Kart, Rally, Formula Uno, Formula Indy: compie oggi 39 anni l’apprezzato e rispettato pilota spagnolo che ha saputo regalarsi una carriera ricca di successi
Prima di lui la Spagna dei motori è solo rally e moto. Puntiglioso, professionale, anche sopra le righe nelle pretese d’impegno e sostegno da parte della squadra. Nell’identikit del pilota ideale, la testa sarebbe la sua, per vedere strategicamente dentro le pieghe di una corsa. Vince meno di quanto avrebbe meritato. Fernando Alonso nasce a Oviedo il 29 luglio del 1981, nel nord della Spagna. La madre Ana Maria lavorava in un grande magazzino, mentre il padre José Luis era stato assunto come meccanico in una fabbrica di esplosivi nei pressi della stessa città delle Asturie. Quest’ultimo va matto per le corse e lo mette sui kart a tre anni. In realtà quel kart è per Lorena, la sorella, che non vuole saperne. Alonso coi kart vince praticamente tutto quello che c’è da vincere. La prima monoposto gliela offre Adrian Campos nel 1998, relativamente tardi rispetto agli standard. Lui è subito una scheggia e Briatore che sta pianificando la rinascita della Renault non se lo lascia scappare. Sfiora il record di Mike Thackwell come il più giovane al via di un Gran Premio nel 2001, quando Briatore lo cede per un anno alla Minardi. Nel 2002 è collaudatore ufficiale per la Renault e non gareggia, ma per tenersi in forma fa pure i test con Jaguar e Arrows. Torna titolare nel 2003, fa la pole a Sepang e vince a Budapest la prima della carriera, mette le basi per la conquista del titolo: è lui che interrompe la striscia iridata di Schumacher nel 2005 quando la Ferrari si perde sullo sviluppo delle gomme, è lui il primo spagnolo in testa al mondiale. A Oviedo la gente fa il bagno nelle fontane. Ha ancora un anno di contratto in Renault, eppure firma in anticipo con la McLaren per il 2007. Fa il bis del titolo prima di trasferirsi. Ma a Woking resiste un anno solo: il contrasto con Hamilton è feroce, raggiunge il culmine nelle qualifiche a Budapest. Sullo sfondo si dipana la spy-story. Alla fine scappa sbattendo la porta, il patto pluriennale diventa carta straccia, di comune intesa e senza nemmeno un soldo di penale. Briatore allora si riprende il figliol prodigo, batte sul tempo Toyota, Red Bull e Williams. La vittoria di Singapore è favorita dall’aiutino del crash-gate, quella del Fuji invece è autentica. Nel 2009 non resta niente della Renault da mondiale, Alonso si guarda intorno e trova la Ferrari che si separa da Raikkonen. Sfiora il mondiale due volte. È dolorosissima la sconfitta del 2010, il box fa un clamoroso autogol quando sceglie di marcare Webber, anticipa la sosta e lo blocca dietro a Petrov mentre Vettel recupera 15 punti e si prende il campionato. Col cavallino resta fino al 2014, poi la Ferrari fallisce anche la rivoluzione ibrida, per cui nel 2015 si compie il ricongiungimento romantico: Alonso torna sulla McLaren per volontà dell’Honda affianco a Button. Non è un matrimonio felice. Anzi inizia malissimo con un incidente misterioso ai test di Barcellona. Il motore non c’è, la macchina è carente. Da li in avanti, anche e soprattutto per mancanza di fiducia nel team, Alonso non otterrà più nessun risultato degno di note e così la Formula 1 perde nelle retrovie un valido protagonista. Il casco di Alonso è azzurro, con ai lati tre strisce rosse e gialle (che rappresentano la bandiera della Spagna) e alcuni dettagli blu e azzurri (nella parte inferiore è presente la bandiera delle Asturie), con due lampi disegnati nella parte superiore del casco. Nella stagione 2007, Alonso cambiò temporaneamente i colori del casco da rosso, giallo e azzurro a nero, argento e rosso (anche se nei test della McLaren usò un casco tutto bianco). Al Gran Premio di Monaco 2013 Alonso svela un nuovo casco, i cui colori dominanti sono il bianco e il dorato, ai lati un puzzle per celebrare i 32 successi ottenuti dal pilota, dal primo in Ungheria nel 2003 fino all’ultimo a Barcellona. Sulla parte superiore del casco, invece, un altro puzzle, ancora dorato, per rappresentare un planisfero. Durante il Gran Premio di Abu Dhabi 2014, indossa per l’occasione (ultima gara in forza alla Ferrari) un casco celebrativo, con un pit-stop con sfondo rosso sulla destra e le firme dei suoi compagni di squadra a sinistra. In mezzo alla calotta è presente il tricolore italiano.