Compie 77 anni oggi un grande attaccante degli anni ’60 e ’70, protagonista con Cagliari, Inter e Juventus di tanti successi.
Roberto Boninsegna lo distinguevi subito in campo. Un centravanti padrone dell’area avversaria, capace di fare a sportellate con chiunque e di metterla dentro, sempre e comunque. Sono più di 250 i gol da lui segnati in Serie A, di cui 173 in 287 con la maglia dell’Inter, in un tempo in cui la scuola difensiva italiana era la principale caratteristica del nostro campionato. Boninsegna, nato a Mantova nel 1943, fece parte delle giovanili dell’Inter nei primi anni ’60, ma non fece parte della Grande Inter di Herrera che vinse tutto a metà decennio, poiché il tecnico, considerandolo ancora inadatto alla Serie A, spinse per fargli fare le ossa in provincia. Così Roberto iniziò a girare la penisola: dopo due anni in B con Prato e Potenza, con cui sfiorò una clamorosa promozione nella massima serie, e una capatina in Serie A con il Varese, trovò la sua dimensione al Cagliari. Nel 1966 si ritrovò alla squadra isolana in coppia là davanti con un altro fantastico bomber, Gigi Riva. Avere due attaccanti del genere accreditò il Cagliari come una delle squadre più quotate del campionato, tant’è che nel ’69 la Società sarda si classificò addirittura al secondo posto, un record per l’epoca. È proprio durante l’esperienza cagliaritana che nacque il celebre soprannome “Bonimba”, coniato, così come l’altrettanto famoso “Rombo di tuono” per Gigi Riva, dal giornalista Gianni Brera. Questo nomignolo non fu mai molto amato dal giocatore, in quanto derivante dall’unione tra il cognome Boninsegna e l’appellativo “Bagonghi”, allora pseudonimo usato per definire i nani da circo. La similitudine derivava dal fatto che Boninsegna, pur non essendo altissimo, dato che non arrivava al metro e ottanta, era comunque in grado di elevarsi e sopraffare di testa i difensori avversari grazie alla sua esplosività.
Tornando al lato calcistico, per quanto trascinò il Cagliari, Boninsegna non riuscì a festeggiare con i compagni lo Scudetto del 1970, perché l’estate precedente aveva deciso di fare il grande salto, accasandosi all’Inter per ben 600 milioni di Lire. Già il primo anno segnò 25 gol, venendo convocato per il Mondiale in Messico, dove giocò tutte le partite andando a segno anche nella partita del secolo contro la Germania Ovest e siglando l’unica rete Azzurra nella finale contro il Brasile. Sono anni grandiosi: nel 1971 vince il suo primo Scudetto con la maglia dell’Inter, vincendo il titolo di capocannoniere con 24 gol in Serie A, onorificenza che otterrà anche nel torneo successivo, questa volta con 22 reti, in una stagione in cui l’Inter sfiorò la vittoria in Coppa dei Campioni, perdendo 2-0 in finale contro l’Ajax di Johan Cruijff. Rimase in totale con i milanesi per sette stagioni, durante i quali non fece mai mancare il suo apporto sotto porta e diventando un idolo della tifoseria nerazzurra. Il colpo di scena arrivò nel 1976, quando l’allora trentatreenne Boninsegna passò alla Juventus in cambio di Pietro Anastasi. Fu un trasferimento che fece parlare molto, anche perché erano due bandiere dei rispettivi club, e per quanto Boninsegna non fosse contento, rivelando anni dopo come all’epoca i giocatori non avevano potere e fu venduto dal Presidente Fraizzoli, si accasò alla Juventus. Con i bianconeri visse una vera e propria seconda giovinezza: in tre anni vinse subito due Scudetti nei primi due anni, festeggiando anche il successo europeo della Coppa Uefa nel 1977, il primo successo continentale dei bianconeri. Dopo le ultime presenze si ritirò dal mondo del calcio poco dopo, proseguendo la sua carriera negli anni futuri come osservatore per la Nazionale italiana. Anche oggi viene ricordato come uno degli attaccanti più prolifici che abbiano mai calcato i campi da calcio italiani.