Nella partita giocata ieri a Los Angeles, i Clippers erano sotto di 50 punti, 27-77, all’intervallo contro Dallas, firmando un record.
“Mi sono goduto il mio giorno di Natale di ieri, e la partita di oggi è arrivata troppo presto”. Così Paul George, leader dei Clippers, ha provato a spiegare ai media l’incredibile debacle di cui la sua squadra si è resa protagonista contro i Dallas Mavericks. Una partita che Los Angeles affrontava da favorita, nonostante l’assenza di Kawhi Leonard, a cui sono stati necessari otto punti di sutura alla bocca per guarire la ferita dovuta alla fortuita gomitata ricevuta dal compagno Ibaka, nel match contro Denver. LA quindi, dopo aver vinto le prime due partite contro Lakers e Nuggets, si apprestava a sfidare dei Mavs reduci invece da due sconfitte, contro Suns e Lakers. E invece nel primo tempo la squadra di Tyronn Lue non ne ha beccata mezza, non riuscendo quasi mai ad andare a canestro e difendendo in maniera approssimativa il proprio.
Il primo quarto termina 36-13, nel secondo i texani mettono a referto 41 punti, contro i miseri 14 dei losangelini. All’intervallo è record: 27-77, 50 punti di distacco tra le due squadre, mai prima di allora in NBA si era registrato un divario così grande dopo 24 minuti di gioco. Il resto della partita è, ovviamente, accademia, difatti il distacco rimane praticamente uguale al termine 73-124, 51 i punti di distacco. Nei Mavs in evidenza Doncic con 24 punti, 8 assist e 9 rimbalzi, oltre ai 21 di Richardson e ai 18 di Hardaway. Nei padroni di casa 15 punti di George, e percentuali terribili dal campo: 26/76 la percentuale sui tiri totali, che scende a 4/33 considerando solo le triple. Nonostante il tonfo, come detto, né George né coach Lue sono molto preoccupati, dato che questa partita rappresenta solo un’eccezione, un incidente di passaggio, dovuto probabilmente al Natale, per una squadra che crede in quello che fa e che lotterà fino alla fine per un posto al sole nella Western Conference. Il prossimo impegno per dimostrarlo sarà contro i Minnesota Timberwolves, orfani di un Karl Anthony Towns alle prese con una distorsione al polso.