Compie oggi 62 anni il grande allenatore toscano, ancora senza panchina al termine della sua avventura nel 2020 alla Juventus.
Era da nove anni che non festeggiava il suo compleanno a casa Sarri, alla ricerca di un’occasione per poter ripartire. La sua esperienza bianconera, chiusasi in malo modo, è stata l’ultima tappa di una lunga e straordinaria carriera, partita dall’ultima serie dilettantesca per arrivare a giocare contro le migliori squadre al mondo. Sarri, poco diplomatico e molto sanguigno come spesso i toscani sanno essere, è in realtà nato a Napoli, dove il padre lavorava come operaio nell’Italsider di Bagnoli. In gioventù è stato calciatore, ha infatti una piccola parentesi tra i dilettanti, abbandonata presto, anche perché nel frattempo aveva trovato lavoro presso la Banca Toscana, di cui è stato dipendente. È nel 1990 che, in parallelo al lavoro bancario, inizia ad allenare nella Seconda Categoria toscana, guidando lo Stia e poi la Faellese. A differenza di tanti altri, Sarri ha fatto la gavetta vera, barcamenandosi per tutti gli anni ’90 tra Promozione ed Eccellenza. È solo nel 1999 che Maurizio Sarri decide di dedicarsi completamente alla sua vita in panchina. Nelle stagioni successiva porta la Sansovino in Serie D e guida la Sangiovannese in C2 e C1, prima di debuttare in B con il Pescara. Gli anni che seguono sono un po’ altalenanti per il tecnico toscano: con gli abruzzesi chiude a metà classifica, subentra a Conte all’Arezzo, venendo esonerato, guida anche Avellino, Verona, Perugia e Grosseto tra Prima Divisione e cadetteria, senza mai riuscire a ottenere grandi risultati. Sulla panchina dell’Alessandria, nel 2011, riesce a portare ai playoff una squadra in grande difficoltà societaria, sfiorando la promozione nonostante ci sia stato anche un iniziale coinvolgimento nello scandalo scommessopoli, da cui uscirà pulito. Dopo la panchina del Sorrento, trova finalmente la sua dimensione all’Empoli. Con il club empolese il suo nome inizia a diffondersi nel mondo del grande calcio, grazie anche allo stile di gioco offensivo e spettacolare che caratterizza la squadra. Il primo anno arriva quarto, e solo una sconfitta nei playoff gli nega la Serie A, raggiunta grazie al secondo posto dell’anno successivo.
Sarri arriva in massima serie nel 2014, dopo più di vent’anni dal suo debutto in panchina. Si salva con un quindicesimo posto in quella stagione, dando l’impressione che con giocatori di valore maggiore il suo modo di giocare possa dare ottimi frutti. Ed effettivamente così fu, visto che nel 2015 fu chiamato a guidare il Napoli, squadra dalle grandi doti tecniche, costantemente tra le prime del campionato. I suoi anni agli Azzurri sono un punto altissimo della sua carriera, il modo in cui gioca il suo Napoli, con la difesa in linea alta, a zona, con gli attaccanti sempre in gol, anche senza un vero centravanti, esprime al meglio il concetto di “sarrismo”, termine che entrerà anche nel vocabolario della lingua italiana, a indicare il suo modo di giocare, improntato sulla velocità e sulla propensione offensiva. Non vincerà alcun trofeo con i campani, ma ci arriverà molto vicino: secondo al primo anno, terzo al secondo e di nuovo secondo all’ultima stagione, in cui sfiora lo Scudetto dopo un lungo testa a testa con la Juve, stabilendo il record di punti, vittorie, gol segnati e gol subiti in una singola stagione dai partenopei. Nel 2018 sbarca anche in Inghilterra, al Chelsea, dove sostituisce ancora una volta Antonio Conte. Con i Blues arriva terzo in Premier, rimanendo nei cuori dei tifosi londinesi per la vittoria dell’Europa League contro i rivali cittadini dell’Arsenal, primo trofeo internazionale in carriera per Sarri, primo italiano a vincere in Europa dopo Malesani nel 1999. Il colpo di scena finale, l’arrivo alla Juventus, una mossa che ha lasciato tutti di stucco. Lui, così vicino all’ambiente napoletano, che non aveva certo espresso parole al miele per i bianconeri, soprattutto nell’anno in cui 91 punti non sono bastati per trionfare, si accasa sulla panchina della Vecchia Signora. Con il senno di poi si può dire che effettivamente l’allenatore toscano non ha mai legato con l’ambiente juventino, tant’è che, nonostante la vittoria dello Scudetto, il primo per lui e il nono consecutivo per i piemontesi, è stato sempre abbastanza contestato e osteggiato da tifosi e media, uno dei fattori che ha portato alla rescissione nell’estate scorsa, insieme alla clamorosa eliminazione agli ottavi di Champions contro il Lione. Ad oggi, come detto, Sarri non allena alcuna squadra, ma è molto probabile che presto torni a insegnare calcio, con la schiettezza e passione che lo ha sempre contraddistinto.