Compie gli anni oggi il difensore soprannominato “The Wall”, indubbiamente uno dei migliori centrali stranieri che si siano visti in Italia.
Sfogliando l’album dei ricordi, Samuel ha ricordato di come quando fosse più giovane uscisse dalla partita nel momento in cui la sua squadra subiva gol, talmente era forte la negazione in lui per aver concesso questa gioia agli avversari. Una reazione potente, anche esagerata, ma sicuramente calzante nel far capire la personalità dell’argentino, esperto a rompere il gioco altrui. Le sue prestazioni, sempre a livelli alti, hanno fatto la fortuna della Roma, ma soprattutto dell’Inter, dieci anni di militanza in cui ha cristalizzato la sua immagine di difensore roccioso e insuperabile. Walter Adriàn Samuel nasce nel 1978 a Firmat, nel dipartimento di Santa Fe, in Argentina. Il suo cognome all’anagrafe in realtà è Lujàn, ma il padre biologico lo abbandonò in gioventù, e così il futuro centrale si fece successivamente cambiare il cognome con quello del padre adottivo. Uno tosto come lui trovava nelle sfide di strada pane per i suoi denti, e già allora non lesinava contrasti duri, anche contro avversari più grandi di lui. I suoi inizi calcistici veri e propri sono con il Newell’s Old Boys, dove rimane giusto una stagione prima di accasarsi al Boca Juniors, assaporando il calore del pubblico della Bombonera già a vent’anni. Con gli Xeneizes vince un Torneo Apertura e un Torneo Clausura, i massimi titoli nazionali, per poi trionfare anche a livello continentale. Dopo il 2-2 dell’andata, il Boca si gioca tutto a San Paolo contro il Palmeiras il 21 giugno 2000, data della finale di ritorno della Copa Libertadores. I gol fuori casa non sono previsti, e così lo 0-0 finale trascina la gara ai rigori, dove i gialloblu sono infallibili, mentre i brasiliani ne sbagliano due. Samuel è campione del Sud America, ed è ormai questione di tempo prima del suo sbarco in Europa. L’offerta giusta è della Roma, 34 i miliardi di lire elargiti da Franco Sensi per portare il difensore nella Capitale, in una squadra sempre più attrezzata per lo Scudetto.
C’erano già Capello e Montella, quell’estate si aggrega anche Batistuta: la Roma è una potenza, Totti sboccia definitivamente, Samuel guida una difesa d’acciaio in un campionato dal finale thrilling: solo all’ultima giornata, con il 3-0 sul Parma, i giallorossi sono campioni d’Italia per la terza volta nella loro storia. Resterà in giallorosso fino al 2004, 173 presenze per lui, prima di quello che sembra essere il salto di qualità finale, ovvero il trasferimento al Real Madrid dei Galacticos. Figo, Zidane, Beckham, Ronaldo, Raul, questi sono solo alcuni dei compagni di Samuel nelle Merengues, eppure il calcio non è una semplice operazione aritmetica, e difatti quella stagione si rivelerà fallimentare. I blancos cambiano invano tre allenatori, escono agli ottavi di Champions e concludono il campionato alle spalle del Barcellona. Samuel dirà in seguito di aver vissuto un’annata difficile in una squadra sbilanciata in avanti, non si è sentito apprezzato, e ha deciso di tornare dopo un solo anno in Italia, in una squadra che l’ha voluto a tutti i costi: l’Inter. Samuel in nerazzurro è stato semplicemente straordinario. La sua presenza ha cementato l’Inter di Mancini, vittoriosa per anni in Italia, pur dovendo saltare il girone di ritorno del campionato 2008, vinto all’ultima giornata a Parma, per infortunio. Con Mourinho, dopo aver vinto il suo quarto Scudetto di fila, è uno dei pilastri della squadra che vincerà il Triplete: in coppia con Lucio, i due formano più che un muro, una vera e propria diga difficilissima da scardinare. È in campo il 22 maggio 2010, quando l’Inter rivince la Champions League 45 anni dopo l’ultima volta, consolidando un’annata indimenticabile. Il rendimento dei nerazzurri calerà parecchio nelle successive stagioni ma Samuel è sempre uno dei più positivi e affidabili, memorabile il gol che decide il Derby del 7 ottobre 2012, con lui in campo, non a caso, il Milan ha sempre perso. Lascia l’Inter nel 2014, insieme a Milito, Cambiasso e al capitano Zanetti, chiudendo un ciclo. Si ritira due anni dopo, non prima di aver aggiunto al suo palmarès due campionati svizzeri con il Basilea, arrivando a 20 trofei vinti in carriera. Attualmente ha frequentato il corso per Allenatore Uefa Pro, per continuare in panchina a trionfare con la stessa forza che aveva in campo.
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