L’eliminazione di Juventus, Atalanta e Lazio, dopo quella dell’Inter ai gironi, riaccende il dibattito sulle performance delle italiane in Europa.
Nessuna squadra italiana ai quarti di Champions League. Questo il verdetto dopo la conclusione degli ottavi, che lascia ancora una volta il nostro Paese a bocca asciutta. Dal 2010, anno del trionfo dell’Inter, sono state davvero poche le volte in cui le nostre squadre sono riuscite ad arrivare in fondo alla competizione. Il calcio italiano sembra pagare la minore intensità, velocità e cattiveria rispetto alle avversarie del Continente, in particolar modo le inglesi, raramente vincenti ma sempre presenti in quantità quando il gioco si fa duro. Il dato allarmante è appunto l’ultima volta che una simile debacle colpì il nostro calcio, ovvero la stagione 2015/2016, cinque anni fa, segno che non molto è cambiato rispetto a quella campagna europea, che andremo ora ad esaminare meglio. Anzitutto, per il famoso discorso del ranking Uefa, erano solo tre le squadre italiane ammesse alla fase finale, di cui una, la Lazio, venne eliminata direttamente al preliminare. I biancocelesti, terzi in campionato a solo una lunghezza dai cugini, erano guidati da Stefano Pioli, e si erano da poco aggiudicati un gigante serbo a centrocampo, Sergej Milinkovic-Savic. Guidati da De Vrij in difesa e da Felipe Anderson e Miro Klose in attacco, i capitolini affrontarono in pieno agosto i tedeschi del Bayer Leverkusen all’Olimpico, portando a casa un’importante vittoria grazie al gol di Keita Balde, entrato in campo nella ripresa. C’era quindi fiducia per l’incontro di ritorno, disputatosi una settimana dopo alla BayArena, terminato in un disastro completo per i colori biancocelesti. In vantaggio con Hakan Calhanoglu, l’attuale trequartista del Milan, la Lazio affondò nella ripresa: Mehmedi colpì dopo tre minuti, Mauricio venne espulso per doppia ammonizione e nel finale Bellarabi infilò il coltello nella piaga, chiudendo definitivamente i conti. È il prologo di una stagione complicata per i romani, che Pioli non finirà, venendo esonerato ad otto partite dalla fine per far posto a Simone Inzaghi, ancora oggi a guidare gli Aquilotti.
Veniamo quindi a Roma e Juve, che iniziarono il loro cammino nella fase a gironi. I giallorossi erano al terzo anno con Rudi Garcia, autore di due secondi posti, seppur distanti dalla vetta. Szczesny, Digne, Salah e Dzeko erano stati i colpi di mercato di una squadra piena di qualità, autrice però di una qualificazione stentata agli ottavi. Nel girone ottenne solo 1 punto nella doppia sfida con i modesti bielorussi del Bate Borisov, mentre con il Barcellona finì 1-1 all’andata (splendido gol da centrocampo di Florenzi), e 6-1 al ritorno per i catalani, un vero disastro. Il passaggio del turno avvenne solo grazie al vantaggio negli scontri diretti con il Leverkusen, battuto 3-2 al ritorno dopo un clamoroso 4-4 all’andata. Come l’Atalanta quest’anno, i giallorossi furono sorteggiati con il Real Madrid dell’allora nuovo tecnico Zinedine Zidane, subentrato dopo un brutto inizio a Benitez. Anche la Roma aveva cambiato guida tecnica, Luciano Spalletti era tornato nella Capitale dopo i suoi anni in Russia. Ronaldo e Jesé all’andata, ancora CR7 e James Rodriguez al ritorno, il Madrid vinse agilmente e iniziò il suo cammino per conquistare l’undicesima Champions League. La Juve, al secondo anno di Allegri e con una finale di Champions persa solo contro il Barça, aveva lasciato andare Pirlo, Vidal e Tevez, per assicurarsi Alex Sandro, Cuadrado, Khedira, Dybala e Mandzukic. Il passaggio del turno avvenne in maniera semplice, nonostante i primi mesi complicati in Serie A: due vittorie contro il Manchester City, due pari con il Gladbach, successo a Siviglia ma sconfitta al ritorno. La caduta provocherà il secondo posto nel girone e il sorteggio con il temibilissimo, ieri come allora, Bayern Monaco. A Torino terminò in parità, 2-2, dopo che la Juve era sotto, a Monaco Lewandowski e Muller al 91esimo recuperano il vantaggio di Pogba e Cuadrado, completando l’opera con Alcantara e Coman nei supplementari, per il 4-2 definitivo. La Juventus, autrice di una seconda parte di campionato da favola, esce di un soffio, in un’annata dove poteva fare benissimo. Tant’è che anche l’anno dopo, come quello prima, Allegri portò i suoi in finale di Champions.