Saarländische Fußballnationalmannschaft. Le immagini in bianco e nero. Il pallone di cuoio. La Germania, in condizioni disastrose, frammentata, sconquassata dagli eventi bellici, che prova a ripartire. Come? Dal calcio. Da una selezione di ragazzi che per novanta minuti portano a ignorare le pulsioni geopolitiche, i vinti e i vincitori.
Indossano l’azzurro del cielo, è il colore della Saar – o Saarland – che per sei anni giocò partite ufficiali in giro per l’Europa e per il Mondo. Chi rappresentava? Il Protettorato della Saarland, circa 2500 chilometri quadrati di territorio, parte sud-ovest della Germania. Gli accordi che misero fine alla guerra, quelli tra le potenze alleate e cioè Usa, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia, avevano assegnato un tocco tedesco ai transalpini, segnale inequivocabile di dominazione e quindi di vittoria. Che la Francia, per orgoglio o per necessità, decise di non annettere – dal 1950 al 1956 – alla Germania dell’Est, controllata dai sovietici e da Stalin.
Durante l’interregno, in quest’amministrazione separata, i tedeschi della Saar non restarono con le mani in mano, in attesa di segnali dall’alto e di giochi politici sui quali non avevano alcun controllo. Iniziarono allora ad adoperarsi, a mettersi al lavoro, a provare a imbastire una vita normale dopo anni in cui c’era il terrore e nient’altro di contorno. Uno dei primi gesti di distensione fu la nascita di un Comitato Olimpico Nazionale (1950), che consentì al Saarland di portare alcuni rappresentanti alle Olimpiadi del 1952, tenutesi in Finlandia, ad Helsinki.
E il calcio? Era il 1948 quando venne alla luce il SFB, “Saarländischer Fußballbund“, la Federazione del Saarland. Addirittura venne fuori un campionato, tre stagioni di “Eherliga”, durata fino al 1951. L’FC Saarbrucken, squadra principale, ha giocato persino nella Ligue 2 francese come FC Sarrebruck. Ma questa è un’altra storia.
Il calcio in 2500 chilometri quadrati
Un’altra storia che ripercorre la Coppa dei Campioni (l’FCS partecipò alle qualificazioni), una sfida con il Milan e soprattutto un incrocio pazzesco tra nazionali. Era il giugno del 1950 quando la Sfb entrò nella Fifa, facendolo addirittura prima di tutti: chiuse infatti l’iscrizione addirittura tre mesi prima della Germania dell’Ovest e dunque della Dfb, ben due anni in anticipo rispetto a quella della Germania Est. Il motivo? Qualcuno “malignò” sul ruolo di Jules Rimet – storico presidente della Fifa – e francese… come il Protettorato.
Nel 1950, comunque, inizia l’avventura della nazionale del Saarland. Ma chi componeva la squadra? Soprattutto: chi li metteva insieme? Helmut Schon è un nome troppo bistrattato dalla storia del calcio. Era lui, il punto di riferimento di quel movimento calcistico, lui l’uomo in missione per alzare l’asticella e creare una tradizione calcistica in appena duemilacinquecento metri quadrati. CT dal 1952 fino alla sua estinzione, Schon passerà poi alla guida della Germania Ovest dal 1964 al 1978, portando la nazionale teutonica al Mondiale del 1974 e alla semifinale di Messico ’70. Esatto: nel 4-3, nella partita più bella del mondo persa dai tedeschi contro l’Italia, in panchina c’era proprio il CT Helmut, che negli anni Cinquanta praticava l’utopia dell’impossibile.
Tant’è: il materiale a disposizione non era neanche così male. La selezione era infatti composta dal blocco granitico dell’FCS, con qualche giocatore del Borussia Neunkirche e ovviamente del Sv Saar. C’erano altre squadre, ma erano poco più che dopolavoro. L’esordio arriva a Saarbrucken contro la Svizzera B: è vittoria ed è faticosa, un 5-3 che ha però l’onore di passare alla storia, il compito di dare fiducia. Fu la prima di 19 partite, spesso – ecco, 10 volte – contro squadre di caratura inferiore, selezioni di riserva delle grandi nazionali. Come se il Saarland fosse uno sparring partner. Che però non le mandava certamente a dire. Anzi.
Il derby con la Germania
Gli impegni più probanti arrivarono certamente nelle qualificazioni mondiali. La Fifa, che considerava la Saarland come una rappresentativa territoriale, la ammise ai primissimi turni della massima competizione: nei gironi a tre – puro caso – capitò la Germania dell’Ovest insieme alla pur quotata Norvegia. Ecco: fu un derby ante litteram, uno scontro e una rivendicazione ulteriore tra pezzi di Germania che puntavano a resistere con picchi forti d’orgoglio.
L’andata fu a Stoccarda e l’Ovest non lasciò scampo ai cugini dall’accento francese: 3-0 netto e tutti rimandati al ritorno, a Saarbrucken, dove per l’occasione si riunirono 50mila spettatori. Sempre sconfitta, ma almeno arrivò un gol per l’1-3 finale. Davanti al Protettorato, la grande Germania che si rialzava e si appresta a diventare campione del Mondo in Svizzera. Una vittoria che cambiò per sempre la storia e che in qualche modo colpì anche il Saarland, annesso alla Repubblica Federale di Germania già nel 1955. L’SFB terminò quindi la sua esperienza con la Fifa, dopo meno di venti partite e tanti ricordi accumulati.
I più belli? La vittoria a Oslo nello stesso girone di qualificazione ai Mondiali, la grande emozione per aver sfidato i campioni del mondo dell’Uruguay, a Montevideo (7-1 sonoro), il 5-1 preso dalla Jugoslavia e la rivincita mancata dell’orgoglio transalpino. Di sicuro, il gran coraggio di Helmut Schon: un predestinato partito da una città stato, prima di conquistare quel mondo che da lì sembrava così lontano.