contraddistingue quasi tutte le squadre che vanno a giocare la Champions. La Dea, che sa evidentemente come rispondere colpo su colpo alle sfuriate di un undici avversario, è riuscita a riprendere una partita che aveva quasi perso (3-2 al 90’) prima che il genio di Muriel – numero primo per eccellenza – scendesse in campo.
I numeri e i protagonisti annunciati
Qualche numero, allora. La Juventus ha ottenuto solo due successi nelle ultime nove sfide contro l’Atalanta dal 2017 in avanti, ma contro la Dea in casa i bianconeri non perdono da 24 partite.
Eppure quest’anno lo Stadium non è un fortino, tutt’altro, e l’Atalanta soprattutto ha imparato a vincere quasi sempre fuori casa. Sui 18 punti disponibili fuori casa in campionato, la formazione di Gasperini ha portato a casa 16 punti complessivi: 5 vittorie e 1 pareggio. Punti e soddisfazioni che indicano una controtendenza nel gioco di Gasp. Sottile, ma visibile, rispetto alle passate stagioni.
Anche alla luce dei tanti infortuni che hanno coinvolto la difesa della Dea, l’Atalanta quest’anno difende in modo diverso, leggermente più bassa. I duelli a tutto campo rimangono la prerogativa tattica dell’11 di Gasperini, ma il lavoro prima demandato ai tre centrali quest’anno – anche per le caratteristiche dei singoli – è richiesto soprattutto al trequartista e ai due centrocampisti centrali. Con De Roon dietro a coprire le assenze difensive dell’Atalanta, sono Freuler, Koopmeiners e Pasalic, o Malinovskyi, a fare questo lavoro.
Occhio al croato nato a Mainz in Germania. Per Pasalic, che sta vivendo una stagione da sogno, sono già quattro gol e sette (sic!) assist in Serie A.
I tre centrocampisti della Juventus Locatelli, McKennie e Rabiot, non arrivano insieme a queste cifre. Qualcosa vorrà pur dire, e allora noi puntiamo su Pasalic come match-winner, o quantomeno uomo-chiave, di questo Juventus-Atalanta.
E la Juve? Come se già non bastasse la mentalità attendista di Allegri, il 4-0 contro il Chelsea più che vendetta reclama ulteriore umiltà. Manca Danilo, e mancherà per un bel po’.
E allora via la difesa a 3 e dentro il 4-3-3. Sempre con Rabiot, Locatelli e McKennie in mezzo al campo – ma occhio al più guardingo Bentancur dal primo minuto al posto dell’americano.
Il vero dilemma rimane davanti. È tornato Dybala, e per assurdo è un problema. Come conciliare il 4-3-3 con Dybala e Morata? A meno che Allegri non stupisca tutti e torni al 4-2-3-1 osando qualcosa in più. Non sarebbe un’idea folle alla luce del fatto che – Berna docet – l’Atalanta sì gioca a ritmi forsennati ma lascia più di qualcosina dietro.
Nei bianconeri, a parte Dybala, occhio a Federico Chiesa. Nelle ultime quattro sfide casalinghe contro la Dea, ha segnato tre volte. Alla Juve mancano anche i suoi gol. Per Allegri saranno molto più che tre semplici punti. Anche se lui negherà.