Jim Hines fu il primo essere umano ad abbattere una soglia fino ad allora invalicabile, fissando un nuovo record in un anno di grandi cambiamenti.
Sono poche le annate che tutti ricordano, a cui vengono immediatamente associate delle immagini appena si cita quello che è semplicemente un numero di quattro cifre. Il 1968 è uno di questi. Un anno caratterizzato dall’aggregazione giovanile, dal senso di libertà da opporre al potere costituito, da grandi ideali, ma anche da grandi scontri. Gli scioperi, le occupazioni delle università, concetti nuovi che cercavano di prendere forma nonostante andassero apertamente in contrasto con la società di allora. Fu l’anno della Primavera di Praga, messa a tacere dai carriarmati sovietici che invasero la Cecoslovacchia, fu l’anno in cui gli Stati Uniti si resero conto di non poter più sperare in una vittoria militare nel Vietnam, fu l’anno in cui uno dei più grandi leader per i diritti dei neri, Martin Luther King, fu brutalmente assassinato, fu l’anno del gesto di Smith e Carlos. Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente vincitore e medaglia di bronzo della corsa sui 200 metri piani, furono i protagonisti di uno degli scatti più famosi della storia, nel momento in cui, guanto nero alla mano, alzarono il pugno al cielo mentre risuonava l’inno americano nello stadio Olimpico di Città del Messico, attuando un gesto iconico per ricordare il razzismo presente verso gli afroamericani, quello contro cui si batteva Luther King, e quello che ancora, purtroppo, è presente oggi. Già, perché tra tutti gli avvenimenti di quell’anno ci furono anche i diciannovesimi Giochi Olimpici moderni, disputati proprio nello stato del centro-America. Non fu un’assegnazione facile: furono tante le polemiche che accompagnarono la scelta del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, dovute perlopiù all’elevata altituidine della città dove si doveva svolgere la manifestazione. Si parla infatti di più di duemila metri sul livello del mare, una condizione in cui l’aria si presenta in maniera più rarefatta, causando potenzialmente imprevisti per gli atleti coinvolti.
Ma il CIO non volle sentire ragioni, e non le sentì neanche nei dieci giorni precedenti l’inizio delle Olimpiadi, quando le proteste furono enormi dopo che l’esercito messicano decise, non si sa per ordine di chi, di aprire il fuoco su un gruppo di studenti che manifestavano contro i costi troppo elevati sostenuti per gli impianti dal presidente Gustavo Diaz Ordaz. Tuttora non si sa quanti appartenenti al movimento studentesco persero la vita quel giorno a Tlatelolco, si stima fossero più di un centinaio, ma, come detto, il CIO tirò dritto. Il 12 ottobre 1968 presero il via le Olimpiadi quindi, con la solita imponente manifestazione. Anch’esse furono innovative: per la prima volta vennero effettuati dei controlli antidoping sui partecipanti, e la pista in cenere usata comunemente per l’atletica fu sostituita dal tartan, un materiale dal forte colore rosso in grado di rendersi elastico e favorire la forza esplosiva degli atleti, usato ancora oggi. Due giorni dopo, il 14 ottobre, si tenne una grande classica: la finale dei 100 metri piani. I vincitori delle tre medaglia furono tutti neri, e sul gradino più alto esultò per il suo oro Jim Hines, l’uomo più veloce del mondo, che aveva appena corso i 100 metri in 9″9. Hines, convertitosi a sprinter dopo un inizio nel baseball, aveva già frantumato questo record mesi prima ai campionati nazionali, tuttavia il cronometraggio manuale non aveva la precisione di quello elettronico, utilizzato per la prima volta ai Giochi, che resero ufficiale il suo primato. Non ci fu tuttavia molta gloria futura per Hines, a differenza di Dick Fosbury, che vincendo in quei giorni la gara di salto in alto mise in mostra una tecnica usata da chiunque anche oggi. Eppure il record di Jim durò quindici anni, fino a quando Calvin Smith non li percorse in 9″93 a Colorado Springs nel luglio del 1983. Da lì tanti campioni hanno abbassato sempre più la soglia: Carl Lewis, Asafa Powell, e quell’Usain Bolt che nel 2009 lasciò il mondo a bocca aperta, correndo i 100 metri in 9 secondi e 58 centesimi. Anche lui è stato in grado di fare una rivoluzione. Come Hines. Come Carlos e Smith. Come tutto il Sessantotto.