Si può essere così. Così forti. Così d’esempio. Così tanto tempo sulla cresta dell’onda. Quando si gioca Juve-Inter c’è un pezzo di storia del calcio italiano che si stacca e lentamente sfoglia tra l’archivio più lungo del mondo.
Foglio dopo foglio c’è la vita di tutti noi e noi dentro la vita di Juve-Inter. Dov’eravate quando Marchisio superava in slalom Julio Cesar? Quando el Jardinero Cruz la piazzava di prepotenza alle spalle di Buffon? E l’ultimo gol di Del Piero? E il destro da fuori di Maicon?
Fioccano i ricordi e fioccano con trasporto. Perché Juve-Inter, o Inter-Juve, o Juventus-Internazionale è una partita che porta dietro di sé, ben annodata, un trasporto eccezionale e una rivalità quasi senza eguali. Anche negli ultimi anni è stata La partita. Ma lo è stata anche quando Juve o Inter veleggiavano a metà classifica, in attesa di un vento che cambiasse e di una nuova opportunità per lasciare una traccia positiva in quell’archivio infinito.
Il Derby d’Italia
Sono le squadre che hanno vinto più titoli in Italia. Più scudetti. Già questo basterebbe a dare un sentimento alla partita, a lasciare che il passato ingombrantissimo parli per loro. Mettiamoci anche un nome particolare, che fa tutta la differenza del mondo e sa aggiustare i battiti come nessuno. Dalla penna, e mente, di Gianni Brera arrivò il termine “Derby d’Italia”. Il significato si coglie in un attimo, anche se quell’attimo era cristallizzato in un tardo pomeriggio, inizio serata del 1967, mentre si picchiava forte sulla tastiera della macchina da scrivere e un giornale veniva confezionato parola dopo parola. Ecco, quelle due parole, due e mezzo, furono un’eredità pesantissima per tutti.
Brera le scrisse quando Juve e Inter erano già le squadre più forti del campionato, stellate di una decade di vittoria. Tutto ciò aveva contribuito a una rivalità accesa, forte, ogni volta con toni profondamente appesantiti dal quotidiano. Il giornalista non capiva: era un derby senza vincoli parentali, come poteva? E allora, tra Torino e Milano ci finì di mezzo l’Italia. Anche qui: il maggior numero di tifosi, insieme al Milan, ce l’hanno proprio loro. Ed è una partita che unisce e divide, allo stesso modo e allo stesso tempo, la Valle d’Aosta e la Sicilia. Molto più di Garibaldi.
Insomma, cento e più anni a darsi battaglia dovevano pur lasciare una traccia, un ricordo, un messaggio per il futuro. L’hanno fatto, eccome, persino con interessi e senza tralasciare amori folli e tradimenti, litigi furiosi e aiuti sul mercato. Come chi si conosce da una vita eppure mantiene la distanza tipica dell’avversario: senza mai abbassare la guardia, nel tempo è cresciuto un rispetto importante, a metà tra il timore e la voglia di rivalsa.
Le partite più belle
Ora: immaginate un arco temporale di 112 anni. E immaginate due o più partite all’anno. Inter e Juve, separate solo dall’anno dei bianconeri in B nel 2006-2007, si sono incontrate sempre, comunque, ovunque. E l’hanno fatto in qualsiasi momento della loro esistenza: quando tutto andava bene, quando tutto andava male, quando certamente le cose avrebbero potuto prendere una piega diversa, drasticamente o leggermente. Quante partite meravigliose ci sono state? Incalcolabili. Ma alcune hanno proprio uno spot, un angolo di paradiso, che irrompe nella memoria.
La prima nel 1909
Partiamo dalle basi: 1909, Torino, la prima vittoria juventina. I bianconeri battono i nerazzurri – che si rifaranno nel match di ritorno – per 2-0: è l’anno di una squadra profonda e profondamente diversa. L’anno del primo scudetto, nel dodicesimo anno di vita del club. Inizia esattamente lì il rispetto, poi tramutato in rivalità, che le parti conserveranno per tutta una vita: quella Juve era quasi imbattibile, a sconfiggerla ci riuscì una società neonata e tutta ancora da fare.
Il 9-1 e lo scudetto
Ah, non credete che le polemiche siano storie di oggi. Sono tutta una vita di proteste, mancanze, ancora proteste, rigori non visti, dietrologia e nuovamente proteste. Stagione 1960-61: la Juve e l’Inter si giocano il primato in campionato. Ci si gioca tutto a Torino, dove il Combi viene preso d’assalto: ci sono tifosi anche a bordocampo, il clima è infuocato.
Al termine della gara, i nerazzurri fanno ricorso e ottengono la vittoria a tavolino. Umberto Agnelli, presidente di Juve e allora anche della FIGC, presenta ricorso e ottiene la possibilità di rigiocare, scatenando la furia degli interisti. Nell’ultima gara, in segno di protesta, i nerazzurri schierano la formazione giovanile. Perdendo scudetto e match per 9-1.
Ricordate Ronaldo-Iuliano?
Avanti veloce. Fino al 1998. Le due squadre tornano a lottare per lo scudetto e Gigi Simoni ha l’asso a ogni dribbling: lo cala e vince, inutile star lì a pensare. Quel Fenomeno di Ronaldo è un diavolo a tre teste: sa come tentare, sa come superare, sa come segnare. Come si ferma? Con le cattive. Forse troppo, di sicuro non per l’arbitro, che non fischia un contatto dubbio tra Iuliano e l’attaccante brasiliano. La Juve vincerà quella partita del “delle Alpi”, ipotecando il trionfo finale.
Lo Stadium violato
Dal 2003-2004 in poi, l’Inter tiene a bada la Juve, ma la vittoria più goduriosa arriverà certamente nel novembre 2012. Dopo il ritorno allo scudetto nel 2012 per la Juventus dopo un’assenza quasi decennale e dopo averlo fatto da imbattuta in campionato, l’Inter arriverà a violare – la prima a farlo, 1-3 il risultato finale – il nuovo fortino chiamato Juventus Stadium. Lo farà con Stramaccioni. Soprattutto con Diego Milito: per sempre l’eroe di Madrid, per una notte anche di Torino.
Higuain e le polemiche
Mai vista la Juve così. Così in difficoltà nell’ultimo decennio come in quell’Inter-Juventus del 2018. I nerazzurri, ormai fuori dalla corsa scudetto, affrontano i bianconeri con l’acqua alla gola: nella giornata precedente il Napoli ha battuto i bianconeri proprio allo Stadium e i sessantamila di San Siro erano un unico respiro. Dopo il gol di Douglas Costa, la rimonta nerazzurra. Poi? Pjanic, Orsato, ma soprattutto una contro-rimonta iniziata da Cuadrado e finita con una zuccata di Higuain.