C’era molto interesse e curiosità rispetto alla prima partita ufficiale del nuovo Barcellona di Ronald Koeman all’indomani della clamorosa uscita dai ranghi di Leo Messi.
Il test, che faceva capo alla prima giornata della Liga, seppur non proibitivo, era utile per capire come alcuni degli uomini chiave dell’allenatore olandese, si sarebbero divisi il campo alla luce dell’assenza della pulce argentina, che si sta allenando proprio in queste ore in vista dell’esordio con la sua nuova squadra, il Paris Saint Germain.
Andiamo a vedere nel dettaglio cosa è successo al Camp Nou.
Test non proibitivo
Intanto da mettere subito in evidenza la non esattamente strenua resistenza degli avversari di turno, la Real Sociedad, una squadra che proverà a rendere le cose difficili ai team più titolati ed attrezzati, ma che mira ad un campionato tranquillo, che difficilmente terminerà con lo stesso risultato finale del precedente, quando gli uomini di Imanol Alguacil furono una delle sorprese del torneo, allorché chiusero al quinto posto centrando un piazzamento in Europa League.
Cominciamo col dire che il Barcellona non ha steccato la prima, tutt’altro.
Nonostante una parte finale durante la quale un leggero calo di concentrazione dei Blaugrana ha permesso ai Baschi di accorciare le distanze prima e portarsi a un solo gol di distanza poi, spaventando i tifosi presenti al Camp Nou, la prova del Barcellona è stata piuttosto convincente.
Il 4-2 finale non rende sufficiente merito ai catalani autori di una partita sontuosa fino al minuto 80, quando, avanti 3-0, prima una rete del promettentissimo gioiellino Lobete lanciato da un perfetto assist di Barrenetxea, poi un mirabile calcio di punizione dal limite di Oyarzabal, hanno rischiato di far crollare un palco praticamente perfetto, originato da meccanismi oliati, campioni pronti a dare tutto per la causa e giocate al tempo stesso efficaci e spettacolari.
Assenti/Presenti
Nonostante la partenza di Messi, Koeman dispone di una rosa che, checché se ne dica è variata, certo, ma non è stata rivoluzionata rispetto all’anno passato, anzi, un paio di innesti sembrano possedere i crismi della perfezione.
Le assenze di Aguero, Dembele, Ansu Fati, Oscar Mingueza e del portiere Ter Stegen, potevano far presagire qualche grattacapo in più, non tanto per il tasso tecnico dell’undici di partenza, visto che il talento è una cosa che di certo non difetta in casa blaugrana, quanto per la tenuta fisica che, all’inizio di un campionato e di una stagione che quest’anno ha conosciuto poche, pochissime soste, avrebbe potuto rappresentare un pericolo.
E probabilmente così è stato, visto le defaillance dell’ultimo quarto d’ora.
La difesa titolare
Neto ha risposto presente in più di un’occasione, ma se poco ha potuto fare dopo il primo gol basco, probabilmente qualche responsabilità in più rimane sulla, seppur magistrale, punizione calciata da Oyarzabal.
La difesa a 4 con la quale si è presentato il Barcellona, ha due instancabili motorini sugli esterni, Jordi Alba e lo statunitense Sergino Dest, quest’ultimo molto attivo sulla destra.
Al centro Garcia e Piquè hanno giocato una partita senza sbavature, condita anche dal gol segnato dalla bandiera catalana, alla sua 14esima stagione.
Ha fatto scalpore la riduzione dell’ingaggio dello stesso Piquè, per permettere ad altri giocatori, segnatamente Depay, Garcia e Manaj di partecipare allo scorcio iniziale della stagione.
Il bacio allo stemma dopo il gol di testa che ha aperto le danze, non è un gesto messo lì a caso, ma un monito lanciato a tutti i compagni e ai tifosi, una sorta di riedizione del più famoso “Esto es un equipo”, di uno degli ex giocatori più rappresentativi del Barça, Puyol.
Per i due centrali praticamente nessun errore in fase di impostazione della manovra e un 4 su 4 sui contrasti aerei, a dimostrazione del fatto che quest’anno sarà difficile fare goal di testa al Barcellona.
I due esterni hanno macinato tanti kilometri sulle rispettive corsie, concedendosi minori occasioni nel convergere verso il centro. Da sottolineare una maggiore propulsione avanzata di Alba, decisamente in palla in questo inizio di stagione.
Il centrocampo intercambiabile
In relazione alla mancanza di Messi, salta subito all’occhio un dato: non essendoci più un solo giocatore che ha limitati compiti tattici per ovvi motivi di classe e capacità di trovare una posizione consona a costruire e/o concludere qualsivoglia azione di gioco, non sono pochi i giocatori che nella serata di ieri hanno goduto dell’intercambiabilità tanto cara alla scuola olandese.
È il caso ad esempio di Griezmann che se è vero come è vero che ha provato a giocare da falsa mezz’ala partendo dal centro destra e, per questo motivo, facendo rifiatare spesso lo stesso Dest in quella zona del campo, è altrettanto palese che, dando uno sguardo alla map della partita, il francese non si è risparmiato, più o meno come ha fatto in nazionale agli europei.
L’altro folletto del reparto avanzato del Barcellona, è stato Depay, il vero nuovo acquisto, che potrebbe dare quel tocco di classe in più là davanti.
Non c’è una porzione di campo che Depay abbia solcato più di altre, anche se più di un giornale spagnolo ce lo aveva anticipato come punta centrale. Alzi la mano chi ha pensato a Depay come terminale offensivo nella partita di ieri.
A fare da perfetto metronomo nella dorsale verticale del campo, è invece stato l’insostituibile Sergio Busquets, colui che ha effettuato il maggior numero di passaggi, ben 48, dell’intera squadra, se si eccettuano i due centrali e Alba, dai quali partono spesso le azioni dal basso.
Di questi, ben 43 sono stati recapitati in maniera perfetta ai propri compagni, non un numero da sottovalutare, se si pensa al 4-2-3-1 con cui l’allenatore della Real Sociedad ha messo in campo la propria squadra provando a presidiare il centrocampo con uno e qualche volta due uomini in più, sacrificando così buona parte del peso offensivo.
Buona anche la partita di Pedri, che ha provato a fare lo stesso lavoro di Griezmann, ma a sinistra, una soluzione tattica che fa pensare ad un Barcellona più equilibrato e meno basato sulla tecnica, comunque straripante, dei singoli.
O forse dell’ex singolo…
L’uomo partita
Letale, cecchino d’area e divino portatore d’acqua che ogni allenatore vorrebbe nella propria rosa.
Il lavoro di Martin Braithwaite è stato prima oscuro, poi fin troppo appariscente, visto che i suoi due gol e il suo assist hanno messo sui binari giusti una partita che poteva presentare delle insidie.
L’europeo con la Danimarca ce lo aveva lasciato in grande spolvero, ma la partita di ieri ha probabilmente segnato la vera dimensione di un giocatore fin troppo chiuso negli anni precedenti, che quest’anno potrà dire la sua anche e soprattutto quando la stagione si farà densa di impegni e torneranno tutti gli acciaccati.
A costo di ripetermi, anche in questo caso le zone del campo sono state occupate dal protagonista in maniera eterogenea, un connubio di un’orchestra che ieri è parsa quasi perfetta, visto che non è esattamente semplice uscire dalla Messi-dipendenza.
Lo si vede dal gol della staffa, il fantastico contropiede condotto prima da Griezmann, al quale tutti noi abbiamo urlato “ma che fai, lancia Sergi Roberto a sinistra, non lo vedi che è solo?”. E invece no, palla perfetta al danese, a tagliare fuori il difensore sinistro, cross forte, basso e teso e Sergi Roberto, ora sì, pronto a chiudere la partita.
Se si esclude la distrazione dell’ultimo quarto d’ora di cui vi ho parlato in apertura, che ombre vuoi trovare a questo Barcellona dopo la prima uscita?
Attendiamo le prossime…