Era il 14 aprile del 2012 quando il bravo centrocampista del Livorno cadde esanime a terra durante la partita col Pescara, tragedia che scosse tutto il mondo del calcio
C’è il sottile filo della tragedia e del dolore ad unire il campionato di Serie A 2011-2012 e quello attuale. Mentre oggi i club si interrogano su quali possono essere i tempi e i modi per riprendere l’attività (pur con la sconvolgente epidemia da Covid-19 ancora in atto), otto anni fa nessuno battè ciglio di fronte alla necessità di fermare ogni pallone in ogni stadio. Era da poco passato il 31’ del primo tempo della partita valida per il campionato di Serie B tra Pescara e Livorno, in programma allo stadio Adriatico nella giornata di domenica 14 aprile. Ad un certo punto, improvvisamente, Piermario Morosini si accascia al suolo. Intorno a lui, i compagni di gioco e gli avversari si rendono conto che la situazione è seria. La richiesta dei soccorsi parte immediatamente dopo. Attimi di apprensione: il bravo giocatore originario di Bergamo è esanime a terra. L’ambulanza entra sul terreno di gioco dopo cinque interminabili minuti, ma le cure prestate al giocatore, che non ha più ripreso conoscenza, sono inutili. Giunto all’Ospedale Santo Spirito di Pescara, Piermario Morosini non ce la fa. Il primario del reparto di Cardiologia, il professor Leonardo Paloscia, ne annuncia il decesso confermando che il battito cardiaco non è più ripreso. La diagnosi del decesso fu quello di una malattia cardiaca genetica, la La cardiomiopatia aritmiogena, considerata la causa più frequente di arresto cardiaco negli sportivi di alto livello. Il mondo del calcio cade nel totale sconforto di fronte ad un dramma che tocca tutti da vicino. Il campionato viene sospeso e viene nuovamente posta l’attenzione sulla cura dello stato di salute dei giocatori, così insistentemente sottoposti a stress fisici e mentali. I giorni successivi al tragico avvenimento furono quelli della polemica. Venne aperta un’inchiesta per verificare se i soccorsi prestati al giocatore furono adeguati e tempestivi, perché in scia alla morte di Morosini si scatenò un vespaio perché non tutto filò per il verso giusto.
Il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, colui che era presente sull’ambulanza Vito Molfese e il già citato Paloscia furono indagati per omicidio colposo. L’accusa predominante fu quella riferita al mancato utilizzo del defibrillatore semi-automatico da parte di tutti coloro che si presero cura del giocatore nel disperato tentativo di rianimarlo. I periti incaricati dal Pubblico Ministero Valentina D’Agostino, rilevarono che «Tutti i membri dell’equipe medica hanno omesso di impiegare il defibrillatore semi-automatico esterno, già disponibile a lato della vittima pochi secondi dopo il collasso di Morosini (dopo circa 25 secondi). Ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell’influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso».
Nel processo di primo grado, Vito Molfese fu condannato ad un anno di reclusione, mentre otto mesi furono attribuiti ai medici sociali delle due squadre in campo, Porcellini e Sabatini. La sentenza, confermata anche in secondo grado, fu annullata dalla Cassazione nell’aprile del 2019. Sentenza che è stata poi definitivamente annullata dalla Corte d’Appello di Perugia che l’11 ottobre del 2019 ha assolto i tre medici.
Si è chiusa così la vicenda legata a Piermario Morosini, nato a Bergamo il 5 luglio del 1986 e che si mise in luce nel settore giovanile dell’Atalanta (scudetto con gli Allievi, vice campione d’Italia con la Primavera) nel percorso di una vita per niente facile: la morte ravvicinata dei genitori e, successivamente quella del fratello, segnarono profondamente il carattere di un ragazzo che in campo era solito dare tutto. Se ne accorse l’Udinese che, a 19 anni, lo fece esordire in Serie A e in Coppa Uefa (l’attuale Europa League) nel 2005. Morosini veste poi la maglia del Bologna e del Vicenza. In biancorosso gioca una stagione strepitosa che gli vale la chiamata in nazionale Under 21. Nel suo girovagare, Morosini aveva militato nella Reggina, nel Padova e nel Vicenza prima di approdare a Livorno. Nel suo cuore restò sempre forte il legame con Bergamo e l’Atalanta club che oggi, a otto anni dalla sua scomparsa ha voluto ricordarlo così: «A otto anni dalla sua scomparsa, Piermario Morosini resta nel cuore del Presidente Percassi e di tutta la famiglia Atalanta».