I Lakers di “re” Lebron sono primi, i Clippers dell’All Star Leonard secondi. Ma nella Western Conference gli avversari “tosti” non mancano
Dopo il mercato estivo, si prospettava una stagione NBA equilibrata e combattuta come non se ne vedevano da anni. Quando ormai mancano circa venti partite al termine della stagione regolare, nella Western Conference, rispettando le previsioni, una squadra la sta facendo da padrona: i Los Angeles Lakers. Trascinati da Lebron James che è a tutti gli effetti un uomo in missione, i giallo viola californiani, sono primi e hanno una striscia di nove vittorie e una sconfitta nelle ultime dieci gare disputate. A supporto del Re quest’anno è arrivato un altro All Star, l’ex New Orleans Anthony Davis, che con i suoi 26.7 punti a partita e i suoi 9.4 rimbalzi, sta dando il prezioso contributo per arrivare al tanto atteso anello. Los Angeles che la fa da padrona ad Ovest: il secondo posto è occupato dai Clippers, freschi di sconfitta 112 a 103 nel derby disputatosi domenica sera. Anche qui c’è un leader indiscusso, alias il vincitore del titolo di MVP all’ultimo All Star Game Kawhi Leonard, affiancato da Paul George e da un supporting cast di veri mastini difensivi come Patrick Beverly e Marcus Morris. Una rivalità che introduce una sfida al sapore di playoff in grado di regalare spettacolo a tutti i tifosi di basket, ma soprattutto ad una città che da troppi anni è ai margini della competizione.
Con lo stesso numero di vittorie dei Los Angeles Clippers, al terzo posto troviamo i Denver Nuggets di Nikola Jokic, franchigia che negli ultimi anni ha avuto un costante miglioramento e che può contare su un roster giovane e affamato di vittorie. Fame che non manca di certo anche agli Utah Jazz, che con la doppia doppia di media di Rudy Gobert e la carica emotiva di Donovan Mitchell, stanno trovando oltre al gioco migliore della Conference anche continuità di risultati che sin qui vale il quarto posto. Alla quinta posizione troviamo la vera sorpresa di questa stagione: gli Oklahoma City Thunder. Vi chiederete, perché sorpresa? La risposta è molto semplice: questa doveva essere una stagione di transizione per i Thunder dopo la cessione illustre di Russel Westbrook, con tante scelte per il futuro e tanti giovani da formare. Invece trascinati da Chris Paul che sembra vivere una seconda giovinezza, e da un Danilo Gallinari che ha finalmente trovato continuità a livello fisico, troviamo Oklahoma con un record di 40-24, una vittoria in più degli Houston Rockets del celebre ex compagno. Houston che ha faticato a tratti nella prima fase della stagione ma che abbassando clamorosamente il quintetto nel mercato invernale (basti pensare che il centro titolare è PJ Tucker alto 196 cm), ha trovato il suo equilibrio. Con James Harden e Westbrook al top può dire la sua nel finale di stagione.
L’obiettivo va ora inevitabilmente messo a fuoco su un giocatore che a 21 anni è già stato accostato più volte al titolo di MVP: Luka Doncic. Vincere il premio di “Rookie of the Year” era solo l’inizio. Lo sloveno in questa stagione è esploso ed è il faro dei Dallas Mavericks squadra che dal 2010/2011 non supera il primo turno dei playoff. Dall’ottavo posto occupato dai Memphis Grizzlies con il record di 32-32 all’undicesimo dei Portland Trail Blazers, la distanza è di sole quattro partite e tutto è aperto. In gara ci sono i Grizzlies trascinati dal talento e dalla voglia di dimostrare di essere già pronto del probabile “Rookie of the Year” Ja Morant, Pelicans che con il rientro di Zion Williamson e con più minuti giocati dal “nostro” Niccolò Melli, i Sacramento Kings, gruppo di giovani di grande prospettiva, che cerca di migliorare il nono posto dello scorso anno, i Trail Blazers di Damien Lillard e del rinato Carmelo Anthony, insomma, tutte queste squadre si giocheranno fino all’ultimo un posto tra le grandi ad ovest.
Una menzione particolare va a due squadre che sembrano escluse dalla lotta playoff: i San Antonio Spurs e i Golden State Warriors. I Texani perché, miracoli a parte, non andranno alla post season per la prima volta dal 1996 (per intenderci Luka Doncic 28/2/1999 non era ancora nato). I giocatori della Baia di San Francisco invece dopo il dominio degli ultimi anni, sono all’ultimo posto a causa soprattutto degli infortuni di Klay Thompson e del rientrante Steph Curry, al quale sono bastati 27 minuti di show dopo sei mesi di assenza per capire che la musica a Golden State ritroverà presto note liete.
Appuntamento a domani per il nostro personalissimo “check” sulla Eastern Conference.