Quanto conta? Tantissimo. Che storia c’è dietro? Secolare. Quant’è forte il dissapore tra le parti? In maniera quasi estrema.
È Inter-Juve ed è bellezza. Seppur in un San Siro svuotato dall’entusiasmo classico sugli spalti.
Dopo la gara dello Stadium che inaugurò le partite senza pubblico – era il marzo del 2020 – quasi un anno dopo le due squadre si ritrovano. E domenica, ore 20.45, ecco l’appuntamento che per i bianconeri (ma anche per i nerazzurri) vale di fatto una stagione. O almeno, la certezza di poter lottare ad armi pari per lo scudetto.
È Inter-Juve ed è storia, come anticipato. Quella di una fortissima rivalità, che attraversa anni di sfide per il vertice e tocca scandali, scontri verbali, fisici, robe di ex e di amori mai sbocciati. O consumati nel peggiore dei modi. Storie persino di mercato, di scambi decisamente sui generis e di uomini.
Soprattutto, di uomini. Alcuni dei quali, fortunati a vivere entrambe le realtà, a sopravvivere alla pesantezza di due maglie uniche e irripetibili. Abbiamo stilato una top 11, intrecciando il passato dei due club. L’abbiamo schierata con un 3-4-1-2, per poterci mettere tutta la qualità e i piedi buoni che hanno infarcito la storia di queste due società.
Portiere: Angelo Peruzzi
Romano e non romanista. Forte tra i pali, non esattamente con il miglior fisico della storia dei portieri. Lo chiamavano Tyson, perché menava; chi aveva confidenza si lanciava sul ‘Cinghialone’, perché davanti alla tavola comandava lui. Era il portiere solido e affidabile, che alla Roma – nonostante la trafila delle giovanili – non ebbe fortuna. Ne approfittò la Juve nel 1991, sostituì Tacconi: 8 anni e oltre 200 presenze. Nel 1999, lo strappo e l’approdo all’Inter con Lippi (con cui vincerà il Mondiale): appena un anno, crollò insieme al suo tecnico preferito.
Difensore: Tarcisio Burgnich
Un anno e una manciata di occasioni alla Juventus: era il 1960, era 60 anni fa. Non fu fortunato, il primo approccio di Tarcisio Burgnich con il calcio ad altissimi livelli. Ma aveva solo bisogno di crescere, di capire. Di avere il grande break point della sua vita: lo trovò due anni più tardi, all’Inter di Herrera. Vi rimase per dodici stagioni, diventando anche un perno dell’Italia che vinse l’Europeo nel 1968.
Difensore: Fabio Cannavaro
Il capitano, la Germania, il Mondiale. Ma Fabio Cannavaro è stato anche un perno della Juventus e un elemento importante dell’Inter. Anzi, andiamo in ordine cronologico: è stato dapprima un giocatore nerazzurro, dal 2002 al 2004. Poi il passaggio alla Juve, con il celebre scambio con Carini: altre due stagioni, fantastiche. Calciopoli, Real, quindi il ritorno a Torino nel 2009. Molto meno fortunato.
Difensore: Leonardo Bonucci
Dalla Viterbese all’Inter: è stato un sogno, per il giovane Leo. A soli 18 anni, l’occasione di una vita, direttamente in prima squadra e con una presenza all’attivo. Poi il giro di prestiti: Treviso, Pisa. Lo lasciarono andare al Bari, società in cui esplose. Poi, la storia d’amore con la Juve, di cui è sempre stato tifoso. Anche da nerazzurro…
Centrocampista: Andrea Pirlo
Il giovane bresciano, dalla provincia, capitò subito in città. Dopo tre anni nella squadra della sua città, l’Inter non si fece scappare quel talentino con tanto da dimostrare e da crescere. Un anno di incomprensioni, quello all’ombra di San Siro. Poi il prestito alla Reggina: bene, benissimo. Ma con i nerazzurri non sbocciò nulla; la consacrazione, per beffa del destino, arrivò al Milan nel periodo dei frequenti scambi di mercato tra le due sponde di Milano, dove rimase per 10 anni vincendo tutto.
Alla Juve, dal 2011 al 2015. Tutti scudetti, qualche Coppa Italia. Soprattutto, l’occasione dall’altra parte: Andrea Agnelli gli ha affidato la panchina in quest’ultima estate turbolenta e sicuramente diversa dalle altre. Non aveva allenato un singolo giorno della sua vita, Pirlo.
Centrocampista: Marco Tardelli
Fu quasi uno shock. Dieci anni alla Juve, vi arrivò da ragazzino nel 1975 e se ne andò ca campione del mondo nel 1985. Il passaggio all’Inter fece discutere, tanto, per lui che era una bandiera incredibile dei bianconeri. In nerazzurro rimase per 2 anni, una quarantina di presenze e un paio di reti. Poi a San Siro persino da allenatore, nel 2000-2001, con l’onta incancellabile del derby perso per 0-6.
Centrocampista: Patrick Vieira
Fu il grandissimo acquisto della Juventus, riuscire a portare a Torino, nel 2005, il gran capitano dell’Arsenal. L’oggetto misterioso del Milan del 1995, finito a Londra per incomprensioni di ruolo e di lingua. In Inghilterra era diventato un giocatore fenomenale e Moggi ne intuì la potenza tattica e fisica. Un solo anno, poi Calciopoli, quindi l’Inter: vi rimase fino al 2010.
Centrocampista: Edgar Davids
Pensate un po’: Ajax, Milan, Juventus, Barcellona, Inter, Tottenham e ancora Ajax. Questa è stata la traiettoria di Edgar Davids dal 1991 al 2008. Pazzesca. A partire dall’esperienza a Torino, la più lunga e forse più emozionante: dal 1997 al 2004 è diventato grandissimo in bianconero. Con i nerazzurri, dal 2004, appena una stagione. Con tanto di litigio con Roberto Mancini.
Attaccante: Roberto Baggio
Il più forte, probabilmente, mai transitato da entrambe le parti. E pure la concorrenza ci sarebbe: ma nessuno era come Roberto Baggio in campo. Nessuno come quel ragazzino che subì la furia di una Firenze tradita eppure riuscì a vincere un Pallone d’Oro alla Juventus, dove rimase dal 1990 al 1995; nessuno anche come l’uomo, ormai negli ultimi anni di carriera, che prese per mano l’Inter e provò a dare soluzioni di qualità. In un attacco già atomico, dove non sempre trovò spazio.
Attaccante: Christian Vieri
Iniziò nel Toro ed era tifoso della Juventus. Quando nel 1996 lo chiamarono i bianconeri – nel mentre, Pisa, Ravenna, Venezia e il boom all’Atalanta -, disse di aver realizzato un sogno. E a 23 anni confermò di meritarlo. Durò appena un anno, però: poi arrivò la possibilità con l’Atletico Madrid. L’Inter, invece, arrivò nel 1999: vi rimase sei anni e fu uno spettacolo. Finito un po’ così…
Attaccante: Zlatan Ibrahimovic
Malmoe, Ajax e… Juventus più Inter. Dal 2004 al 2006 era l’uomo nuovo dei bianconeri, tra Trezeguet e Del Piero, con Mutu appena rientrato da un momento decisamente buio. Poi Calciopoli, quindi l’Inter: una grande storia, 88 presenze e 57 gol. Tutti scudetti.
Allenatore: Trapattoni
Una vita nel Milan, poi vince tutto con la Juventus e fa quasi lo stesso con l’Inter. Incredibile, la storia del Trap. Anzi: irripetibile. Dal 1976 al 1986 in bianconero, dal 1986 al 1991 in nerazzurro con scudetto dei record e coppa Uefa. Poi ancora alla Juve dal 1991 al 1994. Conte sogna di ripetere le sue orme, e ci sarà un perché.
Panchina
Sarti: una vita alla Fiorentina, poi cinque anni all’Inter e uno solo alla Juventus. Era il Sessantotto, l’anno della sua rivoluzione.
Lucio: vincere tutto all’Inter con Mourinho e poi durare appena sei mesi – e una presenza – alla Juventus. Come si fa? Chiedere a Lucio.
Asamoah: o magari chiedere anche ad Asamoah. Sei anni alla Juventus e altrettanti scudetti, appena un paio di stagioni all’Inter. Ma a Milano poca roba.
Jugovic: una Coppa Campioni da protagonista (rigore decisivo in finale contro l’Ajax) , in una delle Juventus più forti di tutti i tempi, quella di Marcello Lippi. Due stagioni in bianconero dal 1995 al 1997, quindi la Lazio e l’Atletico Madrid. All’Inter dal 1999 al 2001: poco fortunato.
Paulo Sousa: era il signore del centrocampo bianconero, in anni certamente di livello. Passò al Borussia e scippò una Champions ai vecchi amici. Nel 1998, ecco l’occasione Inter: due anni così e così.
Causio: il tradimento del Barone, durato appena un anno all’Inter contro gli undici vissuti alla Juventus. Dal 1970 al 1981 in bianconero, dal 1984 al 1985 in nerazzurro. Storie profondamente diverse.
Brady: bandiera dell’Arsenal, speranza della Juve. Firmò uno degli scudetti più duri della storia dei bianconeri, poi fece spazio a Platini. Due anni alla Samp e altrettanti all’Inter: lasciò un buon ricordo.
Altobelli: era una storia partita male e finita forse peggio. Spillo, interista vero, dopo 11 anni in nerazzurro passò alla Juve nel 1988. 20 presenze, 4 gol. Perse pure la Nazionale.
Serena: Inter, Juve e poi ancora Inter. Nel mezzo, pure Milan e Torino. Ha girovagato abbastanza, Aldo Serena. Con una costante: ha sempre fatto gol.
Boninsegna: l’immagine sarà per sempre legata all’Inter, dove rimase sette anni siglando 113 gol in 197 partite. Alla Juve, dal 1976 al 1979: 22 gol in 58 presenze.