Era l’anno zero. Le più classiche bonifiche. Dopo un ciclo che si era aperto con la Serie B e la chiusura dei fatti di Calciopoli, la Juventus era pronta a inaugurare una nuova tendenza, a mettere gli ultimi paletti all’Allianz Stadium e finalmente a entrare in una nuova era.
L’aveva voluta l’Avvocato con il progetto della zona Continassa, l’avrebbe portata a termine suo nipote, Andrea Agnelli, con John Elkann a capo della Famiglia così come da sua volontà. Quando AA entrò per la prima volta da Presidente negli uffici di Corso Galileo Ferraris, cuore nobile di Torino, per prima cosa decise di accerchiarsi di figure che conoscessero come le proprie tasche il mondo della Serie A. Che è diverso dal mondo del calcio.
Agnelli optò per Beppe Marotta, una vita sui campi e in quel momento la grande fortuna della Sampdoria di Garrone, che a sua volta decise di portare con sé Fabio Paratici come principale talent scout e direttore sportivo. Diventarono una triade. Una nuova triade. Al centro, il giovane e rampante numero uno, con un cognome pesante; alla destra uno squalo navigato del settore italiano; alla sinistra, uno dei migliori conoscitori di talenti che il panorama calcistico potesse offrire. Il primo passo? Fu traslare quel bel progetto Samp alla Juventus. Marotta decise di andare sul sicuro.
La scelta Delneri
La scelta facile era Delneri. Ex centrocampista di squadre di media classifica, una gavetta incredibile tra i dilettanti e i professionisti. Un primo bagno di folla già a Roma, nel 2004, pochissimo tempo dopo i fasti di Fabio Capello (arrivò da subentrato, non finì la stagione). Era salito alla ribalta agli inizi del Duemila, era suo e soprattutto suo il Miracolo Chievo. Proviamo a spiegare: nel 2000 gli viene affidato il Chievo Verona, un piccolo borgo veronese che ha la grande occasione di giocare in Serie B. Al primo anno, arriva terzo in campionato e nello stupore generale porta i gialloblù nella massima serie. Non solo raggiunge il nirvana, poi lo supera: nel girone d’andata della stagione inaugurale di A, è la capolista della prima parte di campionato, chiudendo subito al quinto posto e quindi in Coppa Uefa. Fino al 2004, terrà il Chievo nella parte sinistra della classifica.
La Juve era la grande occasione: nel mentre aveva fallito col Porto (durato solo qualche giorno) e appunto con la Roma. Ma la Juve arrivava nel momento giusto, forse il migliore. Nel 2009 Delneri era stato ingaggiato dalla Sampdoria: aveva iniziato alla grande, il grande merito era stato quello di aver riportato in auge un talento meraviglioso come Antonio Cassano, che lo trascina al primo anno fino a un incredibile quarto posto. Che vuol dire preliminari di Champions League. Che vuol dire Delneri nuovamente un asso della panchina.
Lo scotto dello scatto – e perdonerete il gioco di parole – verso una piazza più importante sembrava superato. Per questo il 19 maggio del 2010 firma un biennale con la Juventus, reduce da un settimo posto e dall’avvicendamento tra Ferrara e Zaccheroni.
Il mercato è faraonico, e Marotta era un’assicurazione sul rendimento. Via Camoranesi e Trezeguet, epurati Diego e Poulsen; arriva Storari da dodicesimo, il promettente Bonucci e come regista Aquilani. La Juve si fida a tal punto del suo 4-4-2 che va a prendergli due nomi importanti: Krasic dal CSKA e Simone Pepe dall’Udinese e già parecchio in Nazionale. In attacco il colpo è Quagliarella.
La stagione maledetta
L’annata inizia subito: c’è l’Europa League da affrontare e pure dai preliminari. La Juve passa contro lo Shamrock Rovers, va avanti ai playoff contro lo Sturm Graz e arriva ai gironi. Ma nelle prime quattro di campionato, l’unica vittoria è sul campo dell’Udinese. Iniziano i primi problemi. E la pressione si fa insostenibile, anche in virtù dei risultati successivi in Coppa Uefa: pareggia tutti gli incontri del Gruppo A, fuori subito alla fase a gironi.
C’è in realtà una data che cambia le carte in tavola, per la Juve e per Delneri, comunque per il destino di entrambi. È il 6 gennaio del 2011: i bianconeri perdono malamente contro il Parma in casa (1-4) e per Quagliarella arriva un infortunio bruttissimo al ginocchio. Fino a quel momento, l’attaccante napoletano era stato il vero trascinatore della squadra, più di Del Piero e più di Amauri. Fuori dalla Coppa Italia e ormai lontanissima dalla zona scudetto, a febbraio vince contro l’Inter e poi perde contro Lecce, Bologna e Milan, più un pari con il Cesena. Anche il quarto posto si allontana.
Fiorentina e Catania, con cui la Juve si limita al punto (e con i siciliani spreca un doppio vantaggio), portano la Juve a maturare la decisione di allontanare Delneri, che non riesce a riportare la squadra neanche in Europa League.
Nessuno poteva mai immaginare: quella squadra, puntellata e non poco, stava per inaugurare un periodo di 9 anni di dominio assoluto.