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All’età di 56 anni se n’è andato Darvin Moon, il giocatore amatoriale che nel 2009 ha stupito il mondo del poker raggiungendo il secondo posto nel Main Event WSOP.

A dare la notizia della morte è stato l’amico di lunga data Todd Anderson il quale, con un post su Twitter, ha indicato in un coagulo sanguigno post-operatorio la causa del decesso. Moon era infatti stato operato da poco, ma tutto sembrava a posto tanto che, due giorni prima di morire, Moon aveva detto ad Anderson di sentirsi bene e di essere pronto a tornare alla sua piccola azienda di lavorazione del legno nel Maryland.

E invece sabato 19 settembre, alle 8 del mattino, la moglie di Moon, Wendy, ha contattato Anderson per avvisarlo della morte del marito. Darvin Moon è una delle 100mila persone che ogni anno muoiono negli Stati Uniti a causa di un trombo post operatorio, secondo quanto riportato dall’American Society of Hematology.

Ma chi era Darvin Moon? “Un uomo dai sani principi e autentico al 100%”. Con queste parole lo descrive l’amico Todd Anderson, che ci restituisce così l’immagine di una persona positivamente normale: un uomo semplice, dedito alla famiglia, al lavoro e alla sua passione amatoriale per il poker.

Era un vero e proprio autodidatta di questo gioco e non aveva problemi a raccontare di non aver mai giocato a poker online, addirittura di non possedere nemmeno un computer. Per lui il poker era infatti un divertimento da condividere con gli amici e solo live.

Quando nel 2009 Darvin Moon si presenta al Main Event è alla sua prima esperienza in un torneo delle World Series Of Poker. Un debuttante assoluto, uno sconosciuto che non solo non si è mai seduto al tavolo di un torneo così importante, ma che non ha mai visto Las Vegas prima di quel momento. Il ticket per il ME WSOP lo ha vinto qualche mese prima in un satellite live al Wheeling Island Casino, West Virginia. Sul momento, la decisione sembra quella di incassare la vincita, viste le difficoltà che il suo lavoro attraversa in quel periodo, ma dopo aver visitato la sede del torneo e aver visto le sale piene di campione, la voglia di provarci prende il sopravvento.

Una scelta quanto mai azzeccata e, ci permettiamo di dire, favorita anche dal destino. Nella prima giornata del ME, infatti, Darvin Moon riceve sei volte una coppia di Assi e chiude tre volte un set al flop. Morale: termina il Day1 da chipleader, una posizione che manterrà fino alla composizione dei November Nine, cioè del tavolo finale a 9 che ancora in quell’anno si giocava a distanza di circa tre mesi dal termine delle WSOP.

Nell’ultima giornata prima di diventare uno dei November Nine, Darvin Moon scende in 10a posizione e rischia di diventare il bubble man del final table. Ma a questo punto centra un enorme piatto con un cooler flush over flush (Q♦J♦ vs 5♦3♦) che elimina Billy Kopp e manda Moon ai November Nine da chipleader, con quasi il 30% delle chip totali nel suo stack.

Al tavolo finale, lo stack di Moon subisce qualche fluttuazione, ma il “falegname” riesce a recuperare tutto eliminando Steve Begleiter e soprattutto il campionissimo Phil Ivey, in entrambi i casi partendo in svantaggio nella mano. L’eliminazione di Phil Ivey merita un’occhiata:

All’heads-up con Joe Cada, Moon si presenta in svantaggio per 2.5:1. Tra i due c’è una generazione di differenza, non solo dal punto di vista anagrafico (del 1963 Moon, del 1987 Cada) ma anche di background nel poker: Cada appartiene infatti alla nuova generazione di grinder, quella che nei primi anni Duemila è cresciuta giocando sulle pokeroom online. Ma anche in questo caso Moon recupera e si porta di nuovo in vantaggio, fino alla mano cruciale.

I due si affrontano su un turn che mostra 10-5-9-10. Darvin Moon decide di giocarsi il torneo in semibluff. Va in check-raise all-in con 8-7, ma Cada chiama con J-9. Il river non completa il progetto di scala bilaterale di Moon che rimane con gli spiccioli e qualche mano dopo finisce ai resti preflop con Q♦J♦ vs 9♦9♣, ma la coppia di Joe Cada resiste fino in fondo: il 22enne statunitense incassa $8.547.042 e diventa così il più giovane campione del mondo, scalzando il vincitore dell’anno precedente, Peter Eastgate. Per Darvin Moon c’è una ricompensa di $5.182.601. Le sue vincite nel poker arriveranno negli anni successivi a un totale di $5.210.576, grazie ad altri 9 piazzamenti in the money.

I 5 milioni vinti nel 2009 sono una cifra di quelle che cambiano la vita e, in alcuni casi, possono anche far perdere la testa. Non così per Darvin Moon il quale, alla fine del testa-a-testa, ha dichiarato che avrebbe investito una parte della vincita per far studiare i figli al college, un parte nel suo lavoro e qualcosa anche in opere di bene, come ad esempio la costruzione di un centro giovanile e di un campo da football. “Non ho intenzione di cambiare. La prossima volta che mi vedrete, indosserò ancora i miei jeans e il resto, come ho sempre fatto”.

E anche il cappellino dei New Orleans Saints, che gli ha fatto assistere al Super Bowl del 2010 in qualità di “guest star”, e alla patch dell’Heartland Poker Tour (HPT) sulla maglietta. E proprio dietro a quella patch c’è una storia che descrive ancora una volta il modo di essere di Darvin Moon.

Poco prima dei November Nine, una pokeroom lo contatta offrendogli una sponsorizzazione a sei cifre. Moon senza troppe esitazioni rifiuta, sostenendo che non avrebbe mai potuto sostenere una causa (quella del poker online) nella quale non crede.

“Sentiva che non era la cosa giusta per lui. Non so quante altre persone sulle Terra avrebbero lasciato andare tutti quei soldi facili” ha raccontato Todd Anderson.

Moon firma invece un accordo con HPT, non per soldi ma solo per qualche buy-in pagato agli eventi del tour. Ed è grazie a questo deal che incontrerà proprio Todd Anderson, proprietario del marchio, e che gli resterà amico fino alla fine.

 

Foto di testa: Darvin Moon (by PokerNews)

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