Ti ricordi l’anno della B? A Napoli, nei vicoli e nelle strade, tra scene di quotidiana bellezza e un po’ di malumore, i riferimenti ai successi sono nello stesso numero e in egual misura agli insuccessi. Dunque, vi ricordate l’anno della B? Quello dopo Maradona, dopo gli scudetti degli anni Ottanta. Con Ferlaino, sì. Quello del crollo definitivo, dopo stagioni in cui da quella graticola sembrava piovere di tutto. Soprattutto autostima.
Non era lontano il 1990, lo scudetto e l’addio di D10S. Era vicina però la fine di tutto. Terminata l’euforia della festa, Napoli si ritrovò alle prese con i cocci, soprattutto economici, di un passo ben più lungo della gamba. Si susseguirono tanti allenatori sulla panchina del San Paolo: iniziò Ranieri, arrivò Lippi. Poi maestri come Boskov e Simoni. Proprio Don Gigi fu l’ultimo a entusiasmare il popolo partenopeo: nel 1996-97, gli azzurri riuscirono ad arrivare in finale di Coppa Italia. Vinse il Vicenza. Che è un’altra storia pazzesca.
Estate particolare
Comunque, tutto ebbe inizio lì. Da quella delusione, dalla gioia della vittoria solo annusata e mai completamente avvinghiata. Nell’estate del 1997, Simoni ha salutato ed è finito all’Inter; il Napoli ha fatto di necessità gruzzoletti: la cassa si era riempita con la cessione di Boghossian alla Sampdoria, Nicola Caccia all’Atalanta, Fabio Pecchia alla Juventus. Erano andati via pure i difensori: Cruz al Milan, Ciccio Colonnese all’Inter. Un colpo in entrata attiva: è Claudio Bellucci, capocannoniere di B e talento pazzesco. Quindi Protti, il francese Prounier. A guidare una squadra giovane e sfrontata, un bergamasco ligio al dovere: Bortolo Mutti.
Insomma, il materiale era pregevole, poteva venir fuori un’ottima stagione. Almeno, lontana dalle solite sofferenze. La prima? A Roma, contro la Lazio di Eriksson: prima sconfitta e solite parole, campionario senza tempo che contiene “Questa squadra si farà”, “è troppo giovane”, “percorso a ostacoli”. Chiaro: non erano parole lontane dalla realtà, però i primi scricchiolii iniziavano già a farsi sentire. Nella gara successiva, l’Empoli neopromosso fa visita ai napoletani: 2-1, subito Bellucci e Protti.
È solo un’illusione, il preludio di una gestione sgangherata. Immediatamente dopo arrivano il pareggio con il Vicenza e la sconfitta in casa con l’Atalanta (in gol proprio Caccia). Mutti rischia e si gioca tutto in Roma-Napoli: davanti c’è Zeman, che non ha pietà del collega e infila 6 gol agli azzurri. Non solo umiliati, pure senza allenatore: arriverà Mazzone, che chiederà subito un rinforzo. Un nome che fa sognare: Giuseppe Giannini, l’ex capitano della Roma e nell’ultima stagione allo Sturm Graz. No, la situazione non migliora.
Filotto di sconfitte
Solo sconfitte. Dalla sesta alla nona, in mezzo l’1-2 patito al San Paolo contro l’odiata Juventus. Cade anche a Lecce, il Napoli. La squadra appare disunita e rassegnata a una retrocessione che tempo e punti avrebbero ancora potuto evitare. Mazzone dura appena 4 gare, senza neanche ottenere un misero punto. Al suo posto, Giovanni Galeone: e il primo compito è provare a fermare la Fiorentina di Malesani. Neanche a dirlo: una gara intera a combattere, poi Firicano la infila all’improvviso. Incubo totale, parzialmente rasserenato dalla zampata di Turrini. Quell’esultanza rabbiosa la ricordano in tanti, ancora oggi. Servì a nulla.
O meglio: servì a rinvigorire un po’ di speranze, subito disattese dalle dure sconfitte contro Brescia e Bari. Ma cosa stava succedendo, a quel gruppo? La qualità era importante, la voglia invece sembrava smarrita. Il Napoli si era perso nella sua stessa paura: non riusciva ad emergere e ad affrontare un destino apparentemente sempre più tenebroso, incredibilmente e inesorabilmente avverso. 5-0, la batosta subita contro l’Empoli: è l’8 febbraio del ’98, è la diciannovesima giornata. Ferlaino capisce che la Serie B è inevitabile, chiama il napoletano Montefusco al posto di Galeone. Devono passare 15 giornate, poi si ripartirà.
Non fu fortuna del principiante, ma l’intelligenza di un uomo che conosceva l’ambiente: al primo colpo, 2-0 contro il Vicenza. A un popolo che crede nel destino, come quello partenopeo, sembrò un chiaro segno di risurrezione. Ma era troppo tardi, nonostante il riapparire dei sorrisi.
10 delle ultime 14 gare finiranno con una sconfitta, in mezzo le figuracce di Firenze, quella di Piacenza, ancora una sconfitta con il Lecce. Ciliegina sulla torta: la Juve tornò campione d’Italia, eppure gli azzurri li avevano rimontati due volte in nove contro undici. C’era rabbia, tanta, troppa. Nessuno riusciva a spiegarsi come una squadra potesse crollare sotto il peso di episodi e di pressioni Dopo 33 anni, il Napoli tornò in Serie B, con una stagione che non sarà più dimenticata: fu la peggiore della storia degli azzurri, 14 punti totali, appena 2 vittorie, 8 pareggi e 24 tonfi. Se una cosa può andare storta, dicono in città, non può mai andare peggio della squadra del ’98.