La storia della pallacanestro professionistica americana è piena zeppa di squadre baciate da incommensurabile talento, che hanno raccolto meno, molto meno, di quello che effettivamente avrebbero meritato.
Sono molteplici le cause di questi mancati trionfi, si va dagli infortuni in corso di stagione, a pedissequi screzi in “locker room”, fino alla conformazione di squadre di questo tipo nello stesso periodo storico in cui a dominare erano altre franchigie quanto meno parimenti attrezzate.
I New York Knicks, squadra costruita dai rookie
Entrano di diritto in questa fattispecie, i New York Knicks, un gruppo compatto che ha avuto l’unica sfortuna di incocciare contro i fantastici Chicago Bulls di Michael Jordan.
Per scoprire i segreti di una squadra così forte, occorre tornare al draft del 1985, quando Patrick Ewing usciva da una stagione fantastica dal college di Georgetown e la lottery premiò proprio la squadra della Grande Mela che si assicurò i servigi di colui il quale, al termine della prima stagione NBA, vincerà il titolo di Rookie Of The Year.
Quell’anno fu il primo facente capo all’istituzione della lottery e verrà ricordato come uno dei più produttivi, se facciamo riferimento alle perle scovate dai GM di ognuna delle franchigie.
Fermandoci esclusivamente agli Hall Of Fame, uscirono da quella nidiata campioni del calibro dello stesso Ewing, Chris Mullin, Karl Malone, Joe Dumars e Arvydas Sabonis, scelto dagli Atlanta Hawks addirittura al quarto giro, alla 77!
Da quel momento furono piuttosto felici le opzioni portate a casa dai Knicks, come quella di Mark Jackson, superbo playmaker, preso alla 18ª un paio di anni più tardi, insignito anch’egli del titolo di Rookie dell’anno al termine della stagione successiva.
Un’altra pepita d’oro trovata quasi per caso dai Knicks, fu l’acquisizione nell’estate del 1990, di John Starks, che entrò in NBA evitando l’ingresso principale, visto che, terminata l’Università alla Oklahoma State University, non venne scelto al draft del 1988 e decise di giocare per 1 anno e mezzo in un paio di campionati minori statunitensi, dopo un breve soggiorno ai Golden State Warriors dove si prese a male parole con il coach dell’epoca Don Nelson.
Nel 1990 arriva la chiamata a New York e le cose vanno decisamente meglio, anche se il primo periodo della sua permanenza al Madison è traumatico per un brutto infortunio al ginocchio.
Prendono forma i Knicks dei miracoli
Dal 1986 al 1990, New York coglie ben quattro partecipazioni consecutive al play off, senza portare a casa nessun risultato eclatante, ma rimediando altrettante eliminazioni al primo turno, due volte dai Bulls, una dai Celtics e una dai Detroit Pistons.
La vera svolta arriva nella stagione successiva, quando alla guida della squadra viene chiamato uno dei santoni del basket dell’era moderna, Pat Riley.
Dopo un primo anno di rodaggio, i Knicks cominciano a ingranare le marce alte e, dopo ben 18 anni, avanzano fino alle semifinali della Western Conference, dopo aver eliminato in cinque partite i Pistons.
Arriva la serie contro i rivali di sempre, quei Chicago Bulls che saggiano la spigolosità caratteriale e soprattutto dei gomiti di Ewing e compagni in sette partite, dove vengono distribuiti ben 10 tecnici 150 falli personali complessivi, dei quali 5 flagrant foul.
Uno dei falli più iconici della storia della NBA, fu quello inferto da Starks a Scottie Pippen, a detta di molti non punito adeguatamente dagli arbitri.
Le prime sei partite furono delle vere e proprie battaglie leggendarie e senza esclusione di colpi nelle quali, una delle caratteristiche più significative della serie, fu la splendida difesa nelle due partite giocate a Chicago, dove i Bulls non riuscirono a superare quota 90 punti.
Gara 7 fu ricordata come una delle più incredibili prestazioni di Michael Jordan, che chiuse con 42 punti e 15/26 al tiro, 12/13 ai liberi, 6 rimbalzi, 4 assist e 3 stoppate.
La dominante stagione 1992/1993
Nella stagione successiva i Knicks sembrano indemoniati e lasciano le briciole ai propri avversari nella Eastern Conference.
È una delle stagioni più dominanti di sempre, non tanto alla luce dei numeri, che dicono 60 vittorie e 22 sconfitte, con 37 vinte e 4 perse in casa, quanto per la straordinaria carica agonistica già messa in mostro nella serie contro i Bulls di cui vi abbiamo appena dato conto.
Sul campo New York cambia solo Mark Jackson che lascia il posto a Doc Rivers e, se tutto ciò non bastasse, Jordan e compagni vengono sconfitti in stagione regolare per ben 3 volte su quattro.
Dopo i primi due turni di playoff passati agevolmente contro Pacers e Hornets, ecco finalmente la tanto agognata finale di Conference.
La serie è ovviamente ancora una volta contro gli odiati Bulls, che mettono in campo tutto quello che hanno in sei partite che rimarranno memorabili, ma che al termine delle quali dicono ancora Chicago, questa volte per 4-2.
Il ritiro di Michael Jordan e qualche speranza in più
La stagione immediatamente successiva, viene scossa dal ritiro, seppur provvisorio, di Michael Jordan, che si dedicherà con alterne fortune al baseball professionistico.
È una ragione in più, semmai ce ne fosse bisogno, per caricare ragazzi di Riley, che dal canto loro perdono dopo sole 19 partite il già citato Doc Rivers, sostituito in questo caso da Derek Harper.
Seppur meno eclatante di quella della stagione precedente, anche la regular season del 1993/94 è decisamente positiva e i Knicks chiudono secondi con 57 vittorie che lasciano in sorte come primo avversario dei playoff i Nets prima e, finalmente battuti, i Chicago Bulls, al termine di ulteriori, estenuanti e nervosissime 7 partite.
Ancora una serie di 7 lunghissimi match è stata la finale di Conference portata a casa contro gli Indiana Pacers, lasciapassare per le Finals NBA.
Olajuwon in finale
La serie finale, con l’allora formato 2-3-2, si gioca contro i Rockets, ed è la solita spettacolare dimostrazione di forza difensiva da parte dei Knicks, che si poggiano sulle spalle di Ewing il quale realizza il nuovo record di stoppate in 5 partite, ben 27.
Sul 2-2, New York trova una prova leggendaria di Oakley e un ultimo quarto da fantascienza di Starks, che porta i suoi ad una sola vittoria dal titolo, prima di tornare a Houston per le due partite finali.
Ma quello che sembrava poter essere finalmente un trionfo, si rivela nella più grande delle delusioni sportive newyorkesi.
I Knicks perdono ancora una volta le partite decisive, la prima per soli due punti e la seconda di 6, 90-84, in una serie che in cui nessuna delle due squadre supererà mai i 93 punti.
Nella partita finale, Gara-7, steccarono gli uomini più importanti della franchigia, con John Starks che chiuse addirittura con un deprimente 2/18 al tiro e soli 8 punti.
Starks e Ewing emblema di quegli anni
La causa di questi successi sempre e solo sfiorati, va ricercata nelle partite più importanti durante le quali le due prime voci di New York, John Starks e Pat Ewing, non hanno mai performato in modo perfetto all’unisono.
Sembrava quasi che i due dovessero dividersi i compiti, se giocava bene uno, l’altro faceva il suo compito senza mai strafare, e viceversa.
Probabilmente la partita contro Houston rappresentò l’ultimo chiodo della bara e, anche se arrivarono altri playoff e altri risultati importanti, come la finali del 1999, a tutti i tifosi e gli osservatori di tutto il mondo è parso che alla squadra di quegli anni, sia mancato solo il riconoscimento massimo, l’anello NBA.