Questa la strana, quasi kakfiana, benché in senso positivo, metamorfosi della pallavolo italiana, che poco più di 40 giorni dopo il fragoroso doppio flop all’Olimpiade si ritrova quasi senza accorgersene sul tetto dell’Europa. Con le donne e con gli uomini.
Si badi bene, tuttavia, che “quasi senza accorgersene” non significa né che i trionfi delle ragazze di Mazzanti e dei ragazzi di De Giorgi sia stato immeritato o peggio ancora figlio del caso.
Tanto Paola Egonu e compagne quanto Sandro Michieletto e gli altri ragazzi terribili azzurri hanno vinto il titolo europeo con pieno merito, seppur dopo percorsi differenti. E dopo che i due tornei erano iniziati con aspettative molto diverse.
La redenzione europea dopo le delusioni olimpiche
Pur senza dichiararlo apertamente, infatti, le donne erano partite per la missione continentale con la voglia di prendersi una rivincita dopo quel blackout a Tokyo iniziato nella penultima partita del girone, persa contro una Cina già eliminata. In quella mattina giapponese nel gruppo azzurro si spense la luce che non si sarebbe più riaccesa nelle gare contro Stati Uniti e soprattutto Serbia, che ebbe vita troppo facile nel quarto di finale.
Che fosse stata colpa di un pizzico di superficialità o di presunzione o di qualche scelta errata del ct poco importa, fatto sta che nelle settimane successive tecnico e giocatrici hanno fatto ciò che si deve nello sport, ovvero imparare dalle sconfitte e trasformare la delusione in energia positiva.
Completamente diversi i presupposti dell’Italvolley maschile, che si era presentata ad Euro 2021 con tutti i dubbi di un ciclo che stava iniziando, a livello di giocatori e di guida tecnica.
L’eliminazione ai quarti a Tokyo contro l’Argentina, seppur amara e forse evitabile, non aveva infatti sorpreso più di tanto, segnando la fine di un ciclo poco fortunato a livello di vittorie, ma comunque positivo, con l’argento di Rio 2016 come risultato più significativo.
Ciò che è riuscito a fare Fefè De Giorgi nelle poche settimane di raduno ha del miracoloso e si iscrive di diritto tra le pagine più belle della storia recente dello sport italiano, degna conclusione di un’estate che va a concludersi anche dal punto di vista meteorologico.
Il miracolo dei ragazzi di De Giorgi
Il cammino dell’Italia all’Europeo è stato esaltante e inaspettato, figlio come dichiarato dallo stesso ct di quel mix di qualità storiche che non sono mai mancate nei grandi trionfi dello sport azzurro, non ultimo quello dell’Italia del calcio ad Euro 2020.
Ovvero la capacità di fare gruppo, di superare le difficoltà grazie al contributo delle stelle e di chi ha giocato meno e di conseguenza l’orgoglio di dimostrare che spesso la somma delle qualità umane dei singoli giocatori può andare oltre i valori tecnici.
Perché pur in un momento di trapasso della pallavolo maschile a livello europeo e mondiale è chiaro che l’Italia non è adesso la squadra più forte forse neppure del continente, ma è quella che ha saputo fare gruppo ed esprimere il gioco più moderno ed efficace in un torneo infido, magari non di contenuti tecnici particolarmente elevati, ma nel quale è stato fondamentale tenere sempre alta la concentrazione ed essere allenati bene viste le tante partite, ben nove, giocate nello spazio di appena 16 giorni.
Dopo aver passeggiato nel girone, nell’ottavo di finale contro la Lettonia e nel quarto contro la Germania, la semifinale con la Serbia campione in carica ha fatto capire a De Giorgi e a tutti gli addetti ai lavori che il lavoro era quasi compiuto.
La finalissima contro la Slovenia è stata una partita epica, nella quale l’Italia ha saputo reagire alle prime difficoltà tecniche incontrate nella manifestazione, a muro e nel contrattacco, viste nel primo e nel terzo set, trovando le energie per rimontare e per imporsi al tie break contro un avversario che nel girone era stato distrutto per 3-0 e che si è arreso alla maledizione che l’ha vista chiudere al secondo posto tre delle ultime edizioni dell’Europeo.
Capitan Giannelli regista, Pinali opposto, Michieletto e Lavia schiacciatori, Anzani e Galassi centrali e Balaso libero: è questa la formazione che gli appassionati italiani di pallavolo e in generale tutti gli sportivi rimasti attaccati alla tv per guardare l’escalation delle prestazioni dell’Italia manderanno a memoria.
Un gruppo dall’età media bassissima (24 anni con 9 esordienti in questa competizione), ma del quale hanno fatto parte altri giocatori simbolo, semplicemente meno impegnati, come il figlio d’arte Francesco Recine, come Fabio Ricci, citato dallo stesso De Giorgi al termine della finale vinta, o come Yuri Romanò, forse il simbolo della fame avuta da tutta la squadra e del coraggio dello stesso ct, se è vero che l’opposto brianzolo, decisivo nel quarto set della finale, è riuscito a vincere l’Europeo prima ancora di debuttare in Superlega, cosa che farà a breve con Milano che l’ha prelevato in estate da Siena.
Insomma, i tempi della Generazione dei Fenomeni di Julio Velasco è lontano e forse irripetibile, ma si può vincere anche senza essere nati campioni.
Perché tra i convocati dell’Italia ci sono solo un paio di giocatori destinati a diventare sicuri fuoriclasse, Daniele Lavia e soprattutto Alessandro Michieletto, al quale è bastata una sola stagione tra i grandi in campionato per meritarsi la chiamata all’Olimpiade dove ha fatto le prove generali in vista dell’Europeo, dove è stato leader e trascinatore a livello tecnico, forte della propria completezza, quella di un giocatore di 209 cm, ma nato libero (quando era qualche centimetro più basso…) e quindi semplicemente capace di fare tutto, difendere e attaccare.
Per il resto ci sono tanti grandi giocatori diventati campioni d’Europa grazie al carattere e all’umiltà di non dare mai nulla per scontato.
La pallavolo italiana è ufficialmente rinata.
Tra qualche anno, quando i successi torneranno a fioccare, ricordiamoci di chi ne ha avuto il merito.
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