Davanti a quasi duecentomila spettatori l’Uruguay vinse la finale dei Mondiali giocata al Maracanã contro i padroni di casa. Per il Brasile fu un giorno drammatico
Alla conferenza FIFA di Lussemburgo del 25 luglio 1946 l’organizzazione dei mondiali del 1950 fu assegnata al Brasile, candidato unico. Gli Stati europei, prostrati dalla seconda guerra mondiale, non presentarono candidature. In Brasile il calcio era già di gran lunga lo sport più popolare. La Nazionale brasiliana aveva conseguito tre trofei continentali (tutti vinti in casa e solo al termine di uno spareggio), ma non ancora un titolo mondiale. Eliminata al primo turno sia in Uruguay nel 1930, sia in Italia nel 1934, la Seleção aveva raggiunto la semifinale ai Mondiali di Francia 1938, per poi essere eliminata per mano dell’Italia. Dopo aver superato agilmente il primo turno, nel girone finale che avrebbe decretato il vincitore, si affontavano Brasile, Spagna, Svezia e Uruguay. Dopo due partite il Brasile era a punteggio pieno, l’Uruguay secondo con 4 punti, Spagna 1 e Svezia 0. Il 16 luglio 1950 allo stadio Maracanã, nella terza ed ultima partita del girone, si affrontarono Brasile ed Uruguay per il titolo mondiale. Il giorno della partita, l’esterno del Maracanã appariva tappezzato di cartelloni recanti la scritta “Homenagem aos campeões do mundo” (Omaggio ai campioni del mondo). Lo stadio era esaurito in ogni ordine di posto. Gli spettatori paganti risultarono ufficialmente 173.850, quelli presenti 199.854, un record ancora imbattuto. Appena un centinaio di essi erano tifosi uruguaiani. Per il resto, le decine di migliaia di tifosi locali animarono un’accesissima torcida, con bandiere, striscioni e petardi, alcuni dei quali furono lanciati, durante il riscaldamento, contro i calciatori uruguaiani, al fine di infastidirli. La partita era in programma alle ore 15. Prima del fischio d’inizio, con le squadre già schierate a centrocampo, prese la parola il generale Ângelo Mendes de Morais, prefetto del Distretto Federale, il quale pronunciò un breve discorso, emblematico della certezza che i brasiliani riponevano nella vittoria della propria nazionale: «Voi, brasiliani, che io considero vincitori del Campionato del Mondo. Voi, giocatori, che tra poche ore sarete acclamati da milioni di compatrioti. Voi, che non avete rivali in tutto l’emisfero. Voi che superate qualsiasi rivale. Siete voi che io saluto come vincitori!»
Pur conscio dell’arduo compito che lo attendeva, l’Uruguay non perse la fiducia nei propri mezzi. Nel primo tempo, pur schierato con l’offensivo “WM”, il Brasile non andò a segno. Nonostante il pressing asfissiante degli avversari, gli uruguaiani riuscirono a vanificare i ripetuti tentativi della Seleção di passare in vantaggio. Merito di ciò fu soprattutto la decisione dell’allenatore della Celeste, Fontana, di schierare stretti gli esterni difensivi Gambetta e Rodríguez Andrade, al fine di ingabbiare gli attaccanti brasiliani in una sorta di “imbuto” chiuso dai centrali Matías González e Tejera. Nella ripresa dopo appena settantotto secondi, Ademir, servito da Zizinho, crossò per Friaça, che batté con un tiro in diagonale il portiere uruguaiano Máspoli, portando in vantaggio il Brasile. Il Maracanã esplose di gioia. Subìto il gol, fu ancora Varela ad essere determinante ai fini del risultato. Prese il pallone e se lo mise sottobraccio ritardando notevolmente la ripresa del gioco. Perse ulteriormente tempo protestando con l’arbitro per un possibile fuorigioco. A quel punto i brasiliani si innervosirono, il rumore del Maracanà calò d’intensità e si raffreddarono gli animi. Con quel gesto il capitano uruguaiano riuscì a spegnere l’entusiasmo incontenibile che se dalle tribune si fosse riversato sul campo, quasi certamente li avrebbe travolti. L’Uruguay non si disunì e proseguì nel suo gioco ordinato, guidato dalla regia di Schiaffino. Al 66′, dopo una rapida progressione sulla fascia sinistra, Ghiggia saltò il brasiliano Bigode e servì proprio Schiaffino, che, a tu per tu con Barbosa, mise la palla in rete. Sebbene il pareggio li favorisse ancora, i brasiliani perseverarono nel proprio pressing offensivo ma, complici la stanchezza e l’inattesa marcatura subita, il loro gioco iniziò a perdere di lucidità. Al 79′, servito da Pérez, Ghiggia compì un altro dribbling sulla fascia destra, mentre nell’area brasiliana erano presenti tre compagni di squadra, tra cui Schiaffino. Aspettandosi un cross a uno di questi ultimi, il portiere brasiliano Barbosa accennò un’uscita, muovendosi all’interno dell’area piccola e rendendo così sguarnito il lato sinistro della porta. Ghiggia sfruttò lo spazio lasciato dall’estremo difensore brasiliano, calciando direttamente in rete e realizzando il 2-1 per l’Uruguay. Sul Maracanã cadde il silenzio. I calciatori brasiliani cercarono disperatamente il gol del pareggio, ma l’Uruguay si chiuse in difesa con tutta la squadra e il risultato non cambiò più. Il 16 luglio del 1950 passò così alla storia come il giorno del “Maracanazo” (in portoghese Maracanaço) termine riferito alla sconfitta contro ogni pronostico del Brasile contro l’Uruguay, una sconfitta che gettò nello sconforto un’intera nazione.