Immaginare oggi una partita tra Italia e Resto del Mondo (di qui in avanti RDM) suona ridicolo.
È curioso: siamo nel 2020, Biden ha appena vinto le elezioni americane e il futuro ha come unica sostanza la fluidità, come unico dogma l’anti-dogmatismo, ma pensare una partita del genere oggi fa sorridere.
Oggi, rispetto a venti anni fa, il calcio è una cosa seria. Seria per davvero, sotto tanti punti di vista – economico, sociale, politico.
Qualche anno prima, ad inizio ’90, lo spot della Nike aveva messo insieme un’accozzaglia di campioni, anticipando The Secret Tournament nel 2001 e lo spot della Pepsi nel 2004.
Il mondo, detto altrimenti, era pronto per un calcio in tuta, da pop-corn e bibite a profusione, di freestyle scambiato per calcio vero – ricordiamoci anche la celebre serie dei FIFA Street per Console.
Era un mondo diverso, quello di fine anni ’90, che si era appena messo alle spalle il Mondiale con più reti segnate di sempre (prima di quello brasiliano nel 2014): Francia 98. Era un calcio in stato di cantiere aperto, ancora indeciso sul proprio destino, ma intanto giocherellone e pazzo a sufficienza da potersi permettere una sfida di questo tipo.
Una parata di campioni
Stadio Olimpico di Roma, 16 dicembre 1998.
Si affrontano l’Italia di Dino Zoff e il Resto del Mondo della coppia Parreira-Venglos. Gli spettatori sono appena 21.000, un numero ridicolo in confronto alla qualità della sfida. L’idea di mettere dinnanzi alla nostra nazionale una componente (scelta dalla FIFA) dell’Undici più forte del mondo – esclusi quelli convocati da Zoff – era venuta alla FIGC (che quella sera festeggiava i 100 anni dalla fondazione) sul reperto storico datato 23 ottobre 1963, quando a Wembley si giocò, proprio per il centenario della Football Association, una sfida tra Inghilterra e Resto del Mondo (Yashin, Gento, Di Stefano, Eusebio alcuni nomi, ma vincerà l’Inghilterra con gol vittoria di Jimmy Greaves).
L’Italia si schiera quella sera con un 4-4-2 all’italiana, che in realtà diventa un 4-2-3-1 in fase di possesso palla. Peruzzi tra i pali, difesa composta da Panucci, Maldini e Nesta-Cannavaro coppia di centrali – quella difesa è senza dubbio la migliore mai avuta dalla nostra nazionale, forse una delle più forti nella storia di questo sport.
A centrocampo Fuser e Di Francesco corrono sulle fasce, con Dino Baggio interno accanto a Demetrio Albertini, uno di quei gioielli il cui splendore ci è forse offuscato da altri nomi altisonanti.
Quella sera realizzerà tre assist ed entrerà in almeno altri due gol degli Azzurri. Vedremo come tra poco. In attacco, Totti – 22enne – supporta Pippo Inzaghi. Della futura leggenda giallorossa, Zoff dirà a fine partita: «Dipende da Totti diventare o meno un grande giocatore. Oggi sottolineo un giovane di rendimento che sta facendo molto bene in campionato. E sicuramente uno dei migliori prodotti del vivaio italiano, con una maturità che prima non aveva».
Il RDM si schiera invece in campo con un 4-3-3. Pagliuca tra i pali, con polemica. Dopo Francia ’98, infatti, il portiere nerazzurro aveva rotto con Dino Zoff, il quale nei giorni precedenti la partita aveva cercato di stemperare gli animi rifugiandosi sugli oneri del proprio ruolo di allenatore. Comunque sia, Pagliuca portiere del RDM fa anche capire la forza della nostra Nazionale, che di lì a breve avrebbe scoperto Gianluigi Buffon.
La difesa del RDM si compone di Fernando Hierro con Nyathi, terzino sinistro del Cagliari quella sera adattato a difensore centrale a causa dell’assenza all’ultimo di Taribo West, escluso dalla FIFA dopo aver gettato la propria maglia contro Lucescu (nella sfida contro il Vicenza) in seguito ad una sostituzione.
A destra, assente Cafu, c’è Zé Maria, mentre nel ruolo di terzino sinistro c’è Aron Winter, adattato anche lui. Davanti alla difesa Dunga, con Rui Costa e Zidane mezzali. In attacco, Batistuta a formare il tridente con Ronaldo e Weah sugli esterni. È tutto vero.
Almeno all’inizio, non è un’amichevole
Tutti si aspettano un’amichevole. Tutti la percepiscono come tale, escluso l’undici di Zoff, troppo competitivo per ammettere nel proprio vocabolario calcistico una parola di questo tipo.
Un uomo su tutti lo dimostra ineluttabilmente. Totti scarica un pallone sulla fascia sinistra dove Demetrio Albertini controlla e scodella in un attimo un gran cross a centro area. La difesa del RDM è disattenta, sufficiente, e Superpippo Inzaghi la punisce con un mancino volante che, dopo aver schiaffeggiato la traversa, finisce in porta per il vantaggio degli Azzurri. Inzaghi esulta come fosse la finale di Coppa del Mondo. Sono passati appena 7’.
Il ritmo della partita è notevole. I giocatori giocano come se quella non fosse una partita commemorativa e, dopo aver creduto che lo fosse, anche il RDM, al vantaggio dell’Italia, è seriamente intenzionata a dimostrarlo.
Zidane riceve un bel pallone da Ronaldo sulla trequarti, potrebbe riservirlo in profondità ma opta per un passaggio alla sua sinistra, dove Batistuta attende il pallone al limite dell’area di rigore. Panucci scivola e l’esito, quindi, è già scritto. Controllo di Batigol, sinistro violento e sotto al sette, per l’1-1.
Passa qualche minuto e Ronaldo il fenomeno, sempre dalla sinistra, dribbla e manda al bar Cannavaro, prima di mettere al centro un pallone sul quale Rui Costa sfiora e, non toccando, inganna Maldini, che è incerto al contrario di Weah, che si getta sulla sfera come un falco. Basta una zampata al liberiano per fare 2-1 RDM. L’Italia è sotto, l’espressione di Zoff è quella di sempre.
Al 32’, dopo aver dato spettacolo al rientro da un infortunio per una buona mezzora, esce il Fenomeno per far posto a Suker. Col croato non solo scende la qualità dell’attacco RDM, ma diminuisce l’ansia difensiva degli Azzurri, che spinti anche dal pubblico e dal risultato di svantaggio si buttano all’offensiva. Nesta e Cannavaro fanno un gran lavoro dietro, Sandro è di un’eleganza oltraggiosa.
Al 36’ Albertini vede e pesca, ancora una volta con un pallone a scavalcare la difesa avversaria, il movimento di Di Francesco, che col sinistro anticipa Pagliuca e segna la rete del pareggio per gli Azzurri.
L’Italia gioca davvero
Esce Nesta, dominante, ed entra Negro, compagno di squadra nella Lazio, quando siamo al minuto 40. A pochi secondi dallo scadere del primo tempo, l’Italia va in vantaggio. Altra intuizione di Albertini, stavolta di esterno, per Fuser che stoppa di petto e calcia con l’esterno del piede destro, bucando sotto il sette il povero Gianluca portiere. Siamo 3-2. Sembrano saltati tutti gli schemi.
Più che di schemi saltati, però, è bene rendere pieno merito della qualità delle due squadre in campo. Certo è che il RDM, già squadra fasulla, sta iniziando a perdere alcuni tasselli tattici, e già l’uscita del Fenomeno ha scombussolato la partita. Tutto cambia però drasticamente tra primo e secondo tempo.
Per gli Azzurri entrano Buffon al posto di Peruzzi, Torricelli al posto di Cannavaro, Cois per Dino Baggio, Tommasi per Albertini, Bachini per Di Francesco e Delvecchio (fischiatissimo) per Inzaghi.
Per il RDM entrano Shorumnu, il portiere della Nigeria, al posto di Pagliuca, il milanista Bierhoff per Rui Costa, il messicano Luis Hernández al posto di Zidane, la stella dell’Athletic Bilbao, Julen Guerrero, per Winter, e il Matador Marcelo Salas al posto di Batistuta. Al 55’, sul punteggio di 3-2, Zoff inserisce anche Chiesa al posto di Totti, mentre Parreira e Venglos danno spazio al giapponese Nakata per Hierro.
Qui, il RDM va in totale confusione. Chiesa come una scheggia impazzita riesce a realizzare addirittura una tripletta, in appena mezz’ora. Prima al 57’, poi – dopo l’ingresso di Pinto al posto di Dunga per il RDM – al 79’ e all’87’, in entrambi i casi su tap-in. Da sottolineare la scalata di Weah che, dopo aver iniziato come ala la partita, la finirà nel ruolo di difensore centrale. Con qualche buona chiusura ma anche con tre reti prese dal proprio reparto difensivo nella ripresa.
Quella partita verrà ricordata da tutti come l’ultima volta in cui l’Italia affronterà una squadra composta dalle Star del pianeta, e come la notte di Enrico Chiesa, oggi procuratore del figlio Federico, ala della Juventus.
Quella, soprattutto, è la partita della nostra adolescenza, sognante nei nomi e nel risultato. Gran parte di quella Italia non riuscirà a vincere né nel 2000 né nel 2002 Europeo e Mondiale, pur avendo per distacco l’undici più forte del pianeta.
Vincerà nel 2006, con alcuni di quei ragazzi che saranno uomini, campioni, leggende infine di questo sport.