Compie oggi 40 anni colui che è con tutta probabilità il miglior talento mai espresso dal calcio africano, l’ex interista Samuel Eto’o.
Negli anni della sua adolescenza Eto’o richiese un visto di dieci giorni per poter giocare un torneo giovanile in Francia, al termine del quale rimase senza alcun permesso. Sans papier in francese, senza documenti, tutto questo per proporsi nelle giovanili delle squadre locali e coltivare il suo sogno. Chi l’avrebbe detto che un giorno avremmo parlato di quel ragazzo come di un campione in grado di vincere tutto, di una macchina da gol che ha dominato ovunque è andato. Eto’o ha sudato con il lavoro ogni traguardo di ciò che si è guadagnato nella vita, dovendo combattere contro un nemico subdolo, il razzismo, con cui ha spesso avuto a che fare nella sua carriera. “L’Africa è uno stato mentale, io lavoro in Europa, ma sogno in Africa”, ebbe a dire nella sua autobiografia, a sottolineare ancora una volta il suo legame orgoglioso con il Continente Nero. Nato in Camerun, quel diamante grezzo che cercava squadra senza documenti venne notato dal Real Madrid, che lo tenne qualche anno senza accorgersi delle sue potenzialità. Curioso come uno dei simboli del Barcellona sia stato cresciuto proprio dai blancos, di cui diventerà uno dei più acerrimi rivali. Nel 2000 vince la medaglia d’oro ai Giochi olimpici di Sydney, il primo di diversi successi con la maglia dei Leoni indomabili del Camerun, con cui disputerà quattro Mondiali e sei Coppe d’Africa, vincendone due. Il 2000 è anche l’anno che lo vede approdare al Maiorca, club dove lentamente inizia a incrementare il suo bottino di gol, fino a diventare il miglior marcatore nella storia del club nella Liga. La svolta arriva nel 2004, quando passa al Barcellona di Rijkaard: farà faville con Ronaldinho e Messi, la sua velocità nel breve e il suo istinto killer sotto porta mandano completamente fuori giri gli avversari. Vince subito il campionato, nel 2006 ne mette 34 in 47 partite, compreso il gol che rimette in parità la finale di Champions contro l’Arsenal, poi vinta dai blaugrana grazie a Belletti. È ormai una star a livello mondiale quando centra il Triplete con Il Barça nel 2009, campionato, coppa e Champions, un altro gol in finale, stavolta con il Manchester, e poi l’esultanza a ribadire ancora una volta il colore della sua pelle.
Lascia la Spagna dopo 200 gol complessivi, passando all’Inter nell’estate del 2009, nell’ambito di uno scambio con Ibrahimovic. Uno dei più grandi colpi della storia nerazzurra, visto il suo enorme contributo nei due anni a Milano. Nel 2010 è subito Triplete, di nuovo: Eto’o segna meno del solito, ma grazie ai suggerimenti di Mourinho si sacrifica con umiltà per il bene della squadra, difendendo anche, quando serve. Di gol pesanti ne mette comunque a segno, basti pensare a quello contro la Juve, al ritorno con il Chelsea, o anche all’assist nella finale contro il Bayern, partita in cui l’Inter rivince la Champions dopo 45 anni, la terza sollevata da Samuel Eto’o. La stagione successiva è invece il padrone assoluto dell’attacco nerazzurro, complice anche gli infortuni di Milito, segna 37 gol in un anno, il suo massimo in carriera, sotto solo a Meazza e Angelillo nella ultracentenaria storia dell’Inter. Decide la Supercoppa Italiana, Il Mondiale per Club, la Coppa Italia, segna in qualsiasi modo, gol di rapina e gol stupendi, un dominio che giusto il miglior Ronaldo aveva fatto vedere a Milano. Eppure la sua storia interista termina poco dopo. L’Anzhi Makhachkala, una sconosciuta squadra del Daghestan, gli offre 20 milioni di euro all’anno, e il trasferimento è definito. In molti hanno accusato Eto’o di avere a cuore solo i soldi, il giocatore ha risposto che voleva dimostrare ancora una volta di essere il numero uno, portando in alto una squadra senza storia. Sicuramente può aver influito anche l’aria che tirava all’Inter, che inizierà proprio da lì la sua parabola discendente, fatto sta che Eto’o rimase in Russia due anni, portando la squadra al terzo posto, prima di andarsene per il disimpegno finanziario del magnate Kerimov. Tornerà al Chelsea, ritrovando Mourinho, ma non sarà una grande stagione. Anche le successive esperienze con Everton e Sampdoria sono decisamente deludenti. Forse, a 35 anni il Leone non ha più fame. Si è ritirato nel settembre del 2019 dopo aver regalato gli ultimi sprazzi del suo calcio tra Turchia e Qatar. Recentemente è stato vittima di un brutto incidente, dal quale tuttavia ne è uscito bene. Il quattro volte calciatore africano dell’anno ha lasciato un segno indelebile in questo sport, e vederlo giocare è stata un’esperienza indimenticabile per tutti gli amanti del calcio.