Angelo Di Livio, nato a Roma il 26 luglio 1966 prima di svolgere il ruolo di allenatore di calcio, nella sua fulgida carriera, impegnato nel ruolo centrocampista è stato vincitore di numerosi trofei con la maglia della Juventus tra cui la Champions League 1995-1996. Conta anche 40 presenze in nazionale, per la quale successivamente ricoprì il ruolo di osservatore durante la gestione tecnica di Marcello Lippi. Angelo Di Livio inizia a giocare a calcio nella Polisportiva Bufalotta, che prende il nome dal quartiere omonimo di Roma in cui Di Livio è cresciuto. All’età di quindici anni passa nelle giovanili della Roma con cui vince nel 1983 il Torneo di Viareggio. Successivamente passa in prestito prima alla Reggiana, in Serie C1, poi alla Nocerina, ancora nella medesima categoria. Approda infine nella stagione 1987-1988 al Perugia, in Serie C2, con cui vince il campionato mettendosi in evidenza assieme a un altro giovane prospetto: Fabrizio Ravanelli. Al termine dell’annata la società umbra lo riscatta dalla Roma, e coi biancorossi gioca in C1 fino all’ottobre del 1989, quando nella sessione autunnale di mercato passa al Padova, in Serie B. Milita nella squadra veneta fino al 1993, realizzando 13 reti in 138 partite di campionato. Dopo questa lunga trafila nelle serie minori, arriva alla Juventus per espressa volontà di Giovanni Trapattoni, acquistato per 4 miliardi di lire. Debutta così in Serie A all’età di ventisette anni, nella trasferta sul campo della Roma (2-1 per i padroni di casa) del 5 settembre 1993. Realizza il suo primo gol in bianconero il 27 ottobre seguente, nella partita di Coppa Italia persa per 4-3 contro il Venezia, mentre la prima marcatura in campionato arriva solo all’inizio della sua seconda stagione con la “Vecchia Signora”, il 25 settembre 1994: decisivo il suo gol nell’1-0 ai danni della Sampdoria. È inoltre suo l’assist per il primo gol in bianconero di Alessandro Del Piero, già suo compagno di squadra a Padova. Segna anche una rete in Champions League, nel settembre del 1995 contro i rumeni della Steaua Bucarest, partita che vede i torinesi prevalere 3-0. È stato uno dei titolari inamovibili nella plurivittoriosa Juventus di Marcello Lippi, con cui nella seconda metà degli anni 1990 ha conquistato in ambito nazionale 3 scudetti, 1 Coppa Italia e 2 Supercoppe di Lega, e in campo internazionale 1 Champions League, 1 Supercoppa UEFA e 1 Coppa Intercontinentale. La vittoria della Champions League lo fa entrare nel ristretto novero dei calciatori capaci di vincere il massimo trofeo europeo per club nella propria città di nascita (Roma), preceduto da Mateos e Muñoz (Madrid) e da Stepney (Londra), ed eguagliato da Anelka (Parigi) e Bale (Cardiff). Nonostante il forte legame con la maglia bianconera, nell’estate del 1999 viene ceduto contro voglia dalla società torinese alla Fiorentina. Con i viola vince la Coppa Italia 2000-2001, la sua seconda dopo quella con i bianconeri. Tuttavia l’anno dopo non può evitare la retrocessione in Serie B dei gigliati, nel frattempo caduti in una grave crisi societaria. Diventato capitano della squadra, scende quindi in Serie C2 quando la Fiorentina scompare nel 2002 per fallimento. In questa categoria gioca con la nuova Florentia Viola, società che si fa portatrice della tradizione sportiva dello scomparso club viola, vincendo il torneo (e ottenendo al contempo la promozione d’ufficio in Serie B per meriti sportivi). Resta coi gigliati anche nelle due stagioni seguenti, la prima in serie cadetta e la seconda (dopo la vittoria nello spareggio interdivisionale contro il Perugia) in Serie A, categoria nella quale disputa la sua ultima gara nel 2005. A fine stagione la Fiorentina non gli rinnova il contratto, sicché Di Livio sceglie di chiudere l’attività agonistica. Ha esordito in nazionale maggiore a 29 anni, il 6 settembre 1995, nella partita Italia-Slovenia (1-0). Convocato nelle gestioni di quattro diversi commissari tecnici, ha preso parte al campionato d’Europa 1996 in Inghilterra (con Arrigo Sacchi), al campionato del mondo 1998 in Francia (con Cesare Maldini), al campionato d’Europa 2000 in Belgio e nei Paesi Bassi (con Dino Zoff) e, a quasi trentasei anni, al campionato del mondo 2002 in Corea del Sud e Giappone (con Giovanni Trapattoni). Il 18 giugno 2002 gioca la sua ultima partita in nazionale, negli ottavi di finale dei mondiali nippo-coreani, contro la Corea del Sud: memorabile, nell’occasione, lo sguardo rivolto all’arbitro Byron Moreno, a seguito dell’espulsione di Francesco Totti. Ha collezionato 40 presenze con gli Azzurri, di cui solo 12 per tutta la durata del match. Giocatore di temperamento e di sicura affidabilità, in campo era solito spremere ogni goccia di energia per il bene della squadra. Una propensione naturale alla fatica e al sacrificio che lo fece passare alla storia del calcio come “Il Soldatino”, nomignolo che gli diede Roberto Baggio e che da quel giorno ha sempre accompagnato Di Livio.