L’Inter si presenta ai nastri di partenza della Champions League come ultima squadra italiana ad aver conquistato la Coppa dalle grandi orecchie.
I nerazzurri vantano una ricca storia nella massima competizione internazionale, una storia che ha raggiunto vette celestiali ma anche abissi vergognosi.
La Grande Inter e le luci a San Siro
I primi approcci interisti alla Coppa dei Campioni sono tra i migliori ricordi dei tifosi nerazzurri: stiamo parlando dell’Inter di Angelo Moratti e allenata da Helenio Herrera, quella Grande Inter la cui formazione è un mantra ripetuto a memoria da generazioni intere di interisti: Sarti-Burgnich-Facchetti-Bedin-Guarneri-Picchi-Jair-Domenghini-Mazzola-Suarez-Corso, recitata così, tutta d’un fiato, rigorosamente in ordine di numero dall’1 all’11.
Questa squadra conquistò due Coppe dei Campioni consecutive, alle prime due apparizioni dei nerazzurri nella competizione, sconfiggendo il Real Madrid nel 1964, in un’epica finale giocata a Vienna, e il Benfica di Eusebio, che iniziava a credere alla maledizione di Bela Guttman, nel 1965, in una finale giocata a Milano e omaggiata dalla canzone Luci a San Siro di Roberto Vecchioni.
Negli anni immediatamente successivi questa Inter non riuscì a conquistare nuovamente la Coppa, ma ottenne comunque ottimi risultati, arrivando in semifinale, eliminata dal Real Madrid nel 1966, e giocando una terza finale, venendo questa volta sconfitta dal Celtic di Glasgow nel 1967.
Il canto del cigno di quella che ormai non era più la Grande Inter del decennio precedente fu la finale persa nel 1972 contro il rivoluzionario Ajax di Johan Cruijff.
Gli anni di passaggio
I nerazzurri tornarono nella massima competizione europea nell’edizione 80/81, riuscendo a farsi strada fino alle semifinali e venendo eliminati ancora una volta dal Real Madrid.
Nella stagione 89/90 invece, l’Inter che vantava uno scudetto vinto abbattendo record su record, venne clamorosamente eliminata dagli svedesi del Malmo (allena da Roy Hodgson…) al primo turno della manifestazione.
Gli anni 2000 e le cocenti delusioni
Con la riforma della Coppa dei Campioni e la trasformazione in Champions League, con conseguente aumento delle squadre partecipanti, la presenza dei nerazzurri divenne più regolare.
Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del nuovo secolo la Champions League è diventato il palcoscenico principale per le maggiori squadre europee, teatro di sfide epiche ma anche di disfatte clamorose.
A fianco di imprese epiche come la vittoria contro il Real Madrid durante la fase a gironi nel 1998 firmata da un Roberto Baggio in vena di magie, oppure l’epica resistenza nei quarti di finale a Valencia nell’edizione 02/03, si registrano sconfitte umilianti, come l’eliminazione per mano degli svedesi dell’Helsingborg nei preliminari nell’estate del 2000, oppure l’eliminazione dalla fase a gironi 03/04 dopo aver incassato un umiliante 1-5 in casa per mano dell’Arsenal.
Le ferite più dolorose però riguardano i due derby giocati in Champions League contro il Milan. La prima volta, nell’edizione 02/03, la stracittadina milanese avrebbe deciso quale squadra sarebbe andata a giocare la finale a Manchester, una finale che sarebbe stata tutta italiana, visto che nell’altra semifinale la Juventus nel frattempo avrebbe eliminato il Real Madrid.
Il doppio confronto terminò con due pareggi, che paradossalmente costarono ai nerazzurri l’eliminazione per la regola del gol “in trasferta”.
Due anni più tardi le due squadre milanesi si affrontarono nuovamente ai quarti di finale, ma questa volta, dopo il perentorio 2-0 subito per mano dei rossoneri all’andata, durante la partita di ritorno si consumò una delle pagine più vergognose della storia del tifo nerazzurro.
In seguito al gol del vantaggio del Milan firmato da Shevchenko, i tifosi nerazzurri fecero partire una pioggia di fumogeni dagli spalti, rendendo la partita di fatto ingiocabile e colpendo il portiere milanista Dida alla testa con un candelotto. La partita fu sospesa e il Milan passò con il 3-0 a tavolino.
L’impresa del Triplete
Negli anni successivi a Calciopoli l’Inter di Roberto Mancini divenne la principale potenza calcistica italiana, ma la cosa non si riflesse in Champions League dove al massimo i nerazzurri arrivarono ai quarti di finale nel 2006, venendo sconfitti dal Villareal in un’edizione che avrebbe visto poi il Barcellona di Ronaldinho alzare la coppa contro l’Arsenal di Titì Henry.
La vera svolta arrivò con l’ingaggio di José Mourinho, l’allenatore portoghese già capace di vincere in rapida successione Coppa Uefa e Champions League alla guida del Porto e campione d’Inghilterra con il Chelsea.
Dopo il primo anno, in cui vinse lo scudetto ma venne eliminato dal Manchester United agli ottavi di Champions League, Mourinho chiese e ottenne dal presidente Massimo Moratti gli uomini giusti per puntare alla vittoria europea: il Principe Diego Milito in attacco, il trequartista olandese Wesley Snejder, il difensore brasiliano Lucio, Samuel Eto’o in sostituzione di Zlatan Ibrahimovic e, a gennaio, l’innesto di Goran Pandev.
La squadra nerazzurra, dopo un inizio stentato nel girone, iniziò a macinare successi in sequenza, eliminando anche il Chelsea, in una gara ricchissima di significato per Mourinho, e soprattutto il Barcellona di Pep Guardiola, la squadra più forte del mondo in quel momento, in semifinale, dopo una splendida vittoria per 3-1 a Milano e una strenue resistenza a Barcellona, sconfitti per 1-0 con un uomo in meno per la gran parte del match.
Nei giorni che portavano verso la finale di Madrid, in cui avrebbero affrontato il Bayern Monaco, i nerazzurri vinsero anche la Coppa Italia e lo Scudetto, diventando così la prima squadra italiana ad avere la possibilità di conquistare uno storico Triplete. La doppietta di Diego Milito contro i bavaresi suggellò questo incredibile traguardo, facendo entrare di diritto il Principe del gol nei cuori dei tifosi interisti a fianco di Mazzola, Suares e Corso.
Il post-Triplete all’insegna del ridimensionamento
Passati i festeggiamenti per il Triplete, sono arrivati tempi di magra per l’Inter: il presidente Moratti si è sfilato dalla società, cedendola dapprima all’indonesiano Erik Thohir e quindi al gruppo cinese Suning, passando attraverso un programma di ridimensionamento dei costi che solo nell’ultima stagione ha dato frutti dal punto di vista sportivo.
In Champions League l’Inter ha raggiunto i quarti di finali nelle stagioni 10/11 e 11/12, per poi mancare la qualificazione fino al 2018. Nelle ultime tre edizioni però la squadra nerazzurra non è mai riuscita a superare la fase a gironi, arrivando sempre al terzo o all’ultimo posto.