Compie oggi 64 anni “The Legend”, una vera e propria icona del basket americano negli anni Ottanta, l’ala dei Celtics Larry Bird.
Michael Jordan, Kobe Bryant, Lebron James… questi sono i nomi di alcuni dei giocatori che hanno avuto un impatto talmente alto sul gioco del basket, da poter identificare una decade intera con la loro presenza sul campo. Ovviamente l’elenco si potrebbe ampliare, ma quanti sono i giocatori che hanno avuto questa potenza tra i migliaia che hanno militato nell’NBA, il campionato più tosto e competitivo al mondo? Davvero pochi. Ecco, Larry Bird è uno di questi. Lui e la sua rivalità con l’amico-nemico di sempre Magic Johnson, è stato semplicemente il basket negli anni Ottanta, decennio caratterizzato da spettacolari finali tra Celtics e Lakers, le due franchigie simbolo. Larry, considerato all’unanimità uno dei più grandi cestisti di sempre, nasce in una zona rurale dell’Indiana, più precisamente a West Baden Springs, paesino di circa 600 anime, nel 1956. Si forma giocando a basket per strada, sfidando in lunghi incontri i suoi fratelli e amici. Nasce in un contesto tranquillo, tant’è che che il suo impatto con i grandi campus delle università americane lo fa sentire fuori posto, arrivando a definirsi un semplice “contadinotto”. Eppure alla fine viene convinto a perseverare, e si iscrive alla Indiana State University, dove diventa uno dei protagonisti della squadra dell’Ateneo. Nel 1979 porta i suoi fino alla finale NCAA, dove però arriva la sconfitta contro Michigan State, guidata proprio da Magic Johnson. Partecipa al Draft Nba nello stesso anno e viene selezionato con la sesta scelta assoluta dai Boston Celtics, squadra di enorme tradizione. Non ci mise molto a far capire al mondo la sua forza: nel suo primo anno giocò tutte le partite, vincendo anche il premio di rookie dell’anno. Ala grande o piccola, aveva nel tiro dalla distanza il suo punto forte, essendo nelle triple e nei liberi tra i migliori della lega. In realtà era difficile trovargli punti deboli, visto che era un’ottimo rimbalzista, aveva una media di 6 assist a partita, e anche in difesa la sua presenza era fondamentale.
Nel 1981 vinse il suo primo anello, campione NBA nelle Finals vinte 4-2 contro gli Houston Rockets di Moses Malone. Dopo due anni a favore dei Sixers di Erving, tra l’84 e l’87 visse decisamente gli anni migliori della sua carriera. Nel pieno della sua maturazione cestistica era arrivato a registrare 28 punti di media a partita, con il career high di 60 punti contro gli Haws nell’85. La percentuale nei tiri da tre realizzati superava il 40%, e metteva a segno 10 rimbalzi e 6 assist di media. Questi furono gli anni della grande rivalità con Johnson, dato che nelle quattro stagioni citate, per ben tre volte le Finals furono tra i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers. I gialloviola ebbero la meglio nell’85 e nell’87, mentre nell’84 e nell’86 furono i verdi ad avere la meglio, prima grazie a una storica serie terminata 4-3, poi superando di nuovo Houston. In entrambi i casi Bird fu votata MVP delle Finals, risultando anche MVP della regular season per tre anni di fila. Nei suoi ultimi anni patì gli infortuni e i dolori alla schiena, ma nonostante questo rimase comunque al top. Nei 13 anni di Bird ai Celtics, fino al 1992, Boston fallì solo una volta l’accesso ai playoff. Decise di ritirarsi dopo le Olimpiadi di Barcellona, in cui diede spettacolo insieme al mitico Dream Team, vincendo la medaglia d’oro olimpica. La sua maglia numero 33 fu ritirata dalla franchigia del Massachusetts, fu inserito nella Hall of Fame, così come nella lista dei 50 migliori giocatori del cinquantenario della NBA. Dopo il ritiro tornò alle origini, alla sua Indiana: guidò i Pacers a tre ottime stagioni come allenatore sul finire dei Novanta, arrivando anche alle Finals, prima di dedicarsi alla carriera da direttore sportivo, sempre a Indiana. Tuttora è rimasto nella memoria di tutti gli appassionati di basket al mondo. Larry Bird, il contadinotto, si è ritagliato un posto in primo piano nell’Olimpo della pallacanestro.