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Mino Raiola, il famoso e potente procuratore di tanti astri del pallone (tra i quali Ibrahimovic, Lukaku, Pogba e il “gioiellino” Haaland), è tornato a dire la sua in merito alla questione dei diritti dei calciatori utilizzati da EA Sports.

Il precedente è noto, tanto è stato discusso sulle principali testate sportive ed esportive, ma noi proviamo a riepilogarlo qui. Tutti coloro che giocano a FIFA, il videogame di calcio prodotto da Electronic Arts, nelle loro partite hanno la possibilità di utilizzare i nomi e l’immagine dei giocatori di calcio reali. Ma il publisher ne possiede davvero i diritti? Il primo a sollevare la questione è stato, verso la fine dello scorso anno, Zlatan Ibrahimovic. Il bomber del Milan ha cominciato a “stuzzicare” l’azienda americana con alcuni post sui social, nei quali dichiarava di non aver mai autorizzato l’utilizzo del suo nome e della sua immagine per FIFA né di essere iscritto a FIFPro, la Federazione internazionale dei calciatori professionisti (nata nel 1965 ma riconosciuta solo nel 1995 dagli enti Uefa e Fifa, attualmente l’organo di riferimento per la gestione dei diritti dei propri iscritti). In un tweet, Ibra dice testualmente: “Non sono consapevole di essere un membro della Fifpro e, se lo sono, sono stato messo lì senza alcuna reale conoscenza e attraverso qualche strana manovra”.

L’uscita di Ibrahimovic è stata piazzante e ha scatenato un mezzo putiferio sia nel mondo del calcio reale che virtuale, anche perché Raiola, prevedibilmente, si è subito allineato avvalorando la posizione dello svedese con una questione legale che rimane ancora adesso aperta. A fine dicembre il procuratore sportivo scrive all’indirizzo di EA che “FIFPro ed il Milan non hanno i diritti individuali sui calciatori, come sono sicuro che sapete visto che ve l’ho detto tante volte“. (fonte esportsmag.it)

Le parole di Raiola hanno fatto da catalizzatore per le proteste di altri calciatori nei confronti del publisher. Il condizionale è d’obbligo, ma sembrerebbe si tratti di centinaia di professionisti del pallone. Tra questi, ad esempio, c’è l’attaccante gallese in forza al Tottenham Hotspur, Gareth Bale.

Ma da Electronic Arts la risposta non si fatta attendere, affidata ad un comunicato stampa.

Nella nota ufficiale di EA si legge: “Mino Raiola è un rispettato manager sportivo con cui collaboriamo da molti anni, incluso quello in corso, quando la nostra collaborazione ha fatto in modo che il suo cliente Erling Haaland facesse parte della nostra campagna di marketing FIFA 21. Abbiamo anche goduto – va avanti la società – di un’ottima collaborazione professionale con Zlatan Ibrahimovic, che è apparso in ogni FIFA dal 2002 e ha ricevuto regolarmente premi come componente della nostra modalità FUT. La società di eSports di Gareth Bale Ellevens utilizza inoltre il nostro gioco FIFA come piattaforma chiave per i suoi atleti professionisti di eSport e siamo fiduciosi che Gareth e il suo team vedano un valore significativo nella nostra partnership, come evidenziato da questo contenuto rilasciato di recente.” (fonte dday.it)

In sostanza il publisher replica dicendo: per oltre 15 anni tutto vi è andato bene, avete ricevuto percentuali sulle campagne marketing, usate pure il nostro gioco e adesso all’improvviso c’è qualcosa che non torna? Cosa c’è dietro?

La domanda è lecita, ma non è sufficiente per impedire che Raiola torni all’attacco. Lo ha fatto pochi giorni fa, in un’intervista rilasciata a TalkSport nella quale ha ribadito l’intenzione di far rimuovere i propri assistiti dal gioco: “Io credo che possiamo farlo, loro (cioè Electronic Arts, ndr) pensano di no. C’è una differenza nei diritti che comprano. Loro comprano i diritti collettivi da club che dicono di detenerli, ma li utilizzano su base individuale e questo è vietato nella maggior parte dei Paesi. Credo che stiano abusando dei diritti dei calciatori, non sono di proprietà dei club“. (fonte calciomercato.com)

Non contento, ha poi rilanciato spostando il discorso sul tema delle loot box di FUT (FIFA Ultimate Team), accusandole di essere gioco d’azzardo: “Se vuoi comprare la carta di Paul Pogba o di Zlatan Ibrahimovic, devi pagare una certa quantità di soldi ma loro ti mandano dieci carte e tu devi essere contento se in quelle dieci ci trovi i giocatori che volevi. Quindi c’è una componente di scommesse, una lotteria che non dovrebbe riguardare il gioco“.

Un’accusa mossa già dai legislatori sia in Europa che in Nordamerica (USA e Canada), che però in questo contesto sa soltanto di propaganda. Perché il vero punto chiave è la questione dei diritti individuali. Secondo EA, questi possono essere usati in FIFA grazie a un accordo diretto con FIFPro: “FIFA è il videogioco di calcio più famoso al mondo. Per creare un’esperienza autentica, anno dopo anno collabora con numerosi campionati, squadre e individui per garantire i diritti di somiglianza dei giocatori. Fra questi c’è un rapporto a lungo termine con il rappresentante globale dei professionisti, FIFPro, che lavora a sua volta con una serie di licenziatari per negoziare accordi a beneficio dei giocatori e dei loro sindacati“.

Questi licenziatari variano da campionato a campionato. In Germania e in Brasile, ad esempio, sono le associazioni nazionali dei giocatori a gestire gli accordi sui diritti dei giocatori. E ci sono anche precedenti scomodi per EA, ad esempio in Brasile dove il sindacato dei giocatori ha vinto una causa contro il publisher: il campionato di calcio nazionale è presente nel gioco FIFA, ma non compaiono i nomi dei giocatori, i quali hanno ricevuto anche un indennizzo per lo sfruttamento della loro immagine dal 2005 al  2014. In Inghilterra, invece, la Premier League ha venduto a EA Sports, in blocco e in esclusiva, i diritti commerciali dell’intero campionato. (fonte dday.it)

La questione legale è complessa. Anche perché il punto di Raiola rimane quello della differenza tra diritti collettivi e diritti individuali. Proveremo a chiarirla meglio in futuro, magari attraverso il parere di uno studio legale.  Per ora, però, il nostro interrogativo è di altra natura: cui prodest? A chi giova?

Una risposta, in questo senso, proviamo ad avanzarla. Potrebbe essere contenuta in un altro post dello stesso Raiola, dove un’infografica mostra la crescita di fatturato di FIFA negli ultimi anni:

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Negli giro di 5 anni, i profitti realizzati dal videogame sono quasi triplicati, arrivando a poco meno di 1,5 miliardi di dollari (FUT – e quindi ricavi delle loot box – inclusi). Una cifra in grado di attirare l’attenzione di chiunque, anche di chi è abituato a ingaggi milionari. E quindi, perché non richiederne una fetta?

Questo potrebbe spiegare come mai, dopo tanti anni di buoni rapporti, qualcuno ha sollevato la questione dei diritti. E anche la ragione per la quale la stessa cosa non avviene per PES: un gioco calcistico altrettanto bello (per molti più realistico di FIFA) ma decisamente meno “profittevole”.

A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca.

 

Immagine di testa: GettyImages

 

 

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