Compie oggi 34 anni un attaccante fenomenale, la cui carriera, anche recentemente, è stata spesso oscurata da controversie.
Luis Suarez è sicuramente uno dei più grandi giocatori della nostra epoca. Bomber straordinario, più di 400 gol in carriera, capace di mischiare a un innato senso del gol colpi di classe che denotano grande tecnica, ha inciso il suo nome nella storia di questo sport anche per i tanti episodi che lo hanno visto protagonista, dall’incredibile love story con la moglie Sofia alle tre squalifiche per morsi, dalla seconda “Mano de Dios” al recente esame di italiano. Ma andiamo con ordine, partendo dal 24 gennaio 1987, il giorno in cui nacque Luis in quel di Salto, la seconda città più popolosa dell’Uruguay. Il Suarez bambino non passò un’infanzia facile: non era semplice riuscire a studiare in una situazione come quella del ragazzo, che viveva con i suoi sei fratelli e la madre, dopo che quest’ultima si era separata dal padre quando lui aveva 7 anni. I soldi scarseggiavano, e bisognava arrabattarsi per riuscire a portare qualcosa a casa. Impegnarsi seriamente nel calcio era l’unica strada per uscire dalla miseria, e Suarez ci riuscì grazie anche alla sua futura moglie Sofia Balbi. Di origine italiana, motivo per cui anni dopo ha potuto chiedere la cittadinanza del nostro Paese, Suarez si innamorò della ragazza durante l’adolescenza, macinando chilometri a piedi per andare a trovarla, fino a quando Sofia, insieme ai genitori, non si trasferirono per lavoro a Barcellona. Suarez le promise che sarebbe diventato un calciatore famoso, ricongiungendosi a lei appena avrebbe trovato una squadra in Europa. Come sappiamo, è andata proprio così, la motivazione ha dato a Suarez la forza di far bene in patria, prima di approdare nel Vecchio Continente tramite il Groningen, piccolo club olandese, nel 2006. Ritrovata la sua Sofia, che lo ha seguito a soli 19 anni, Suarez iniziò a imporsi nel calcio che conta. Dopo un solo anno era già all’Ajax, il club più prestigioso dei Paesi Bassi. Capita in un momento storico non così roseo per i lanceri, a secco di vittorie nel campionato nazionale dal 2004. Suarez non riuscì a riportare il titolo ad Amsterdam, ma fece anni assurdi dal punto di vista realizzativo: nel 2010 arrivò a segnare 49 gol in 48 partite. Fu un anno particolare quello, in cui iniziarono ad emergere anche alcune ombre della sua persona, a partire dal Mondiale 2010, una competizione in cui l’Uruguay arrivò fino al quarto posto, grazie a Suarez che si fece espellere bloccando con la mano un gol sicuro degli avversari ghanesi. Sull’1-1 gli africani sbagliarono il penalty del vantaggio, e furono poi eliminati dai sudamericani. Piovvero critiche su Suarez, che si difese tirando in mezzo “La mano de Dios” di maradoniana memoria.
Anche in campionato destò scalpore la sua squalifica per sette turni nel novembre di quell’anno, per aver morso l’avversario Bakkal. Nonostante questo, nel gennaio del 2011, il Liverpool lo prelevò per 26,5 milioni di Euro. Al di là dei comportamenti da condannare, era chiaro che i Reds avessero preso un campione, e Suarez lo dimostrò conducendo l’Uruguay alla vittoria della Copa America 2011, a sedici anni dall’ultima volta, con tre reti nelle partite decisive. Fece ancora parlare di sé a dicembre, quando subì otto giornate di squalifica per insulti razzisti nei confronti di Evra, reo, secondo lui, di averlo a sua volta insultato. Ripresosi dalla mazzata tornò finalmente a segnare, la cosa che sa fare meglio. Vinse la Scarpa d’oro nel 2014, segnando l’impressionante cifra di 31 gol in 33 partite di campionato, in una Premier League che il Liverpool perse di un soffio. Fu anche l’anno in cui fu acquistato dal Barcellona per 75 milioni di sterline, allora il trasferimento più costoso di sempre. Riuscì a debuttare con i catalani solo nell’ottobre 2014, dato che ai Mondiali di quell’anno accadde il fatto più grave della sua carriera. Durante la partita con l’Italia il suo morso a Giorgio Chiellini non passò inosservato, e la Fifa lo punì con 4 mesi di sospensione totale dalle gare agonistiche. Per fortuna fu l’ultimo episodio nel genere della sua carriera, che visse a Barcellona anni splendenti. Insieme a Messi e Neymar, la famosa Msn, formò uno degli attacchi più devastanti di sempre, in grado di segnare 365 reti combinate in pochi anni. Suarez rimase sei anni con il Barça, con il quale vinse ogni trofeo possibile. Nel 2015 un suo gol in finale diede la vittoria per 3-1 contro la Juve in Champions League, in dicembre segnò cinque reti nelle due gare del Mondiale per Club, vinto contro il River Plate. Trionfò quattro volte nel campionato nazionale, segnando 198 gol nelle 283 presenze in maglia blaugrana, con il culmine della stagione 15-16, 59 gol in 53 partite, 40 in campionato, numeri mostruosi, mai visti da altri che non siano Ronaldo e Messi, che gli valsero la seconda Scarpa d’oro. Impostosi definitivamente come uno dei migliori attaccanti della sua generazione e di ogni epoca, nell’estate dell’anno scorso ha cambiato aria trasferendosi all’Atletico Madrid, dove ha già messo a segno 11 marcature, guidando i colchoneros al primo posto in classifica. In Spagna rimane dominante, ma, come si sa, è stato a un passo dall’Italia. Nel mirino della Juventus, il trasferimento del giocatore al club di Torino è saltato dopo la scoperta dell’esame farsa dell’attaccante in lingua italiana, sostenuto da Suarez per ottenere la cittadinanza, e per cui sono state aperte diverse indagini contro il personale dell’Università di Perugia, ipotizzando anche un coinvolgimento della stessa Juve. La carriera di Suarez è stata così, sempre in bilico tra luci e ombre.