Esistono momenti, nella storia dello sport, scanditi da questa o quella impresa, da una grande vittoria o una fragorosa sconfitta. Immagini indelebili che racconteranno ai posteri le emozioni di quegli attimi, tramite la narrazione di chi li ha vissuti.
Più che un’immagine, nel 1961, c’è stata una frase – trasmessa per radio – che ha fotografato un’epoca sportiva, talmente emozionante da entrare nella storia ed essere ancora attuale oggi, a quasi sessant’anni di distanza.
Clamoroso al cibali!
L’urlo del mitico Sandro Ciotti, a “Tutto il calcio minuto per minuto”, è ancor oggi il motto della perenne riscossa delle provinciali del calcio.
Andiamo a ripercorrere i fatti che portarono a quella celebre esclamazione.
Il Campionato 1960/1961
La Juventus di Charles e Sivori ha conquistato il suo undicesimo scudetto nella stagione 1959/1960, e ha tutte le intenzioni di bissare il successo dell’anno precedente.
Ma a Milano, sponda nerazzurra, siede per la prima volta Helenio Herrera, tecnico argentino ex Barcellona, in procinto di scrivere pagine memorabili della storia del calcio italiano ed internazionale.
Il Milan di Altafini e la Samp di Brighenti sembrano essere le rivali più accreditate nel testa a testa tra bianconeri e nerazzurri.
Il girone d’andata vede i nerazzurri andare in fuga, con tanto di conquista del titolo d’inverno a quota 26 punti in 17 giornate, con Milan secondo a 23 e Juventus terza con 22 a pari merito con Catania e Roma.
Il girone di ritorno contrappone un grande periodo bianconero parallelo ad un crollo nerazzurro: ciò fa sì che le due contendenti si trovino appaiate per lo sprint finale nelle ultime giornate di Serie A.
Il 16 aprile, peraltro, vi è un vero e proprio spareggio a Torino tra le due contendenti, con tanto di partita sospesa per invasione a bordo campo dei tifosi senza biglietto. L’Inter presenta ricorso e vince 0-2 a tavolino, ma la Juve (presieduta dal capo della FIGC Umberto Agnelli) ricorre in appello e – alla vigilia dell’ultima giornata di campionato con le squadre appaiate a 46 punti – ottiene la ripetizione della gara, togliendo due punti ai nerazzurri.
In programma – prima della ripetizione di Juve Inter – vi era come detto l’ultima giornata che vedeva opposte Juventus-Bari e Catania-Inter.
L’ultima (o quasi) giornata del campionato
Un’Inter furiosa, che si sente depredata della testa della classifica dal potere politico bianconero, scende a Catania per la 34esima giornata.
Partita che – sulla carta – non dovrebbe avere storia, da tanto è il divario tra le due formazioni. Era l’Inter di Facchetti, Picchi, Guarneri, Corso: Inter che peraltro aveva battuto i siciliani 5-0 a San Siro all’andata. Sconfitta che aveva portato Herrera alla (inappropriata) dichiarazione secondo cui l’Inter aveva battuto in quella occasione “una squadra di postelegrafonici”.
Il Catania, allenato da quel Carmelo Di Bella che per un girone intero aveva preparato la propria vendetta, schiera il tridente Calvanese-Prenna-Castellazzi e attacca l’Inter fin dal fischio d’inizio.
Se da Torino arriva notizia di un pareggio dei bianconeri per 1-1 contro il Bari in lotta per la retrocessione, a Catania (con i siciliani che solo sulla carta non hanno più nulla da chiedere al campionato) è partita vera.
Si gioca allo stadio Cibali, che per l’occasione ospita in tribuna anche il fuoriclasse Luisito Suarez, venuto a vedere quella che –di lì ad un paio di mesi – sarà la sua nuova squadra.
Minuto 25: il centrocampista dell’Inter Lindskog rinvia di testa un corner avversario, al limite dell’area di rigore si avventa sulla sfera l’attaccante etneo Mario Castellazzi che stoppa di petto e lascia partire un tiro al volo che si infila all’incrocio dei pali: Catania in vantaggio.
Nella ripresa ci si attende la reazione dei nerazzurri, che però non riescono a riorganizzarsi in modo efficace e subiscono piuttosto la inalterata veemenza dei siciliani. Calvanese, al minuto 70, parte in contropiede sfruttando una delle rare sortite offensive meneghine, Facchetti lo insegue sino alla propria area di rigore, intervenendo disperatamente sia su di lui che sul proprio portiere Da Pozzo, causandone la caduta di tutti e tre. L’attaccante etneo, però, si alza per primo e riesce ad insaccare a porta vuota. Due a zero per il Catania.
L’Inter affonda a Catania e lo scudetto – matematicamente nonostante il contestato recupero ancora da effettuare – prende la via di Torino, sponda Juve.
Clamoroso al Cibali!
L’urlo di Sandro Ciotti alla radio descrive perfettamente l’atmosfera che si è vissuta allo stadio siciliano: i “piccoli” hanno abbattuto i “grandi”, si è concretizzata la sorpresa delle sorprese. Una squadra del sud ha battuto la formazione simbolo del nord del miracolo economico, per una rivincita sociale prima ancora che sportiva.
Da allora, ogni qual volta che una formazione minore o estremamente sfavorita riesce a battere una squadra molto più quotata, è d’obbligo l’utilizzo della celebre locuzione nata quel pomeriggio del 4 giugno 1961.
Merito di quel finale di campionato atipico, in cui il Catania ha scritto la miglior pagina della sua storia.
Catania Inter 1960/1961: il tabellino
Catania: Gaspari, Michelotti, Giavara, Ferretti, Grani, Corti, Cacelfo, Biagini, Calvanese, Prenna, Castellazzi
Inter: Da Pozzo, Picchi, Facchetti, Bolchi, Guarneri, Balleri, Bicicli, Lindskog, Firmani, Corso, Morbello
Arbitro: De Marchi di Pordenone
Reti: 25′ Castellazzi, 70′ Calvanese