Sembrano già lontani i tempi della bolla ai playoff della passata stagione, quando a Orlando si disputò tutta la post season con l’istituzione dei play in che la NBA si è portata dietro anche per l’annata in corso, ma nonostante i numerosi rinvii dovuti ai casi di Covid riscontrati in seno alle squadre, il campionato di basket professionistico americano è riuscito a partorire le 16 squadre che stanno partecipando ai play off, senza grandissime difficoltà.
Con questo pezzo vogliamo mettere in evidenza i giocatori che meglio si sono distinti nell’arco dell’anno cestistico, suddivisi per ruolo e identificati, per comodità, in 4 macro sezioni: due guardie, due ali, un centro e il sesto uomo.
Guardia 1: Stephen Curry
Cominciamo con uno dei giocatori che i playoff, invece, non li sta proprio disputando.
Da più parti avrete sentito l’enunciato rispetto al quale Stephen Curry avrebbe cambiato il gioco della pallacanestro moderna, mettendo profondamente in crisi i dettami tecnici e tattici di tutta quella schiera di osservatori tradizionalisti, ancorati a una serie di regole auree che hanno fatto capo ad uno starting five che doveva per forza tenere come punto di riferimento un playmaker, una guardia, un’ala piccola, una grande e il centrone tradizionale.
Gli anni d’oro dei Golden State Warriors, hanno dimostrato che tutto è opinabile e che le idee rivoluzionarie, talune volte, possono cambiare il corso della storia, in questo caso, sportiva.
Il paradigma che fa da chiave di volta al cambiamento epocale che Steve Kerr ha proposto negli anni passati, è rappresentato dal numero 30 di Akron, Steph Curry.
Il tre volte campione del mondo NBA, 2015, 2017, 2018, grazie alla sua tecnica di tiro, rapida ed efficace, ha messo in crisi tutte le difese di Eastern e Western Conference, indicando a tutti la strada del basket moderno e guidando i suoi al dominio cominciato mezza dozzina di anni fa.
Proprio mentre sembrava cominciare la parabola discendente del figlio di Dell, la stagione 2020/2021 è stata quella della rinascita di Curry, tornato quasi perfettamente a posto dopo l’infortunio di un paio di stagioni or sono, che ha originato, insieme a quelli continui di Klay Thompson, le deludenti annate in baia.
Con oltre 32 punti segnati di media, Curry è stato il giocatore che ha fatto più punti in RS, ha distribuito quasi 6 assist a partita, 21° in questa classifica ed è stato il giocatore che ha segnato più triple in stagione, con una media 5,37 canestri da tre punti per un clamoroso 42,3%, percentuale altissima se si tiene conto dei tentativi effettuati, quasi 13 a partita.
La delusione del mancato approdo ai playoff è decisamente la ciliegina sulla torta che manca alla straordinaria stagione del 30, ma se e quando si riformeranno gli splash brothers, allora ci sarà da divertirsi.
Guardia 2: Damian Lillard
La scelta della seconda guardia è dettata dai problemi di infortuni che Portland ha dovuto affrontare durante tutto l’arco della stagione.
Se è vero com’è vero che i Blazers hanno faticato a centrare uno dei posti utili per i playoff senza passare dalla lotteria dei play in, bisogna anche tenere conto che, al pari di Curry e Thompson, la coppia d’oro dei piccoli dell’Oregon, formata da Damian Lillard e CJ McCollum, ha potuto giocare insieme solo nell’ultima parte della stagione, in virtù del lunghissimo infortunio occorso al 3.
Con le difese intente a doversi preoccupare di una sola bocca da fuoco, Lillard ha dimostrato di potere cavarsela egregiamente anche da solo e la produzione offensiva è stata devastante.
In una stagione in cui ha sfiorato i 29 punti a partita, predicando basket anche nella sua parte del campo con maggiore efficienza rispetto agli anni passati, Lillard non si è risparmiato praticamente in nessuna parte della stagione regolare, tanto che in alcune partite della serie con Denver, è arrivato qualche problemino con le percentuali di tiro.
Ma non scommettete contro di lui, sarà ancora Lillard time per parecchi anni.
Ala 1: Giannis Antetokounmpo
Passando alle ali, non è possibile non citare uno dei mostri sacri del basket moderno, quel Giannis Antetokounmpo, che sta facendo ancora una volta fuoco e fiamme coi Bucks di Milwaukee.
Il giocatore greco, che ha vinto nelle ultime due stagioni il titolo di MVP, si è ripetuto anche in quella che sta per terminare, portando di prepotenza i Bucks all’ennesima post season, con altissime chance di vittoria del titolo.
La serie contro Miami ha messo in evidenza la rabbia agonistica di una squadra, e del suo uomo più rappresentativo, troppo spesso additata come eterna incompiuta.
Per “Giannino” una stagione regolare da 28,1 punti di media, 11 rimbalzi e 6 assist, con percentuali al tiro da due punti leggermente superiori rispetto alla scorsa stagione.
Nota dolente le percentuali ai liberi che, seppur salita al 68,5 non è di certo soddisfacente per un campione di quel calibro.
Ala 2: Julius Randle
Per quanto riguarda la seconda Ala, vogliamo premiare uno dei giocatori che più sono migliorati rispetto alla scorsa stagione e che ha riportato, a suon di prestazioni, i New York Knicks ai playoff dopo qualcosa come 8 anni.
È probabilmente vero che qualche giocatore avrebbe meritato di essere presente in questa speciale classifica rispetto alle partite giocate durante l’anno, ci riferiamo a campioni come Leonard, Durant, Tatum e lo stesso Lebron James, ma, chi per poche partite giocate, chi per rendimento altalenante, è stato a nostro parere un gradino sotto rispetto all’ala dei Knicks.
Le prestazioni di Randle sono cresciute a dismisura rispetto alla stagione precedente, ma anche in termini assoluti la produzione è stata esaltante.
Il buon Julius ha messo a referto una media superiore ai 24 punti a partita, aggiungendo ben 10 rimbalzi e 6 assist, con una percentuale dal campo del 45,6% da due e del 41,1% da tre.
Centro: Nikola Jokic
Qui ci sono invece davvero pochi dubbi.
Anche se si può parlare della meravigliosa stagione di Joel Embiid in quel di Philadelphia, la regular season di Nikola Jokic è per certi versi inarrivabile.
Uno dei numerosi centri atipici dell’intero lotto delle squadre NBA, Jokic ha letteralmente fatto saltare il banco, portando Denver a una dimensione se possibile ancora superiore rispetto alla passata stagione, soprattutto se non vogliamo dimenticare il tremendo infortunio occorso a Jamal Murray, che ha responsabilizzato ancora di più “The Joker”.
Le cifre sono spaventose: 26 punti realizzati di media, 11 rimbalzi a partita e più di 8 assist, ne fanno anche uno dei giocatori più migliorati della lega, anche in virtù delle percentuali di tiro che quest’anno si sono pulite ancora di più: 56,6% da due e 38,8% da tre, rispetto al 52,8% e al 31,4% della passata stagione.
Sesto Uomo: Jordan Clarkson
Per la categoria di sesto uomo, siamo invece d’accordo con il titolo effettivamente assegnato qualche giorno fa.
La stagione di Jordan Clarkson, praticamente sempre uscito dalla panchina, è stata una delle chiavi del primo posto di Utah nella Western Conference.
Minutaggio e statistiche complessive sono decisamente migliorati rispetto all’anno passato e nei rari momenti in cui i celestiali tiratori di Utah hanno fatto cilecca, ci ha pensato lui a tenere la baracca in piedi, con una produzione di 18,4 punti a partita e una media di 4 rimbalzi e 2,5 assistenze per i compagni, per discrete percentuali sia da due, 44,3% che da tre punti, 34,7.