Siamo all’inizio e degli anni venti e lo sport, quindi anche il calcio, inizia ad assumere contorni di una fattore d’interesse di massa. Un paese come l’Italia vedeva ancora molte zone arretrate dal punto di vista culturale e architettonico e la mancanza di qualche grande arena per praticare lo sport si avvertiva forte.
In pratica nella nostra capitale l’ultimo grande “stadio” eretto era ancora il Colosseo, eretto 1850 anni prima dall’Imperatore Vespasiano.
Come nasce lo stadio della Capitale
Così, quando nel 1932, si inaugura via dei Fori Imperiali, aprendo Roma alla vista dei suoi antichi splendori, non si taglia la forbice sul nastro del passato, ma ci si dirige con la propria mente alle voci del futuro. Infatti, nello stesso 1932, avviene l’inaugurazione del Foro mussoliniano – in evidente e sconcertante parallelismo con i fori dell’antica Roma, e dei suoi antichi condottieri – oggi noto come Foro Italico.
Nel progetto iniziale del Foro, che risale al 1927, Enrico Del Debbio, responsabile dei lavori, non è tanto interessato allo sviluppo esterno, costituito dall’impianto adibito al grande pubblico, quanto alle sue strutture interne. In quest’ottica va anche pensato lo Stadio dei Marmi, da circa 20.000 posti, che precede l’attuale Olimpico e dove si svolgono allenamenti e all’occasione gare d’atletica – ma non solo.
Quello che oggi conosciamo come Stadio Olimpico, nel 1932, si chiamava all’epoca Stadio dei Cipressi e non aveva alcun tipo di tribuna e copertura esterni. Anche perché l’impianto era pensato maestosamente, ma non per il pubblico. Centomila posti, più megalomania che altro. Il suo sviluppo riprende l’area di piazza di Siena.
Impegnato su più fronti, lo stato italiano decide di destinare il nuovo Foro all’educazione dei giovani atleti romani e italiani. Una sorta di palestra spartana, intesa proprio come L’antica Sparta, dove crescere atleticamente, quindi fisicamente, e spiritualmente, cioè moralmente. I lavori riprendono solo nel 1937, a cinque anni dall’inaugurazione.
Gli ingegneri Frisa e Pintonello hanno il compito di trasformare lo Stadio dei Cipressi in un vero e proprio impianto adibito al pubblico, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1940 frena bruscamente i lavori. Ma non frena il regime all’epoca instauratosi in Italia, dallo sfoggio del suo Foro ai grandi della politica estera. Su tutti Germania e Giappone, invitati all’Olimpico per le celebrazioni del patto tripartito.
Dalla guerra alla rinascita olimpica
Si deve attendere la fine del conflitto mondiale e del regime perché lo Stadio dei Cipressi possa finalmente riprendere il suo naturale sviluppo.
È il dicembre del 1950 quando riapre il cantiere per il completamento dello stadio. Il progetto viene affidato all’ingegnere Carlo Roccatelli, con la consulenza dell’architetto Cesare Vallo. Morto Roccatelli, la palla passa ad Annibale Vitellozzi, grande architetto dell’Italia post-bellica, che ne ultima i lavori nel 1953.
La grande rivoluzione è data dai seggiolini, inizialmente costruiti in legno e successivamente sostituiti da quelli in pietra di color verde chiaro. Non è presente, ancora a inizio anni ’50, una copertura delle gradinate. L’unica eccezione è data dalla Tribuna Monte Mario, protetta per alcuni posti a sedere riservati alla stampa. Il giorno della sua inaugurazione si gioca Italia-Ungheria. Il match terminerà con un sonoro 3-0 per i magiari, col primo gol della storia dell’impianto siglato da Nandor Hidegkuti.
Chiamato anche stadio dei Centomila, nel ’53 conta in realtà, grazie all’eliminazione dei posti in piedi, 65.000 posti. Rivoluzioni che si rendono necessarie per ospitare quello che sarà poi l’evento principale della storia di questo stadio: le Olimpiadi di Roma 60, vero simbolo della rinascita del nostro paese, che hanno delimitato un’epoca, tracciando un solco tra l’Italia post-bellica impegnata nella ricostruzione e quella del boom economico degli anni 60′.
I posti ufficiali diventeranno 70.634 negli anni ’90, quando in occasione delle notti magiche del Mondiale si applicherà la copertura su tutto l’impianto – e le curve verranno inoltre avvicinate di nove metri dal campo.
Quest’ultima, per quanto importante, è in realtà una modifica effimera. Pur rientrando nel livello massimo degli stadi europei, dove la Uefa gli ha riservato un posto d’onore insieme, tra gli italiani, ai due stadi di Torino e a San Siro, la visibilità non è certo il punto forte dell’impianto.
I grandi eventi
Non è un caso se il grande lavoro di Del Debbio e Vitellozzi è stato in realtà sfruttato per l’atletica – si pensi al Golden Gala, qui annualmente ospitato, ma anche all’Olimpiade del 1960, quando fu rinominato Stadio Olimpico – e per i concerti, si pensi a quello di Baglioni il 6 giugno del 1998, che ha visto oltre 90.000 spettatori, tra chi era in campo e chi sulle gradinate. Ma anche per il rugby – qui la nazionale gioca le sue partite.
L’Olimpico non è solo l’impianto che dal 1953 – e ad eccezione del solo 1989, quando per i lavori di ristrutturazione viene utilizzato il Flaminio – ospita le gare casalinghe di Roma e Lazio, ma è stato anche il teatro di tanti scontri e finali.
Dal 2007, da quando subì gli ultimi lavori di ristrutturazione, ospita fissa la finale di Coppa Italia – unica eccezione quest’anno, con la finale disputata al Mapei per i preparativi dell’Olimpico per gli Europei –, ma è stata nella sua storia teatro di tanti incontri nazionali e internazionali.
Oltre ad essere stata teatro di tanti spareggi per la Serie B, ma anche per la C, l’Olimpico ha ospitato nel 1964 la finale/spareggio tra Bologna e Inter, vinta dai rossoblù per 2-0.
Ha inoltre ospitato la finale di Coppa dei Campioni vinta dal Liverpool, 3-1, contro il Borussia M’gladbach nel ’77, sempre la finale del massimo torneo europeo nell’84, vinta dal Liverpool contro i padroni di casa, la Roma.
Così nel 1996 dopo la ristrutturazione, l’ultima finale vinta dalla Juventus, contro l’Ajax per 4-2 d.c.r. E così Barcellona-Manchester United 2009, l’acme di Lionel Messi e del Barcellona di Pep Guardiola, e per quanto riguarda la Coppa Uefa l’andata del ’91 tra Roma e Inter (1-0).
Infine, il 28 ottobre del 1973 l’impianto ospitò anche Juventus-Independiente, finale di Coppa Intercontinentale vinta dagli ospiti per 0-1. Che il ricordo di questo storico impianto ci sia favorevole per il prossimo europeo.