Nato il 17 agosto del 1952, il pilota brasiliano non ha mai cercato le luci della ribalta ma ogni volta che si è messo al volante ha fatto la differenza
Distante anni luce dalla spasmodica ricerca della fama e della celebrità eppur così micidiale e vincente ogni qualvolta si sia messo al volante. Nelson Piquet, nato a Rio de Janeiro il 17 agosto del 1952 si può riassumere in questo semplice ma significativo concetto. Ultimo figlio di Estácio Gonçalves Souto Maior e Clotilde Piquet, Nelson Piquet Souto Maior trascorre la sua infanzia nella nuova capitale Brasilia per via dell’attività politica del padre, medico, che divenne ministro della sanità nel governo di João Goulart. Gli inizi del piccolo Nelson sono ben lontani dal mondo dei motori. Il padre, talento tennistico che vince anche il titolo regionale, mise una racchetta tra le mani del giovane figlio che non perse tempo per portare in campo quello spirito indomito che lo rese uno dei giovani tennisti brasiliani più promettenti. A 14 anni scocca però la scintilla: Nelson indossa un casco e si mette al volante di un kart che aveva acquistato con tre amici. Il padre non è ovviamente d’accordo, ma la passione fa breccia nel cuore di Nelson che corre di nascosto utilizzando il cognome della mamma. Diventa così campione brasiliano nel 1971 e 1972. Risultati con i quali manifesta le sue intenzioni a papà che, di tutta risposta, lo manda in California a studiare. Nel 1974, dopo la morte di papà Estacio, Piquet partecipa alle gare di Formula Super Vee. In occasione del Gran Premio del Brasile di Formula Uno, entra nei box e si avvicina al tecnico della Brabham Gordon Murray chiedendogli di poter fare qualcosa. Di lì a poco ebbe tra le mani il casco di Carlos Reutemann da pulire. Il più famoso pilota lo allontanò bruscamente come i due ebbero modo di ricordare nel 1981 quando furono in corsa per il titolo mondiale.
Entrato nelle grazie di Emerson Fittipaldi, Nelson Piquet sbarca in Europa nel 1976: per due anni vince il campionato di Formula Tre. L’ascesa continua inesorabile nel 1978 quando diventa il pilota di punta della Brabham, orfana di Niki Lauda. A Long Beach nel 1980 arriva la prima vittoria della carriera in Formula Uno, l’anno dopo sale sul gradino più alto al Mondiale battendo Reutemann. L’anno horribilis è il 1982: la Brabham non va e Nelson colleziona un ritiro dopo l’altro. La riscossa è vicina: nel 1983 beffa Alain Prost per due punti e diventa campione del mondo. Il dualismo col francese si ripete nel 1986, l’anno in cui Nelson Piquet passa alla Williams e vede svanire il mondiale ad Adelaide a causa di un evitabile cambio gomme chiesto dal team. Il brasiliano torna il numero uno al mondo nel 1987 anche “grazie” ad un infortunio occorso a Nigel Mansell che non partecipa al decisivo Gran Premio a Suzuka. E’ l’anno in cui Piquet va a sbattere al Tamburello di Imola dopo una foratura un po’ “sospetta”. Anni dopo svelerà: «La profondità della mia vista s’era accorciata. Non potevo dirlo a nessuno altrimenti non avrei più gareggiato. Diciamo che la mia carriera è finita lì, da quel momento ho corso solo per i soldi». Lasciata la Williams, Nelson Piquet va prima alla Lotus e poi alla Benetton dove chiude la sua carriera non prima di aver vinto a Montreal beffando Nigel Mansell che stava già esultando per il primo posto. Mentalità vincente e coraggio non sono mai mancati a Nelson Piquet. Di lui, oltre ai tre titoli mondiali (1981, 1983, 1987), alle tante vittorie (23 Gran premi), alle pole position conquistate (23), e alle tante volte in cui è salito sul podio (60), tutti ricordano l’incredibile sorpasso operato ai danni del mitico connazionale Ayrton Senna nel 1986 all’Hungaroring di Budapest: si mette di traverso alla prima curva e passa davanti. Pubblico in tripudio per uno dei momenti più esaltanti nella storia della Formula Uno.