Introdurre una maglietta particolarmente innovativa è sempre un’operazione abbastanza rischiosa per una squadra di calcio. I tifosi sono sempre affezionati ai loro simboli, e nulla esprime l’appartenenza più della maglia. Andare a toccare in un colpo solo il logo e la maglia rischia sempre di causare un netto rifiuto da parte dell’ala più tradizionalista della tifoseria.
Non è cosa comune quindi che una maglia che spezza la tradizione come quella della Lazio della stagione 82/83 entri nel cuore dei tifosi tanto guadagnarsi l’appellativo di maglia bandiera.
Andiamo a vedere perché questa maglia è diventata un classico al punto da essere stata riproposta nuovamente e con successo anche in anni più recenti.
Un restyling di immagine conciso con la rinascita sportiva
La Lazio nei primi anni ‘80 viveva gli anni più bui della sua storia. Mentre il paese era in festa per la vittoria nei Mondiali, nell’estate del 1982 la Roma allenata da Niels Liedholm si preparava a dare battaglia alla Juventus di Michel Platini per lo scudetto. L’altra metà della capitale stava invece progettando una risalita dall’inferno della Serie B, dove era finita in seguito ad uno degli scandali del calcio italiano.
Il presidente Gian Chiarion Casoni decide che, dopo aver mancato la promozione nelle stagioni precedenti, è giunto il momento che la Lazio torni ai livelli che gli spettano e per sottolineare la voglia di rinascita decide di adottare una divisa innovativa, che sia di cesura con il passato e che allo stesso tempo rinforzi il senso di appartenenza di una tifoseria depressa.
Si affida quindi ad uno sponsor tecnico abruzzese, il cui logo campeggia a destra sul petto, che disegna una maglia in lanetta con un largo colletto con scollo a V celeste. La particolarità di questa maglia era di essere divisa in due zone cromatiche, bianca nella parte superiore e celeste in quella inferiore, separate dall’immagine stilizzata dell’aquila simbolo della squadra, scelta personalmente dal presidente e ideata da Cesare Benincasa, titolare dello studio di marketing sportivo che aveva l’incarico di rilanciare l’immagine della società laziale.
I pantaloncini erano dello stesso celeste della parte inferiore della maglietta, mantenendo quindi l’effetto bicolore e donando quindi maggior risalto all’aquila stilizzata, disegnata in blu scuro come il logo dello sponsor collocato appena sopra, che rimarcava quindi lo stacco cromatico nella divisa, con il disegno delle ali che proseguiva anche sulle maniche. I calzettoni riprendevano invece il bianco della parte superiore.
La squadra centrò la promozione al termine di una stagione combattutissima, chiusa alle spalle del Milan e precedendo le altre pretendenti alla promozione Catania, Cremonese e Como dopo un campionato pieno di alti e bassi, che vide anche un cambio in panchina nelle giornate finali, con Giancarlo Morrone che prese il posto di Roberto Clagluna. La maglia, che inizialmente destò non poche perplessità, entrò così nei cuori della tifoseria insieme al modernissimo logo di Benincasa.
Le successive riproposizioni
La Maglia ha ottenuto successo ed è diventata quindi un must della storia Laziale tanto da essere riproposto in alcune occasioni.
1986: di nuovo serie B, di nuovo un’impresa
Nell’estate del 1983, centrata la promozione in Serie A grazie alle gesta di giocatori come Bruno Giordano, Giuliano Fiorini e Vincenzo D’Amico, la Lazio tornò a divise dal gusto più classico, ma l’aquila stilizzata venne mantenuta, stavolta spostata sulla schiena a sovrastare il numero di maglia.
Alla fine della stagione 85/86 la squadra retrocesse nuovamente in Serie B, questa volta per i risultati sportivi. Altri problemi con la giustizia sportiva portarono però la Lazio a vedersi attribuire il peso di ben 9 punti di penalità. In una stagione difficilissima, che vide i biancocelesti allenati da Eugenio Fascetti evitare la retrocessione in Serie C accedendo agli spareggi solo all’ultima giornata di campionato, si decise di riproporre la maglietta dell’ultima, fortunata, esperienza in nella serie cadetta.
La maglia della stagione 86/87, realizzata non più in lanetta ma in poliestere, riproponeva quindi il disegno dell’ormai amatissima maglia bandiera, con qualche piccola variazione: lo scollo a V era bianca, lasciando quindi solo il colletto vero e proprio celeste, e le maniche riproponevano il celeste sui bordi, al di sotto delle “ali” dell’aquila.
La maglia bandiera divenne così nota anche come maglia dei –9, per ricordare l’impresa di quella difficilissima salvezza centrata nonostante la penalizzazione.
2014: l’omaggio ad un classico moderno
In tempi più recenti la maglia bandiera è stata riproposta dalla Lazio nel 2014, nella versione originale del 1982, con scollo a V celeste e maniche completamente bianche. Curiosamente l’anno precedente la squadra irachena dell’Al-Quwa Al-Jawiya scese in campo con una maglietta evidentemente ricalcata dalla storica divisa della Lazio, anche se si trattava di una qualche versione contraffatta.
La differenza più evidente, oltre al cambio di fornitore tecnico e di sponsor, risiede nel logo della squadra sul petto: quello moderno, che la Lazio ha adottato a partire dal 1993, vede lo scudetto con i colori societari sormontati da un’aquila imperiale dorata, riprendendo i loghi più classici, mentre dal 1982 al 1987 il logo vedeva l’aquila di Benincasa incastonata all’interno di un rombo con la scritta Lazio su fondo bianco nella metà superiore e la campitura celeste nella parte inferiore.